La donna, la terra e il serpente: intorno a questa triade simbolica si sviluppa El rastro de la serpiente (Il sentiero del serpente), un progetto della fotografa Maya Goded. Il racconto si apre idealmente in Europa e passa per New York, ma è in America Latina e nel sudovest degli Stati Uniti che prende forma il viaggio vero e proprio dell’artista. È lì che, nel corso di cinque anni, Goded costruisce un percorso che intreccia autobiografia, antropologia e una riflessione sulla violenza, in un progetto collaborativo a cui hanno partecipato le donne dei luoghi visitati.
In Messico Goded attraversa gli stati di Oaxaca, Chiapas, Puebla, Jalisco, Quintana Roo e Yucatán; più a sud si addentra nella selva panamense; quindi risale verso il New Mexico, negli Stati Uniti, e poi percorre parte del cosiddetto triangolo del litio muovendosi tra il deserto cileno e le comunità minerarie boliviane. In ciascuno di questi luoghi incontra donne nelle cui ferite riconosce le proprie, e stabilisce un parallelo tra le violenze subite dai corpi e quelle inflitte alla Terra. “Ho passato anni cercando le donne che subiscono violenza; volevo accompagnarle, dare loro visibilità”, racconta Goded. “Per me le donne che fotografo rappresentano la messa in discussione della società, di un sistema che normalizza la violenza. Rappresentano mia madre, le mie nonne, le donne che mi hanno cresciuta”.
Affiancando alle sue immagini materiali d’archivio, poesia, documenti storici e foto di famiglia, Goded intreccia la sua vicenda personale con la storia in generale. L’eco del test Trinity del 1945 in New Mexico, la prima detonazione nucleare, risuona simbolicamente con la nascita di sua madre, avvenuta nello stesso anno. Per l’artista riflettere sulle immagini del test significa interrogare un passato di devastazione che anticipa le crisi dell’antropocene: l’inquinamento di fiumi e deserti, la perdita di biodiversità, le ferite ambientali lasciate dalla modernità.
Ma El rastro de la serpiente è soprattutto un viaggio iniziatico, come scrive la curatrice Ángeles Alonso Espinosa in uno dei testi del libro. La necessità di una guarigione transgenerazionale spinge Goded a seguire il serpente (che in spagnolo è un nome femminile), simbolo ancestrale di trasformazione, e del legame tra la donna e la Terra. Il volume restituisce così un coro di voci femminili che custodiscono la memoria, la spiritualità e la capacità di resistenza, e affermano che un’altra relazione con la natura è possibile. ◆
Nord
Ho domandato alla serpe,
le ho chiesto di condurmi alla sua parte di notte
di portarmi dentro la roccia, ma ha cambiato pelle.
Ho lasciato che mi guidassero i segni lasciati dal suo passaggio,
ho lasciato che abbracciasse il mio corpo,
le ho chiesto di lasciarmi bere l’acqua sotterranea dei morti dov’è mia nonna.
Voglio immaginare che quelle acque l’abbiano protetta nella barca su cui viaggiava.
Adesso sento, mi trasmuto,
cambio pelle ogni anno,
la mia morte emerge dalla vita e la mia vita emerge dalla morte.
È quel che mi hai fatto sentire nel deserto.
Nel deserto sembra che non ci sia niente, ma c’è tutto.
Vedo roccia, vedo migliaia di anni, migliaia di storie.
Mi attira molto il vulcano,
raggiungere la cima è un grande sforzo
sono tornanti e tornanti e un pendio un po’ inclinato.
Dicono che questo è il sentiero della serpe,
io vorrei stare per sempre sulla cima del vulcano.
Dicono che si apre,
che ci sono luoghi e tempi in cui si apre
e fa vedere tutto quel che ha custodito.
Ho visto tutto.
La serpe incarna l’acqua.
L’energia del tuono, saette che diventano vipere e volano e saltano.
È questa l’energia.
Ha così tanta forza
che se ne ricevi anche solo un pezzetto
ti illumina,
ti apre il cervello.
Ti dà una visione del mondo del tutto diversa o ti uccide.
Spero si risveglino le serpi,
alzatevi, serpi!
Io che sono donna opero in questi tre mondi,
sono trasformazione, ciclo, cambiamento.
Sono deserto
dalle mie pietre sgorga acqua, si aprono vene dentro la terra.
Sono serpe d’acqua.
Sono donna d’acqua, io, le ho detto.
Estratto dalla poesia di Maya Goded realizzata per la videoinstallazione El rastro de la serpiente_. La poesia incarna la voce delle donne che difendono la vita incontrate dalla fotografa. Traduzione di Monica Rita Bedana._
Maya Goded è una fotografa e regista di documentari messicana. Il libro El rastro de la serpiente (Editorial Rm e El Mojado Ediciones 2025) prende forma da una videoinstallazione. è composto da due volumi con testi in inglese e spagnolo. Uno dei volumi è diviso in tre fascicoli, due dei quali da aprire specularmente in simultanea.
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Questo articolo è uscito sul numero 1646 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati