Dopo aver finito i suoi compiti mattutini – fare il bucato e spolverare la casa padronale della sua piantagione – Annis, l’adolescente schiavizzata al centro del nuovo romanzo di Jesmyn Ward, si sofferma fuori da una porta. All’interno della stanza, le figlie bianche del proprietario di schiavi, le sorellastre di Annis, stanno facendo lezione. “L’insegnante”, racconta Annis, “sta raccontando la storia di un uomo, un italiano antico, che scende all’inferno. L’inferno che attraversa ha livelli simili alla casa di mio padre”. Ward fonde la storia di Annis con alcuni momenti chiave nella storia della schiavitù transatlantica, dando al romanzo un taglio educativo. La discesa nei nove gironi dell’inferno spinge Dante a porre una domanda importante ai dannati che incontra: come sei arrivato qui? È una domanda che non troviamo in Giù nel cieco mondo, un romanzo su uno dei peccati originali dell’America: la tratta degli schiavi. Per Ward, l’inferno sembra più che altro un’appropriata descrizione delle condizioni della schiavitù: infernali, appunto. Il romanzo aspira all’epopea, ma a volte si perde in un pantano di allusioni e metafore forzate, e non sempre è all’altezza della sua promessa di guardare in profondità alle radici dell’America.
Jennifer Wilson, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1538 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati