25 gennaio 2018 14:53

Zhong Zhong e Hua Hua sono due piccoli di scimmia macaco. Sono animali clonati, ottenuti con una tecnica molto simile a quella usata per la pecora Dolly. Finora non si era mai riusciti ad applicare la tecnica di Dolly ai primati, il gruppo a cui appartengono sia le scimmie sia gli esseri umani. Secondo i ricercatori cinesi, la ricerca potrebbe essere utile a scopi medici, per studiare negli animali le malattie umane.

Zhong Zhong, uno dei piccoli di scimmia macaco clonati. (Qiang Sun e Mu-ming Poo, Chinese academy of sciences)

I ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze di Shanghai hanno adattato alle scimmie la tecnica del trasferimento del nucleo di una cellula somatica. In questa tecnica si preleva da una cellula adulta di un animale il nucleo, che contiene dna. Da un secondo animale, femmina, si preleva un ovocita, che viene privato del suo nucleo e fuso con il nucleo prelevato dal primo animale. La cellula così ottenuta viene impiantata nell’utero di un terzo animale, un’altra femmina. L’animale che nasce ha lo stesso dna nucleare del primo animale e ne è un clone. Così nel 1996 è stata ottenuta Dolly e in seguito topi, mucche, maiali, gatti, ratti e cani.

Secondo i ricercatori cinesi, la clonazione delle scimmie faciliterà lo studio di alcune malattie umane

Qiang Sun e colleghi hanno modificato la tecnica per applicarla alle scimmie. Invece di usare una cellula adulta, hanno prelevato il nucleo da una cellula fetale. Il processo non è molto efficiente: da 127 ovociti hanno ottenuto sei gravidanze, che hanno portato alla nascita di Zhong Zhong e Hua Hua, che sono sopravvissute e sembrano in buona salute. Un esperimento simile, usando il nucleo di cellule adulte con 290 ovociti, ha portato a 22 gravidanze, con la nascita di due scimmie che sono morte poco dopo.

Prima di fondere il nucleo con l’ovocita i ricercatori hanno trattato il dna con rna e un composto chimico. Questo passaggio è servito a rimuovere le modifiche chimiche che avvengono nel dna quando le cellule embrionali si specializzano in cellule adulte. In questo modo il dna si può riprogrammare meglio, per fare sviluppare tutti i tipi di cellule specializzate che caratterizzano un organismo adulto.

Secondo i ricercatori cinesi, la clonazione delle scimmie macaco faciliterà lo studio di alcune malattie umane. I ricercatori avranno infatti a disposizione animali identici dal punto di vista genetico, che renderanno più semplici i test. Inoltre, potrebbe essere possibile modificare geneticamente gli animali, in modo che mostrino le caratteristiche delle malattie umane.

Tuttavia, secondo l’editoriale pubblicato su New Scientist, “la procedura è ancora inefficiente ed è improbabile che appaiano legioni di macachi clonati”. Esistono anche problemi etici, legati all’uso delle scimmie negli studi scientifici. Per esempio, gli Stati Uniti hanno deciso nel 2013 di ritirare la gran parte degli scimpanzé usati nelle ricerche scientifiche e di far terminare le ricerche che li coinvolgono. Anche il Regno Unito ha stabilito nel 2006 di limitare l’uso delle scimmie nei test scientifici.

C’è inoltre il timore che queste ricerche aprano la strada alla clonazione umana. Probabilmente non succederà, come non è accaduto al tempo della pecora Dolly, scrive New Scientist, poiché lo studio pubblicato “conferma quello che già sapevamo, cioè che clonare esseri umani da cellule adulte rimane una sfida tecnica formidabile. I macachi sono stati creati da cellule fetali, non da cellule adulte”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Cell.

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