14 dicembre 2017 18:08

Appena uscito, l’ottavo film della saga di Star Wars ha un altissimo indice di gradimento sulla stampa angloamericana. Piovono palle e stelle su quella che qualcuno ha definito come una “new hope”. Una speranza per il pubblico naturalmente, in particolare quello cresciuto con la prima trilogia e lasciato un po’ così dalla seconda. Gli ultimi Jedi è il secondo episodio della terza trilogia. Il precedente Il risveglio della forza ha scoperto le carte, ora bisogna cominciare a fare sul serio.

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Quali potrebbero essere le aspettative nei confronti del film? Che sia capace, se non di imporre un nuovo immaginario, almeno di allargare quello inventato da Lucas, invece che galleggiare su quello già esistente, assecondando magari le mode del momento. Che faccia crescere i personaggi che abbiamo conosciuto nel primo film della trilogia, più che usarli per rimpiazzare eroi che ormai hanno già dato. Che, anche grazie agli effetti speciali, riesca a regalarci degli scenari in grado di stimolare la fantasia, e non solo di riempire le caselle imposte dalle leggi del marketing. In sostanza che tiri fuori il meglio dell’industria per dimostrare che ci sono ancora nuovi territori da scoprire. Troppe aspettative? Speriamo di no.

Altrimenti, visto che alla terza trilogia, la prima targata Disney, ne seguirà una quarta (con contorni vari di spin off e serie tv), il rischio di inflazione è reale. È vero che dai cosiddetti “reboot” (su tutti quello di Star Trek firmato da JJ Abrams) sono venute fuori alcune delle cose migliori della grande industria cinematografica, ma forse si può provare anche semplicemente a progredire, almeno ogni tanto, come si deve. Tutto questo per dirvi (attenzione, spoiler) che Gli ultimi Jedi ancora non l’ho visto, perché aspetto Natale per vederlo con la famiglia, possibilmente in una piccola sala sperduta nella nebbia. Perché anche questo è il cinema, giusto?

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L’alternativa valida per il fine settimana c’è, ma è per pochi. In due sale (non due sale qualsiasi però), al Beltrade di Milano (almeno fino a martedì, poi si vedrà) e al Postmodernissimo di Perugia, è in programma il film di Ado Arrietta (alias Adolfo Arrieta), Belle dormant. Bella addormentata, un’originale rivisitazione della favola di Perrault presentata la scorsa estate alla Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro. Un principe ereditario divide il suo tempo tra passatempi inutili e una fantasia ricorrente: andare nel reame di Kentz, trovare la bella addormentata e risvegliarla. Secondo Bruno Deruisseau di Les Inrockuptibles: “Il suo adattamento della fiaba è così affascinante, leggero e candido da rendere Arrietta degno erede di Jacques Demy e Jean Cocteau”. Nei prossimi giorni il film dovrebbe arrivare anche a Pescara, a Roma (all’Azzurro Scipioni e poi dal 21 al Farnese), a Napoli, a Prato e a Spoleto. A gennaio a Torino, a Palermo, a Catania, a Messina e di nuovo a Napoli.

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E passiamo alle note meno liete. La ruota delle meraviglie di Woody Allen (82 anni appena compiuti) è ambientato a Coney Island, negli anni cinquanta: Ginny (Kate Winslet), un’ex attrice sposata a un bruto che lavora nel luna park (Jim Belushi), comincia una relazione con un bagnino che aspira a diventare scrittore (Justin Timberlake), molto più giovane di lei. A infrangere il suo sogno romantico irrompe l’avvenente figliastra Carolina (Juno Temple).

Manohla Dargis sul New York Times definisce quantomeno infelice l’uscita del film in questo momento: “Come una volta disse proprio Woody Allen cercando di giustificare la sua relazione con la moglie Soon-Yi, figlia della sua storica ex Mia Farrow, al cuor non si comanda. Credo che non sia mai una buona idea spedire un regista sul lettino dello psicoanalista, ma sembra proprio che Allen si voglia arrampicare su quel lettino e strizzarci insistentemente l’occhio”.

Ginny, personaggio molto stereotipato a cui, sempre secondo la critica del Times, Kate Winslet è riuscita comunque a dare spessore, a un certo punto del film dice: “Quando si tratta di amore, spesso trasformiamo noi stessi nei nostri peggiori nemici”. Tornando sul dibattito, molto di attualità, sulla possibilità di apprezzare il lavoro di un artista che per un motivo o per un altro disprezziamo, Dargis conclude: “Cosa dobbiamo pensare di Woody Allen? I critici cinematografici hanno ignorato, spesso a fatica, le nubi che circondano la sua vita privata. Ma proprio lui sembra fare di tutto per evocarle di continuo”.

Nubi simili oscurano il cielo un po’ dappertutto e non sembrano destinate a dissiparsi in tempi brevi. Da leggere l’articolo scritto da Salma Hayek, sempre sul New York Times, in cui l’attrice ricostruisce nei dettagli la sua esperienza con il “mostro” Weinstein durante la realizzazione di Frida.

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Esce anche Poveri ma ricchissimi, di Fausto Brizzi, con Christian De Sica, Enrico Brignano e Lucia Ocone. Per scelta della distribuzione il nome del regista non compare sulla locandina, nei trailer e nel materiale promozionale. Compare però nei titoli di testa e di coda. Il film è distribuito dalla Warner Bros Entertainment Italia che con un comunicato stampa pubblicato a metà novembre ha spiegato le sue ragioni. Ad assicurare la dose massiccia di cinepanettone arriva Super vacanze di Natale, antologia – curata da Paolo Ruffini – di 35 anni di film natalizi prodotti da De Laurentiis, da Vacanze di Natale di Carlo Vanzina a Natale a Londra. Dio salvi la regina di Volfango De Biasi.

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