01 febbraio 2019 17:57

Gentile bibliopatologo,
da tempo ho una dipendenza dai prestiti bibliotecari. Lavoro a Gallarate e lì posso prendere dieci libri. Sono residente a Mendrisio, in Svizzera, dove posso prenderne cinque, altri cinque ancora posso prenderne a Casale Monferrato, il comune di cui sono originario. Mi ritrovo così con montagne di libri, che ovviamente non riesco a leggere. Come posso uscirne?

–Andrea Z.

Caro Andrea,
sarà per questo andirivieni tra l’Italia e la Svizzera, sarà per aver letto troppo Dürrenmatt, ma mi piace immaginarti come un trafficante di valuta o uno speculatore finanziario; e in effetti i tuoi giochi di prestiti e restituzioni a incastro, di cui quasi di certo terrai nota su una tabella fitta come un orario ferroviario, fanno supporre che nella tua rete di associazioni mentali la carta dei libri sia una varietà della carta moneta o della carta dei titoli azionari. Ti inebri all’idea delle quote di volumi in prestito che salgono, salgono, creando un bel gruzzolo sul tuo comodino o sulla tua scrivania. Lo guardi ogni sera prima di addormentarti e ti compiaci. Il borghese, diceva Hegel, non gode del godimento, gode di immaginare di godere. Ma quando affonderai le mani nel tesoro?

Il rimedio che ti propongo è di una semplicità diabolica: restituisci tutti i libri che hai accumulato e prendine in prestito uno solo, il Faust di Goethe (se proprio non ce la fai a compiere una disintossicazione così brusca prendine pure tre copie: una a Gallarate, una a Mendrisio e una a Casale Monferrato). Fatto? Benissimo. Ora apri la seconda parte e cerca, nel primo atto, la scena Lustgarten. È quella in cui Mefistofele per salvare l’Imperatore inventa la carta moneta:

Una carta così, al posto di oro e perle,
è comoda, si sa quel che si ha;
non serve far mercato né baratto,
ci si inebria d’amore e di vino a piacimento.
Se si vuole metallo, il cambio è pronto,
se ne manca, si scava per un po’.

A garanzia della carta moneta stanno le ricchezze sepolte nell’Impero, gli inesauribili giacimenti minerari. La banconota in sé non vale nulla, ma contiene la promessa di attingere a quel tesoro. Peccato, notò Elémire Zolla in Verità segrete esposte in evidenza, che la copertura sia una burla: “Proprio perché rappresentate dalla carta moneta, quelle ricchezze non sarebbero mai state scavate, perché ciò che avessero potuto procurare già si comprava con le banconote, senza spese di estrazione, con la mera fatica di girare un torchio in zecca. Ogni storia ecclesiastica percorre la stessa spirale della storia monetaria, esse sono storie infatti di enti esotericamente analoghi”.

Tim Pannell, Corbis/Vcg/Getty Images

Enti esotericamente analoghi: che idea vertiginosa, vero? Le chiese offrono formule devozionali, immagini sacre, preghiere, litanie e nomi divini, proprio come le banche spacciano banconote e titoli azionari. Il mistico svela l’inganno perché reclama il tesoro: “È come chi entrasse in Borsa e pretendesse di smerciare diamanti e non azioni di miniere di diamanti”, scriveva ancora Zolla. Forse alla chiesa e alla banca potremmo accostare la biblioteca, perlomeno nell’uso che ne fai tu, che accumuli azioni di miniere di libri ma non reclami mai il tesoro.

Ebbene, sappi che sepolto nel Faust c’è un diamante inestimabile che fa proprio al caso tuo, un amuleto che ti condurrà fuori dal labirinto della bibliomania speculativa. Sono appena due versi. Ma non ti dirò dove sono nascosti.

Leggi Goethe, rileggilo, frugalo, scuotilo, setaccialo come un cercatore d’oro del Klondike, e quando avrai visto brillare quella pietra preziosa estraila delicatamente dalle pagine. Forse ne troverai altre che neppure immagino (ogni caccia al tesoro riserva delle sorprese). Potrai tenerle per te, lasciarle sul comodino e ammirarle, la sera, tutte le volte che vuoi, senza scadenze di riconsegna. Quando restituirai il libro fai pure il finto tonto e vai via fischiettando: gli impiegati della biblioteca non si accorgeranno del furto. Mefistofelico, vero?

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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