11 novembre 2019 12:23

Gentile bibliopatologo,
io e il mio ragazzo abbiamo appena intrapreso la strada felice della convivenza, ma presto si è presentato il bivio: come unire le nostre librerie? Libri letti vs. non letti? Per generi letterari? Per casa editrice? Ci aiuti a salvare i libri e la nostra relazione!

– V.

Cara V.,
cos’è, una domanda trabocchetto? La Bibbia parla chiaro: erunt duo in carne una (Genesi, 2, 24), saranno due in una sola carne. Nessuno ha parlato di una sola libreria. Il padre della chiesa Tertulliano (Ad uxorem) elogia gli sposi cristiani “uniti da una sola speranza, un solo desiderio, una sola norma di vita, dallo stesso servizio”. Rileggi bene: ti risulta che faccia menzione della comunione dei libri? L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto, d’accordo, ma nella sua infinita sapienza il padreterno si è guardato bene dall’imporre l’unione sacramentale delle librerie, così come non ha chiesto ai coniugi di condividere il filo interdentale o i fazzoletti usati. Andiamo, è una cosa perversa!

Axel Bernstorff, Getty Images

Il giuramento di Ippocrate, l’imperativo categorico kantiano, la regola aurea, perfino la prima legge della robotica di Asimov: tutte le norme etiche e deontologiche di questa terra convergono nel vietarmi di rispondere alla tua domanda. Dunque, biblioteche rigorosamente separate. Se avete una sola libreria in casa, neppure quello è un problema insormontabile: dividetela a metà, con le buone o con le cattive. Il muro di Berlino ha retto per quasi trent’anni, vorrai mica farmi credere che è più difficile tenere separate le vostre due biblioteche delle due Germanie? Ti consiglio piuttosto di usare i libri comuni – quelli che hanno regalato a entrambi, o che avete espressamente comprato come coppia – per formare delle pile divisorie. Se un romanzetto ribelle cerca nottetempo di attraversare la frontiera e spostarsi dalla Libreria est alla Libreria ovest, sparalo a vista. È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo, per preservare gli equilibri bibliopolitici coniugali.

E poi, pensaci, nell’infausta evenienza che qualcosa tra voi dovesse un giorno andar storto, magari tra cinquant’anni, davvero vuoi impelagarti nell’incubo della divisione dei libri? La separazione, foss’anche consensuale, vi impegnerebbe per i cinquant’anni successivi. E quale criterio di separazione seguireste, dopo aver adottato per decenni uno dei tuoi poco raccomandabili criteri di unificazione? Conosco un solo caso di biblioteche separate in maniera indolore, ed è quello di Io e Annie di Woody Allen: “Tutti i libri sulla morte sono tuoi”, gli dice Annie nel fare i pacchi, “e tutti quelli di poesia sono miei”. Facile, vero? Ma era una coppia culturalmente mal assortita. E poi – ecco l’essenziale – si trattava di un film. Un film che per giunta ha anche una morale molto chiara: “Sapete come si cerchi di arrivare alla perfezione almeno nell’arte, perché è talmente difficile nella vita…”.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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