05 giugno 2019 17:15

Secondo il Fondo monetario internazionale, l’Etiopia è tra le cinque economie più dinamiche del mondo. La valle dell’Omo è una delle zone che subiscono di più le conseguenze negative di questo sviluppo.

Nel 2006 il governo etiope affidò alla compagnia italiana Salini Impregilo la costruzione della diga Gibe III sul fiume Omo, che è stata inaugurata il 17 dicembre 2016. Lungo le sponde dell’Omo vivono 300mila persone, appartenenti a venti etnie, che si sostengono con l’agricoltura, la pesca e la pastorizia, attività rese possibili dalle esondazioni periodiche del fiume.

Secondo alcuni esperti, la presenza della diga diminuirà la portata del corso d’acqua, provocando la riduzione delle piene naturali e della foresta, e mettendo a rischio le attività tradizionali delle comunità. “La diga non è stata pianificata con sufficiente attenzione ai suoi effetti sociali e ambientali”, sostiene Rudo Sanyanga, direttore per l’Africa di International rivers, un’organizzazione per la difesa dei fiumi.

Dal 2011 il fotografo Fausto Podavini ha documentato lo sviluppo e le conseguenze del progetto della diga Gibe III: “Ogni volta che tornavo nel paese mi rendevo conto degli effetti che troppo semplicemente spesso definiamo sviluppo”, dice Podavini, che per il suo lavoro è arrivato fino al lago Turkana, in Kenya, dove la diga Gibe III potrebbe abbassare il livello dell’acqua di dieci metri, cambiando la vita di migliaia di persone.

Il progetto di Podavini diventerà un libro, edito da FotoEvidence, a cui si può contribuire partecipando alla raccolta fondi, entro il 25 giugno.

Omo change ha vinto il World press photo 2018 e il grant della Fondazione Yves Rocher nel 2017. Fa parte del progetto Water grabbing, a story of water.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it