Un diario di guerra scritto da Sara K. tra il 2 agosto 1939, alla vigilia dell’invasione nazista della Polonia, e il 28 gennaio 1945, il giorno dopo la liberazione di Auschwitz. Le sedute di analisi della figlia di Sara, Clara, nata nel 1949 in Brasile, che cresce nel silenzio complice del trauma, senza alcuna informazione sul passato. Gli appunti di sua nipote, Lola, nata nel 1984 a Recife, che da adulta intraprende una ricerca storica sul riconoscimento delle conseguenze sull’inconscio collettivo della violenza nazista. Le voci di tre generazioni di donne si rivolgono alla pronipote appena nata, Luiza, nella speranza di un futuro di liberazione attraverso le parole. Letteratura, storia, eredità generazionale, esperienze che traboccano e s’intrecciano in Eredità. Il libro si basa su una ricerca durata sei anni sui diari dei bambini che hanno vissuto nei campi di concentramento. Continuare a vivere nel dolore del silenzio, trasmettendo la stessa eredità traumatica a sua figlia Luiza è terrificante per Lola. “Questo mio tentativo di salvare Luiza dal nostro passato è inutile. Riproduco gli errori di mia madre e di mia nonna”. Eredità ruota intorno a personaggi di fantasia in un contesto storico pieno di atrocità, che è anche un’eredità. Paralizzando la vittima, mettendola a tacere attraverso la vergogna di ciò che ha subìto, l’eredità diventa un vuoto, un’intercapedine, una rimozione che cristallizza la violenza che non è mai stata raccontata. E se non viene elaborata, non c’è prospettiva di superarla. Lola, garzie alla ricerca e alla riflessione, rompe il patto del silenzio sulle radici dell’orrore, e recupera il filo narrativo interrotto.
Bertha Maakaroun, Estado de Minas

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Questo articolo è uscito sul numero 1502 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati