Una Parigi in bianco e nero, una zona (le torri del 13o arrondissement) quasi mai filmata, volti nuovi che nascono sullo schermo: il film di Jacques Audiard, presentato in concorso a Cannes, riporta le storie di una generazione sull’orlo del disincanto. Émilie (Lucie Zhang), laureata in scienze politiche, si ritrova a vendere abbonamenti telefonici; Camille (Makita Samba), disilluso insegnante di francese, a trent’anni non crede più alla meritocrazia repubblicana di cui è tuttavia espressione. Niente sembra più funzionare, tranne il sesso, ma Émilie e Camille cercheranno comunque di assaporare un pezzetto di quel paradiso che i loro genitori gli hanno promesso: trovare lavoro, innamorarsi e via dicendo. Adattato da tre graphic novel di Adrian Tomine, il film sembra voler abbracciare un’epoca. Ma l’intelligente sceneggiatura, che Audiard ha scritto insieme a Céline Sciamma e Léa Mysius, cattura così bene lo spirito dei tempi, cerca di riempire così tante caselle, che finisce per rimanere impantanata nella sua attualità.
Clarisse Fabre, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1453 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati