“Quando ero una bambina mia madre m’insegnò a distinguere i suoni del canto degli uccelli e a imitarli”, racconta Luzmila Carpio, parlando dei suoi inizi come cantante. Boliviana, cresciuta in un villaggio di montagna, cominciò la sua carriera negli anni sessanta, quando era adolescente, ma fu subito costretta a cantare in spagnolo anziché nella sua lingua madre. “Le città erano piene di monumenti, ma erano tutti stranieri, non c’era niente che rappresentasse le nostre identità o quelle dei nostri eroici avi”. Così lei decise di cantare soprattutto in lingua quechua e aymara, come gesto d’amore per la cultura indigena e come protesta contro l’oppressione coloniale. Si aprì così una carriera di profilo internazionale, che nel 2006 la portò addirittura alla nomina di ambasciatrice della Bolivia in Francia. Luzmila Carpio ha inciso più di venticinque album. L’ultimo è Inti watana: el retorno del sol. Pubblicato dall’argentina Zzk Records, è ricco di sonorità elettroniche e dovrebbe contribuire alla fama della cantante tra il pubblico più giovane. La Zzk sta anche realizzando un documentario sull’artista. “Il disco ha un suono nuovo, ma mantiene la mia autenticità. Spero che Inti watana e il film ispireranno le nuove generazioni a non essere indifferenti nei confronti della natura e a vivere in armonia. Se continuiamo a costruire la nostra strada insieme, porteremo le nostre radici nel futuro”. Michaela Vargas Caro, Remezcla

Luzmila Carpio (Marisol Mendez)

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Questo articolo è uscito sul numero 1482 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati