Interpretando un personaggio almeno in parte ispirato a se stesso, Clooney offre una delle sue migliori interpretazioni. Jay è un divo di Hollywood viziato e narcisista, così votato alla sua carriera da non accorgersi del disastro emotivo che lascia dietro di sé. Per riconnettersi emotivamente con la figlia decide di seguirla in Italia, con la scusa di ritirare un premio, accompagnato dal sempre paziente manager (Sandler). La sceneggiatura di Baumbach ed Emily Mortimer bilancia battute e osservazioni acute sull’ansia per lo status, sulla vacuità della cultura della celebrità e sulla fragilità dei legami familiari. Clooney rimane fedele alla consolidata immagine del bell’uomo della porta accanto. Ma se interpreta l’ennesima versione di sé, stavolta lo fa in modo crudo e rivelatore. E così un film che all’inizio sembra insopportabilmente compiaciuto, alla fine riesce a emozionare profondamente.
Geoffrey Macnab, The Independent

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1630 di Internazionale, a pagina 89. Compra questo numero | Abbonati