Miglior graphic novel del 2023, Monica è l’annuncio, forse definitivo, dell’apocalisse della mediocrità. Fin dal precedente Patience (riedito da Coconino), Clowes ha ormai dimostrato di eccellere anche nei ritratti al femminile immessi però in una sorta di fantascienza di paccottiglia, stile anni cinquanta e sessanta, con il fine di trasfigurare il determinismo sociale che provoca alienazione in tutti e oppressione nelle donne. L’estrema frantumazione temporale delle due narrazioni, esprime la perdita di senso profondo della realtà. Ma anche della nozione di futuro. Ancor più vero in Monica, fine ritratto sia psicologico sia comportamentale di una donna, dall’infanzia alla vecchiaia, partendo dall’epoca hippy fino a oggi, ma anche ritratto dell’America di provincia. La narrazione è intervallata con racconti che potrebbero uscire dritti dagli albi fantastici o horror della Ec Comics degli anni cinquanta, veicolo di uno straniamento soltanto più accentuato rispetto a quello presente nella “realtà”. Il primo racconto, dagli echi lovecraftiani e centrato su una setta che si è impadronita di una città, si (con)fonde con il penultimo capitolo della vita di Monica, che sprofonda nelle teorie del complotto. Ma in verità forse ogni cosa è apparenza, tutto si è fatto ambiguo, poroso, in questa, o in queste, realtà in disfacimento. È invece granitica una narrazione magistrale su un’umanità perdutasi in un grande vuoto. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1544 di Internazionale, a pagina 79. Compra questo numero | Abbonati