18 ottobre 2017 15:31

Gentile bibliopatologo,
se mi concentro con regolarità e buona grazia, sono in grado di accelerare il ritmo di pubblicazione dei miei autori preferiti. Allo stesso modo, ma con polarità inversa, posso esercitare le mie capacità anche rallentando il ritmo di pubblicazione degli autori che detesto. Come faccio ad affinare il mio potere? La prego di non pubblicare il mio nome. Come può immaginare, là fuori è pieno di editori che non vedrebbero l’ora di rinchiudermi nelle loro segrete per approfittarsi del mio specialissimo talento.

–Un lettore consapevole

Caro Lettore consapevole,
in un giorno lontano, quando si scriverà la storia della biblioanalisi e del suo fondatore, un nuovo Ernest Jones frugherà nei miei archivi e riconoscerà in questa tua lettera uno spartiacque decisivo: ecco – scriverà in uno dei tre tomi dedicati alla mia vita e alla mia opera – il momento in cui il bibliopatologo fu costretto ad ampliare i confini della disciplina nascente e a riconoscere l’esistenza di un territorio oscuro e inesplorato. “Escludo si possa fare della psicologia plausibile fino a che la psicologia non avrà assorbito anche la parapsicologia”, scrisse Roberto Bazlen a Luciano Foà in una lettera editoriale del 1960. Lo stesso vale forse per la bibliopatologia. Del resto, la prima occasione in cui Freud fu tentato di prendere in considerazione i fenomeni paranormali ebbe a che fare con una libreria.

Era successo questo: nel marzo del 1909 Jung era andato a trovarlo a Vienna e gli aveva chiesto che cosa ne pensasse di precognizione e parapsicologia. Nulla sembrava scuotere il saldo positivismo di Freud, tanto che Jung, insofferente, cominciò ad avvertire una strana sensazione al diaframma, come se si stesse trasformando in metallo arroventato:

E in quel momento ci fu un tale schianto nella libreria, che era proprio accanto a noi, che entrambi ci alzammo in piedi spaventati, temendo che potesse caderci addosso. Dissi a Freud: ‘Ecco, questo è un esempio del cosiddetto fenomeno di esteriorizzazione catalitica’. ‘Suvvia’, disse ‘questa è una vera sciocchezza!’. ‘Ma no’, risposi ,’vi sbagliate, Herr Professor, e per provarvelo ora vi predico che tra poco ci sarà un altro scoppio!’. E, infatti, non avevo finito di dirlo che si udì nella libreria un altro schianto eguale al primo!

Freud si ricompose presto: “La mia credulità”, scrisse a Jung in una lettera del mese successivo, “svanì non appena cessò la suggestione della sua presenza”. I mobili di casa non sono animati dagli spiriti, aggiunse, proprio come la natura non è più abitata dagli dèi, da quando questi abbandonarono la Grecia e scelsero l’esilio. Se per voltare le spalle alla scienza bastasse una libreria scricchiolante, io oggi sarei come minimo un derviscio rotante. Ma chiunque vacillerebbe davanti a un caso di psicocinesi editoriale come il tuo. Sulle prime ero tentato di proporti un’analisi all’antica, cinque sedute a settimana, pagamento anticipato e niente assegni scoperti, pubblicazione di una storia clinica destinata a restare negli annali della biblioanalisi – una cosa come L’uomo dei libri – e, aggiungo, probabili menzioni in eventuali edizioni aggiornate di I ventun modi di non pubblicare un libro di Fabio Mauri o I mattoidi italiani di Paolo Albani. Ma poi ho pensato a un’altra strada, meno convenzionale.

Capisco il tuo timore che i grandi gruppi editoriali possano rinchiuderti nelle loro segrete per sfruttare il tuo dono bibliocinetico, e d’altronde storie di questo genere le abbiamo incontrate in mille film e fumetti sui superpoteri. Ma erano storie nate nel contesto della guerra fredda, con la logica dei blocchi contrapposti. Nel caos geopolitico di oggi puoi permetterti di fare il mercenario o il cane sciolto, vendendo i tuoi talenti al miglior offerente, cioè a me. Sii il mio Cesare, sarò il tuo dottor Caligari. Pensaci: una lettera d’ingaggio, un bonifico su un conto svizzero (metà subito, l’altra metà a missione compiuta) e potremo salutare insieme il 2018 come il primo anno del millennio in cui usciranno meno di due libri di Erri De Luca. E se qualcuno scoprirà il nostro losco sodalizio e troverà da ridire, abbiamo già la risposta pronta: ma come, non vedete? È un classico esempio di esteriorizzazione catalitica. Con scappellamento a destra.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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