Alle riprese del film Lazzaro felice partecipò un contadino di nome Remo che aveva un’ossessione: il servizio militare. Parlava solo di quell’unica occasione che aveva avuto nella vita per viaggiare, per visitare un altro mondo. Non c’era giorno che non ci raccontasse le sue avventure di naja. Ma poi alla cena per la fine delle riprese ci disse: fare questo film è stato molto meglio del servizio militare. Mi riempì di speranza: si può essere attraenti anche disarmati! Raccontando una storia, come si fa in un film, si può viaggiare attraverso altri mondi come è successo a Remo, ma soprattutto si può disinnescare l’immagine del nemico che tanto serve alla violenza. Ora si parla di tornare al servizio militare obbligatorio, e mi sembra di sentire l’ennesima vecchia storia che finisce male. Se proprio siamo costretti a fare qualcosa di obbligatorio, perché deve essere militare? Un paese è come una grande casa in cui bisogna fare i turni per pulire il bagno: i lavori considerati meno dignitosi andrebbero divisi tra tutti. Sono pure disposta a immaginare una divisa per questo servizio civile obbligatorio, magari con stelle, nastrini e qualche pennacchio per fare tutti più felici e dire orgogliosi: ecco i nostri ragazzi del servizio civile! Ma che si debba passare per le armi mi sembra una follia. Ci sono tanti altri modi di conoscere il mondo, senza un fucile in mano.

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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati