Sy Kattelson (1923) ebbe l’idea di diventare un fotografo quando faceva le consegne per un negozio di macchine fotografiche a New York. Dopo un breve periodo di lavoro come fotografo per l’esercito, nel 1945 entrò a far parte della Photo league di New York.

Attiva dal 1936 al 1951, la Photo league era un collettivo di fotografi, a cui collaboravano anche Margaret Bourke-White, Weegee e Robert Frank, dedicato soprattutto alla documentazione sociale e alla street photography. L’obiettivo era fare della fotografia una forma d’arte.

Le immagini di Kattelson, che è stato allievo di Paul Strand e Sid Grossman, hanno spesso composizioni geometriche, che l’autore crea attraverso strutture architettoniche e riflessi di finestre, vetrate e superfici trasparenti. La doppia o la tripla esposizione, che compaiono in molte delle sue foto, gli servono per dare una sensazione di dinamicità alle scene e alle persone che ritrae.

“Quando esco per fotografare sono sempre alla ricerca di qualcosa per seguire un’idea che ho in mente. Aspetto fino a quando non lo trovo. Non faccio molte foto, perché cerco di inserire in ogni immagine più informazioni possibili”, ha spiegato Kattelson.

Secondo la giornalista del New York Times, Vivien Raynor, la caratteristica di Kattelson è il rispetto per i soggetti che ritrae e la capacità di non rendersi mai troppo invadente, nonostante nelle immagini si percepiscano una forte sensibilità e una grande curiosità.

Una mostra alla galleria Howard Greenberg di New York ospita 45 immagini scattate da Kattelson negli anni quaranta e cinquanta, e altre realizzate tra gli anni ottanta e novanta, qui esposte per la prima volta. La mostra durerà fino all’11 febbraio 2017.

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