Fino alla fine degli anni novanta la dimensione del corpo di una persona era considerata una manifestazione di uno stile di vita. Di “diete”, periodi temporanei durante i quali ridurre il proprio corpo a uno stato di denutrizione per alterarne il peso, si parlava solo nelle riviste. Nel 1997 un gruppo di medici statunitensi si è riunito per promuovere l’idea che il peso sia una condizione fisica influenzata dall’ambiente circostante e che l’essere grassi dipenda, come nei casi delle malattie, da fattori esterni. Tutte le grandi aziende che vendevano prodotti per il dimagrimento facile si sono fatte avanti per finanziare le loro ricerche e per realizzare campagne di sensibilizzazione. A distanza di venticinque anni però le evidenze scientifiche che dimostrano una correlazione tra obesità e malattia sono quasi nulle e ancora meno sono gli interventi di prevenzione e sanità pubblica, mentre la sanità privata spinge per interventi come la chirurgia bariatrica, invasiva per i pazienti ma molto redditizia per gli ospedali. Partendo dal libro Fat politics di J. Eric Oliver, Aubrey Gordon e Michael Hobbes spiegano come sono nati i pregiudizi contro le persone obese e, nonostante i punti dolorosi che attraversa la loro ricostruzione, riescono a divertirsi e anche a far divertire gli ascoltatori. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1501 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati