Cultura Libri
The delivery
304 pagine, 19 euro

Durante la pandemia i rider sono diventati centrali nelle nostre vite, eppure sono quasi invisibili. Quindi è giusto che un rider si trovi a essere il protagonista di un romanzo. Quando avrete finito The delivery non penserete più a queste persone nello stesso modo. Il romanzo ci porta nel mondo di un corriere in bicicletta senza nome: “il fattorino”. Il primo capitolo dice semplicemente: “Consegna 1”, seguito da due stelle. I successivi si leggono come un diario di bordo; il sesto è una piccola poesia. A poco a poco, ci ritroviamo nel mondo interiore del fattorino. È in sintonia con i ritmi della città, usando una sorta di frequenza telepatica con il traffico, i pedoni e i clienti. Capisce come si muovono e si muove di conseguenza. Sa istintivamente quali clienti daranno la mancia e quali no. Ma non coglie lo scopo più profondo della città o i motivi e gli obiettivi dei suoi abitanti. Apprendiamo che il ragazzo delle consegne parla diverse lingue, ma non quella di questa particolare città. Ora vive in un magazzino, dov’è sfruttato dal suo supervisore, mentre nel suo paese d’origine faceva parte di un’orchestra. All’inizio questa struttura può confondere, ma ci spinge a sentire che la coscienza qui è stratificata: una realtà sopra l’altra. C’è la vita della città; poi il fattorino che pedala da una commissione all’altra; poi il suo mondo interiore; e infine, sovrapposte a tutto, le riflessioni del narratore. Come una sinfonia.

Amanda Holmes Duffy,
Washington Independent Review of Books

Il libro di ricette di Alice
372 pagine, 20,00 euro

Nell’estate del 1949, undici anni dopo essere fuggita dai nazisti, Alice Urbach, ebrea viennese, tornò per la prima volta nella sua città natale. Vagava per i vicoli di Vienna, piangendo davanti a una casa che una volta era stata una sinagoga, e a un certo punto passò davanti a una libreria. In vetrina c’era un libro: Così si cucina a Vienna! Attirò subito la sua attenzione. Per un motivo: lo aveva scritto lei. Ma c’era un altro nome sulla copertina: Rudolf Rösch, un maschio “ariano”. Come poteva essere? La cuoca si è posta questa domanda fino alla sua morte nel 1983, e sua nipote, la storica Karina Urbach, ha continuato a porsela. Ora ha scritto la storia di sua nonna. Per farlo, ha cercato tra vecchi diari e lettere. Negli archivi di Vienna, Londra e Washington ha trovato scritti, nastri e film a lungo ritenuti perduti. Dalla ricerca emerge il quadro di una donna che per tutta la vita non riuscì a parlare della sorte delle sue tre sorelle, assassinate nel ghetto di Łódź e nel campo di concentramento di Treblinka, ma che continuò a rivendicare il suo libro di ricette fino a quando fu molto vecchia.

Leonie Feuerbach,
Frankfurter Allgemeine Zeitung

Il cuore del pellicano
304 pagine, 18,00 euro

Raccontare la storia di un uomo che cade non è da tutti. Bisogna stabilire il tono, scavare nell’anima e annodare bene la trama. Questo è esattamente ciò che Cécile Coulon riesce a fare in un romanzo vivace e denso, asfissiante come un poliziesco e ricco di ossigeno come un road movie. Anthime è un adolescente pieno di energia e speranza quando i suoi genitori si trasferiscono in una casa senz’anima in mezzo ai terreni agricoli di un anonimo comune francese. Anthime si sente perso. Ma ha un dono. Sa correre. Nella corsa campestre della scuola è sempre il migliore. È adulato, circondato da una notorietà che apre tutte le porte. Fino a quando il suo giovane corpo, allenato male, lo tradisce nel bel mezzo della sua corsa. Vent’anni dopo, cosa rimane del ragazzo prodigio? Niente. Anthime è diventato un individuo paffuto e sinistro, che rimugina sui suoi vecchi sogni in un misto di amarezza e tristezza che senza dubbio deve molto alle sue partenze mancate: non se n’è mai andato da quella piccola città in mezzo al nulla, ma ha lasciato andar via la donna che amava. Anthime ha sposato Joanna, non Béatrice. Non quella di cui era follemente innamorato, ma l’altra, quella che era lì, il premio di consolazione. Solo che non ci si può mai consolare per non aver seguito i propri sogni. Anthime lo scopre una sera, da ubriaco, al funerale dell’uomo che una volta era il suo allenatore. Una sfida frettolosa, e l’uomo umiliato alza la testa: diventerà ancora una volta colui che ha corso meglio di chiunque altro. Ma si può forgiare un destino quando si è lasciata passare l’occasione, quando la rabbia ha divorato il desiderio?

François Busnel, L’Express

Chiamatemi Esteban
112 pagine, 16,00 euro

Questa struggente e caleidoscopica raccolta di esordio di Lejla Kalamujić descrive l’adolescenza di una giovane donna – che si chiama anche lei Lejla – a Sarajevo durante le guerre jugoslave degli anni novanta. Lejla perde la madre a due anni. Cresce con i nonni mentre il padre beve per affogare il suo dolore. Quando scoppia la guerra, Lejla lascia Sarajevo per la campagna, ma poi torna in città per vivere con i genitori di suo padre. Lejla racconta i piaceri e i dolori di un’infanzia senza madre e segnata dalla guerra. Espedienti intelligenti, come uno scambio immaginario con Franz Kafka quattordicenne sui capricci dei “cattivi”, esplorano l’assurdità del conflitto. Una Lejla più anziana lotta con la salute mentale e il suo essere queer. Kalamujić offre immagini memorabili e crea personaggi simpatici con pochi tratti. Il paesaggio emotivo della narratrice e quello del paese sono intimamente connessi e vividamente descritti. Eleganti e vivaci, queste storie rifiutano di crogiolarsi nella tragedia, diventando invece un convincente tributo alle consolazioni fornite dall’arte.

Publishers Weekly

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1445 - 28 gennaio 2022
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