In un futuro indeterminato, non rimane molto del vecchio pianeta e dell’umanità. Un piccolo gruppo di uomini e donne si trincera in una gigantesca città psichiatrica, governata da un partito unico in decadenza. Non è più chiaro chi sia chi, tra poliziotti e infermieri, sani di mente e pazzi. Anche il confine tra i morti e i vivi è diventato labile, il che non aiuta i nostri rivoluzionari: Monroe, un ex leader giustiziato per deviazionismo, cova la sua vendetta nell’aldilà. Il suo esercito di amazzoni non morte è in missione per spazzare via l’intero comitato centrale e metterlo alla guida del partito. Due uomini dotati di poteri telepatici sono incaricati di rintracciare le “ragazze di Monroe”, ma nonostante le pressioni morali e fisiche a cui sono sottoposti, non hanno fretta di compiere la loro missione. Antoine Volodine ci riporta nel suo universo post-esotico e pre-apocalittico con un romanzo sinistro ed esilarante. L’ambientazione dell’ospedale è spaventosa, piove continuamente come in Blade runner. I personaggi sono malati o depressi. I vivi sono sopraffatti, i morti di cattivo umore. Ma ogni passo verso l’orrore è controbilanciato da un umorismo nero corrosivo che colpisce nel segno.
Philippe Chevilley, Les Echos
Ritenendo questo “abbozzo” di vita troppo imperfetto, dio è pronto a ripetere la creazione una seconda volta. Perciò si scinde e si manifesta sotto forma di tre critici d’arte nel cielo: “Un grande uccello che critica dall’alto, un grande pesce che critica dal centro e un grande orso che critica mentre culla la creazione tra le sue braccia”. Anche le persone sono divise in queste tre categorie: gli uccelli “considerano il mondo come da lontano”, i pesci “si preoccupano dell’uguaglianza e della giustizia qui sulla terra”, mentre gli orsi “sono profondamente preoccupati da se stessi”. Si tratta di una sorta di gioco allegorico, naturalmente, ma con una grande coerenza interna e dei personaggi che rispecchiano la stessa tripartizione. La protagonista Mira è un uccello, il suo amore Annie un pesce e il padre di Mira un orso. Questi esseri diversi provano, falliscono e riprovano ad amarsi nel corso del romanzo. La storia si muove in modo relativamente fluido attraverso queste astrazioni e nella quotidianità della vita. Ma la trama non è il motivo per cui continuiamo a leggere i romanzi di Sheila Heti. Colore puro parla soprattutto dell’arte e della vita, e delle contraddizioni insite nel tentativo di fare entrambe le cose allo stesso tempo. “Forse dio non dovrebbe concepire la creazione come un’opera d’arte, la prossima volta; allora farebbe un lavoro migliore”.
Lynn Steger Strong, Los Angeles Times
Dopo aver pubblicato racconti su molte riviste prestigiose, Anthony Veasna So era pronto a diventare una nuova stella della letteratura. Quando nel 2020 è morto a ventotto anni per overdose, i tributi al suo talento si sono moltiplicati. Afterparties, raccolta di racconti pubblicata postuma, ha una struttura narrativa ingannevolmente semplice, intrisa di critica sociale e umorismo. Assurdo ed empatico allo stesso tempo, Afterparties sonda le complesse vite dei cambogiani-statunitensi in California con uno stile che So ha descritto come “narrativa queer post-genocidio khmer”. Le storie si concentrano sul nesso tra identità e vita contemporanea. In una di esse, per esempio, una neolaureata di Stanford deve fare i conti con la responsabilità culturale di frequentare sentimentalmente un uomo khmer, sullo sfondo progressista e ipertecnologico della Bay Area. Alcune parti di Afterparties si leggono quasi come riflessioni di teoria critica della razza, altre invece come una catena di messaggi tra amici. È difficile non etichettare So come una voce della sua generazione, segnata dallo scetticismo e dalla sensazione del potenziale tecnologico. I suoi racconti permettono al passato di affiorare nel presente senza forzature o trovate pretenziose. Afterparties insiste su una comprensione prismatica della diaspora cambogiana attraverso storie piene di compassione ma anche di comicità, che ci fanno ridere proprio quando siamo sul punto di piangere.
Rosa Boshier, The Washington Post
Nel 2017, J.M.G. Le Clézio ha messo in guardia l’opinione pubblica sulla sorte dei chagossiani, un popolo strappato dalla propria isola nell’oceano indiano nel 1972 e ancora in lotta per ottenere un risarcimento. Alla voce del premio Nobel si aggiunge ora Le rive della collera di Caroline Laurent. Un modo efficace di rappresentare la storia degli abitanti di un “paradiso perduto sull’orlo dell’oceano, stritolato un giorno dalle fauci di un mostro”. Paradiso? Una serie di isole, le Chagos, che facevano parte di Mauritius prima di esserne separate al momento dell’indipendenza nel 1967, dopo 157 anni di presenza britannica. Al momento della partenza, gli inglesi mantennero le Chagos nel territorio britannico e le affittarono agli Stati Uniti che ci stabilirono una base militare. Ma prima le isole dovevano essere liberate dai loro mille abitanti. Con la forza, se necessario. Questa è la storia che Caroline Laurent racconta attraverso il viaggio di Marie-Pierre Ladoucette, chiamata semplicemente Marie, e di suo figlio Joséphin, strappati dal loro paradiso un giorno del 1972. Laurent descrive con empatia e sensualità la vita modesta ma non povera sulle isole, un’esistenza in cui anche il lavoro è gioioso, solidale, familiare.
Françoise Dargent, Le Figaro
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