18 novembre 2020 16:15

Alla fine degli anni settanta, ogni venerdì Tony O’Shea si presenta nella redazione della rivista In Dublin con una scatola piena di fotografie in bianco e nero, scattate nella città. In quel periodo lo scrittore irlandese Colm Tóibín lavora come giornalista per la rivista ed è lì che si conoscono.

Da subito Tóibín apprezza il lavoro del fotografo. “Non avevo mai visto nulla del genere”, scrive nel libro Dubliners (1990), frutto della collaborazione tra i due.

O’Shea nasce nel 1947 a Valentia island, nel sud dell’Irlanda. I suoi lavori raccontano la vita quotidiana nella contea di Kerry, a Dublino e lungo i confini con il nord. Preferisce soffermarsi su momenti collettivi, rituali, in cui la comunità si riunisce per festeggiare o ricordare il passato. Ma la sua attenzione è sempre rivolta agli individui, colti in momenti di contemplazione o esaltazione. “Aspetta quell’attimo in cui, anche se i soggetti si stanno esibendo, abbassano la guardia e la macchina fotografica diventa una finestra scomoda ed esitante sull’anima”, scrive ancora Tóibín nell’introduzione di The light of day, il primo volume che raccoglie gli scatti realizzati da O’Shea tra il 1979 e il 2019, e ora pubblicato da RRB PhotoBooks e dalla Gallery of Photography Ireland.

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