Secondo le prime indagini della polizia federale australiana, gli attentatori di Bondi hanno agito da soli e, pur non affiliati a un’organizzazione terroristica, sono stati ispirati dal gruppo Stato islamico (Is), scrive Nikkei Asia. In un’auto intestata a Naveed Akram, 24 anni, sono state trovate due bandiere dell’Is cucite a mano e alcuni ordigni esplosivi rudimentali. Un mese fa Sajid e Naveed Akram erano stati nelle Filippine, sull’isola di Mindanao, dove sono presenti organizzazioni legate all’Is, ma la ragione del viaggio è ancora al vaglio degli inquirenti. Dopo aver indagato su Naveed nel 2019 per il suo rapporto con altri individui attenzionati, l’agenzia per la sicurezza interna (Asio) aveva concluso che non si trattava di un soggetto pericoloso.
Il 15 dicembre, il giorno dopo l’attentato, il primo ministro Anthony Albanese ha annunciato una revisione delle norme sulle armi e in particolare ha detto che avranno priorità “immediata” norme più severe su quelle stampate in 3D e sui limiti al numero di armi da fuoco che una persona può possedere e sull’importazione di attrezzature in grado di contenere molte munizioni. Inoltre, scrive Sbs News, il porto d’armi sarà limitato ai cittadini australiani, i controlli sui precedenti penali di chi chiede la licenza saranno più approfonditi e le revisioni saranno più regolari. Albanese e i ministri hanno anche concordato di accelerare i lavori per la messa a punto di un registro delle armi da fuoco, in corso dalla fine del 2023. In Australia il possesso di armi è salito alle stelle: secondo il centro studi The Australia institute, oggi ce ne sono più che ai tempi della strage di Port Arthur, nel 1996. Nel paese ne circolano 800mila in più rispetto al periodo successivo al “programma di riacquisto delle armi” del 1996, quando il governo ne vietò certi tipi e ne ricomprò altre dai cittadini, ritirandone dalla circolazione 650mila. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1645 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati