Nel 2016 Tim Stokely, giovane figlio di un banchiere londinese, ha deciso di aprire una nuova piattaforma chiamata OnlyFans, usando un finanziamento di diecimila sterline del padre. La sua idea era permettere agli influencer di monetizzare, attraverso un paywall autogestito, i contenuti che di solito non vanno sulle altre piattaforme. Nonostante le condizioni del servizio vietassero di pubblicare materiale esplicito, in pochi mesi la piattaforma è stata presa d’assalto da modelle di nudo e attrici che trovavano in OnlyFans alcune cose che l’industria pornografica non offriva: la sicurezza e la comodità di poter lavorare da casa, la possibilità di creare un’impresa autonoma e soprattutto un grande tornaconto economico, visto che OnlyFans tratteneva solo il 20 per cento delle transazioni tra i creatori e gli utenti. Questo perché l’azienda non dichiarava di offrire un servizio pornografico e così poteva aggirare le alte commissioni che le banche di solito impongono sulle transazioni finanziarie legate all’industria del sesso. Oggi OnlyFans ha due milioni di profili e 180 milioni di utenti, per un giro d’affari mensile di 200 milioni di euro. Hot money è una serie realizzata dal Financial Times che racconta l’oscuro rapporto tra il porno e la finanza.

Jonathan Zenti

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Questo articolo è uscito sul numero 1469 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati