L’ultima settimana di marzo, solo una settimana dopo l’inizio del lockdown, Vinita Kale, 44 anni, è stata licenziata. Lavorava come ragioniera in un’azienda biomedica di medie dimensioni per 12mila rupie al mese (138 euro). Un piccolo ma importante supplemento allo stipendio del marito, agente immobiliare e amministratore del fondo fiduciario di un tempio. I Kale conducevano una comoda vita da classe media in un appartamento in affitto alla periferia di Mumbai. “Avevamo un po’ di risparmi e non eravamo preoccupati, ma quando è scattato il lockdown le nostre entrate si sono fermate”, spiega Kale, ormai disoccupata da cinque mesi. Il lavoro autonomo del marito è ripartito gradualmente a luglio, ma i guadagni sono miseri e saltuari.
Ora che hanno quasi dato fondo a tutti i loro risparmi, un posto fisso sarebbe per Kale un raggio di speranza e l’aiuterebbe a pagare l’affitto di agosto in ritardo e la retta in sospeso di 16mila rupie per l’università del figlio, che studia informatica. “Però non credo che riavrò il mio vecchio lavoro e non sono ancora riuscita a trovarne un altro”, dice.
Nel quadro della crisi economica globale provocata dalla pandemia di covid-19, Kale rappresenta un dato quasi insignificante: è solo una dei 17 milioni di lavoratori salariati che ad aprile hanno perso il lavoro in India. Secondo un rapporto del Centre for monitoring indian economy, dall’inizio del _lockdown _almeno 18,9 milioni di lavoratori dipendenti, il 22 per cento del totale, sono rimasti disoccupati. Stando ai dati appena diffusi dal governo, nel trimestre che va da aprile a giugno l’economia indiana ha subìto una contrazione del 23,9 per cento, maggiore rispetto alle altre grandi economie.
Già dalla fine del 2019 l’economia indiana attraversava un periodo di forte crisi e lo shock provocato dalla disoccupazione diffusa e dal crollo della domanda durante il lockdown ha peggiorato la situazione. Al culmine di questa crisi il governo del Bharatiya janata party (Bjp) guidato da Narendra Modi è stato duramente criticato perché ha imposto di punto in bianco il lockdown, lasciando allo sbando milioni di lavoratori migranti nelle città, e ha annunciato un inadeguato pacchetto di misure per sostenere l’economia.
La crisi ha avuto il suo impatto più violento sulle classi lavoratrici e i poveri dell’India rurale, ma è stata un grave colpo anche per persone come Vinita Kale, appartenenti alla classe media urbana e salariata, cioè la base elettorale che più ha sostenuto il Bjp negli ultimi sei anni.
Il lockdown e le sue conseguenze sull’economia non hanno cambiato il modo in cui questo gruppo sociale percepisce il Bjp e Modi? Per Kale e molti altri lavoratori e imprenditori di Mumbai, anche quelli che criticano il governo per la gestione della pandemia, l’immagine di leader forte e potente incarnata da Modi è rimasta invariata.
Suryapal Singh, proprietario di un negozio di articoli elettronici, incolpa il governo per il rallentamento dell’economia cominciato già molto prima della pandemia, con la demonetizzazione del novembre 2016 e il nuovo regime fiscale sui beni e i servizi nel 2017. “L’economia non si è mai davvero ripresa da allora e oggi, dopo il lockdown, non vedo nessun futuro. Siamo finiti”, dice Singh, che da quando ha riaperto il negozio vicino alla stazione di Andheri, a metà giugno, ha solo tre o quattro clienti al giorno. Prima del lockdown ne aveva più di quaranta e riusciva a incassare anche 30mila rupie al giorno. Ora il negozio non ha perso solo i guadagni ma anche quattro dei suoi cinque dipendenti che non è stato possibile pagare durante il blocco delle attività.
◆ L’India **ha superato il **Brasile **per numero di casi positivi al covid-19, registrando il 7 settembre 90mila nuovi contagi giornalieri, concentrati in cinque stati: Andhra Pradesh, Tamil Nadu, Karnataka, Maharashtra e Uttar Pradesh, il più popoloso. Nel secondo paese più colpito dopo gli **Stati Uniti, la crisi si aggrava via via che il governo allenta le restrizioni nel tentativo di far ripartire l’economia, dopo che da marzo milioni di persone hanno perso il lavoro. Bbc
Singh racconta che durante l’epidemia di influenza suina del 2009 gli abitanti della città avevano indossato le mascherine per qualche settimana ma “avevano continuato a lavorare”. “Quindi perché tutto questo chiasso sul coronavirus?”, chiede. “Secondo me il lockdown non era necessario ed è stato imposto con troppa rapidità. Ha rovinato la classe media”. Singh disapprova il pacchetto economico da 20mila miliardi di rupie (230 miliardi di euro) annunciato dal governo centrale a maggio perché, dice, quei soldi non erano destinati a sostenere vecchie attività commerciali di medie dimensioni come la sua. “Ma per sopravvivere dobbiamo pagare l’affitto e gli stipendi e avere clienti. Finora abbiamo usato i nostri risparmi per continuare a lavorare, ma quanto potremo andare avanti?”.
Un leader forte
Nonostante le considerazioni amare sull’economia nazionale, Singh se la prende con il governo locale. “Ho sentito dire che l’amministrazione di New Delhi sta riaprendo la metropolitana, ma qui a Mumbai i treni locali sono ancora fermi”, dice. È arrabbiato anche per il coprifuoco dalle sette di sera imposto ai negozi della città. “Tutto questo avrà delle conseguenze sul governo del Maharashtra alle prossime elezioni locali”.
Singh però dice con chiarezza che vorrebbe vedere Modi ancora alla guida del governo centrale. “Non abbiamo alternative. È l’unico leader forte che c’è, perciò saremo costretti a tollerarlo”. Dharmesh Tole, un adattatore di dialoghi e paroliere di film in bhojpuri e punjabi, sostiene con fermezza il governo Modi, anche se a causa del lockdown ha perso la casa. Tole ha lavorato per trent’anni nell’industria cinematografica di Mumbai ed è sempre riuscito a guadagnarsi da vivere in modo dignitoso. Prima della pandemia guadagnava almeno 25mila rupie al mese e viveva una comoda vita da single in un appartamento in affitto alla periferia nord della città.
Poco prima del blocco delle attività si stava per realizzare uno dei sogni della sua carriera: era diventato direttore creativo di due film in bhojpuri che sarebbero dovuti uscire ad aprile. Dato che il progetto non gli avrebbe fatto guadagnare soldi, Tole aveva convinto i produttori a concedergli i diritti di distribuzione per portare i film negli stati indiani del Punjab, dell’Haryana e del Jammu e Kashmir. “Ora però sono bloccati, usciranno solo quando i cinema riapriranno”, dice Tole, che subito dopo l’inizio del lockdown ha capito di dover scegliere tra pagare l’affitto e comprarsi da mangiare, per razionare i suoi risparmi. Da aprile ha smesso di pagare le 10mila rupie al mese per la casa ed è finito a vivere per strada. Oggi trascorre gran parte del suo tempo vicino a una stazione degli autobus di Andheri, usa i bagni pubblici per fare la doccia e lava i vestiti solo ogni tanto. Non è tornato nel suo villaggio di origine nel Punjab, perché è in lite con la famiglia e dice di essere troppo orgoglioso per chiedere aiuto o ospitalità ai suoi amici di Mumbai. Nonostante tutto è convinto che Modi vada lodato per la sua pronta risposta alla pandemia: “Se non avesse imposto un lockdown così velocemente, a quest’ora sarebbero morti cinquanta milioni di indiani”, dice. “Guardate Trump, ha rovinato l’America non facendo niente per il covid. Abbiamo un leader molto forte”.
La politica della fede
La fiducia di Tole nel governo del Bjp di Modi è anche il riflesso della politica personalistica che negli ultimi sei anni in India si è rafforzata. Il politologo Neelanjan Sircar l’ha definita la politica del vishwaas, della fede, quando la popolarità personale di un leader come Modi trascina gli elettori molto più della politica del vikas, dello sviluppo economico.
Un altro elettore che ha dato fiducia a Modi è l’imprenditore Sanjay Gosalia. “Nella nostra storia non abbiamo mai avuto un primo ministro così in gamba”, afferma. La sua attività di agente immobiliare e arredatore d’interni aveva cominciato a rallentare già con la crisi economica del 2019. Oggi la sua famiglia vive grazie ai risparmi. Secondo Gosalia il governo ha fatto un buon lavoro per “controllare una popolazione così numerosa” e dare speranza alla gente promuovendo attività di gruppo, come battere le mani e accendere luci alle finestre, a cui molte famiglie della classe media urbana hanno partecipato con entusiasmo.
Vinita Kale descrive Modi come il leader inflessibile di cui l’India ha bisogno. Ammette che le misure economiche volute dal primo ministro hanno provocato disagi alla popolazione negli ultimi quattro anni, ma è convinta che abbiano reso l’economia più trasparente. “La gente se la prende con Modi come i bambini se la prendono con i genitori severi”, afferma. “Da madre so di essere severa per il bene dei miei figli, ed è quello che fa anche Modi”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1375 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati