Le opere tarde di Franz Schubert per pianoforte a quattro mani hanno attirato negli anni accoppiate stellari, da Benjamin Britten e Svjatoslav Richter a Radu Lupu e Murray Perahia. Eseguirle con successo richiede un’affinità con il mondo sonoro del compositore e la disponibilità a condividere un unico strumento, che spesso implica un diverso modo di concepire la meccanica del fare musica. Leif Ove Andsnes e Bertrand Chamayou hanno una perfetta sintonia emotiva. La grande Fantasia in fa minore vede il norvegese distendere linee liriche fluide sopra il morbido basso del francese. Le dinamiche sono scolpite in modo impeccabile; il Largo centrale ha un peso notevole, con trilli equilibrati dall’inizio alla fine. Sanno essere anche giocosi, benché il loro istinto tenda verso l’interiorità, sondando lo spirito della musica. Il ritorno del tema principale lascia senza fiato. L’Allegro in la minore, pubblicato postumo con il titolo Lebensstürme (tempeste della vita), è pieno di urgenza drammatica, con Chamayou che si lancia con vigore nella parte di primo. Andsnes gli sta accanto in un torrente di passaggi turbolenti. Il norvegese torna in primo piano per il Rondò in la maggiore, un’interpretazione colloquiale piena di bonaria cordialità. La registrazione offre un suono caldo e realistico.
Clive Paget, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1643 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati