Quello dell’agente penitenziario è un lavoro solitario. A parte l’infinito girovagare a notte fonda tra le celle, gli agenti assistono a eventi che i loro amici, all’esterno, non possono capire, e sono pagati per sorvegliare e proteggere persone che non li amano. Alex South cominciò a fare questo lavoro quando aveva ventidue anni a Whitemoor, un penitenziario maschile a nord di Cam­bridge. Una delle prime cose che si sentì dire da un collega anziano fu: “Le donne non dovrebbero lavorare qui”. Per difendersi dalle molestie, e anche dalle implicazioni morali legate al fatto di “prendersi cura” anche di stupratori (per niente pentiti), ha finito per cedere a un’alienazione che la rendeva ancora più sola, anche per gli standard del suo lavoro. La sua autobiografia_, Behind these doors_, è un tentativo di alleggerire quell’isolamento, portandoci in luoghi in cui non abbiamo alcuna voglia di andare. Inoltre, è uno dei pochi grandi libri che gettano uno sguardo vivido e nitido sul sistema carcerario e le sue storture, scritto non da un detenuto, ma da un’agente.
The Observer

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Questo articolo è uscito sul numero 1519 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati