In Scared of the dark, trasmesso dall’emittente britannica Channel 4, i concorrenti devono vivere una settimana in una casa nel buio più totale, notte e giorno, conquistando punti con imprese di varia natura e relazionandosi nell’oscurità, osservati da uno psicologo. Il pubblico segue il graduale impazzimento delle celebri cavie attraverso telecamere a infrarossi, in una sorta di luminescente bianco e nero che rende il programma ancora più angosciante. C’è chi ha crisi di panico, chi non smette di parlare e chi scappa da rumori che non sa identificare. Quando gli autori presentarono il progetto, la rete avanzò delle perplessità: chi si sarebbe prestato a una cosa più vicina alla tortura che all’intrattenimento? Sottovalutavano il potere persuasivo del reality, anche il più estremo. La lista di candidati era lunga. Il concorrente più a suo agio è il comico cieco Chris McCausland: “Il pubblico capirà cosa significa convivere con la disabilità”. È lui a tranquillizzare gli altri concorrenti e a istruirli su come muoversi in uno spazio che puoi solo immaginare. Le sue parole sono le più costruttive e interessanti. Per il resto è una sequela di bip che coprono bestemmie e altre ingiurie per mignoli contro spigoli e comodini non previsti. Se la tv ha un talento è quello di rappresentare lo spirito dei tempi con una franchezza ai limiti della didascalia. Come in questo caso: persone impaurite che brancolano nel buio. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati