Gli agenti del caos che guidano l’ultimo thriller di Christopher Bollen appartengono a due categorie facilmente sottovalutate: una donna anziana e un bambino. L’abisso d’età tra la narratrice ottantunenne, Maggie Burkhardt, e il suo antagonista di otto anni permette un conflitto intergenerazionale sconcertante che si dipana in un hotel egiziano durante la pandemia. In un periodo in cui le frontiere sono chiuse e la morte è un po’ ovunque, questi due personaggi temibili sfruttano a proprio vantaggio la vulnerabilità da loro percepita. Il motivo per cui Maggie si trova lì è il primo mistero. Sono passati cinque anni da quando ha lasciato il Wisconsin dopo la morte del marito e della figlia, fuggendo la solitudine per vagare tra i grandi alberghi storici d’Europa. In Egitto ha fatto amicizia con il direttore dell’hotel e conclude le sue giornate suonando una campanella per radunare gli altri ospiti a guardare il tramonto. È un soggiorno idilliaco, tranne quando si riaccende la sua compulsione a intervenire nelle relazioni disfunzionali altrui. È animata dalle migliori intenzioni, naturalmente. “Solo una volta le mie azioni hanno avuto un esito peggiore”, ammette, “ma non mi piace parlare dell’omicidio”. Tutto questo appartiene al passato, però, quando Otto Seeber, otto anni, arriva con sua madre e attira l’attenzione di Maggie. L’autore è abile nel far crescere l’inattendibilità di Maggie finché la sua armatura non crolla in modo drammatico.
Julia Lloyd George, Times Literary Supplement

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Questo articolo è uscito sul numero 1643 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati