Il 25 novembre 2025, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la camera dei deputati italiana ha approvato il disegno di legge che introduce nel codice penale il reato di femminicidio, punendolo con l’ergastolo. Il disegno di legge, sostenuto dal governo di estrema destra guidato da Giorgia Meloni, era già stato approvato al senato.

Il testo del nuovo articolo 577 bis del codice penale prevede che “chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali è punito con la pena dell’ergastolo”. In presenza di circostanze attenuanti, le condanne saranno comprese tra i 15 e i 24 anni di reclusione. Finora la legislazione italiana prevedeva un’aggravante per gli omicidi che potevano rientrare nella definizione di femminicidio, cioè l’assassinio intenzionale di una donna per il fatto di essere donna (quello che la Spagna riconosce dal 2004 come omicidio per violenza di genere), ma il femminicidio non era considerato un crimine in sé, come invece sarà d’ora in poi.

La legge approvata prevede inoltre aggravanti e pene più severe per le molestie nei confronti delle donne, lo stalking o la diffusione senza il consenso di immagini intime come forma di vendetta (il cosiddetto revenge porn). La nuova legge risponde a una serie di casi di violenza di genere e omicidi di donne (spesso molto giovani) compiuti dai compagni o dagli ex compagni, che hanno avuto un grande impatto in Italia.

L’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha registrato nel 2024 un femminicidio ogni tre giorni. In Italia alcuni casi recenti hanno segnato una svolta nel dibattito pubblico e politico, suscitando una protesta sociale molto forte che ha alimentato la richiesta di una riforma concreta. Uno dei casi più noti è quello di Giulia Cecchettin, 23 anni, uccisa poco prima di laurearsi nel 2023 dal suo ex compagno e coetaneo (condannato all’ergastolo l’anno scorso).

La sua morte ha fatto da catalizzatore e aumentato la pressione sociale sulle istituzioni e i partiti. L’indignazione in tutto il paese ha trasformato in un tema centrale il dibattito sulla violenza di genere e sulle sue cause dovute alla cultura patriarcale.

Fattori culturali

Secondo Meloni la nuova legge, approvata con un’ampia maggioranza, rappresenta “un segnale importante di coesione della politica contro la barbarie della violenza contro le donne. (…). Abbiamo raddoppiato, rispetto al 2022, le risorse per i centri antiviolenza e le case rifugio, promosso il 1522, il numero gratuito antiviolenza e contro lo stalking, portato avanti innovative attività di educazione e sensibilizzazione”, ha sottolineato la presidente del consiglio, “sono passi concreti che ovviamente non bastano, ma dobbiamo continuare a fare ogni giorno di più per difendere la libertà e la dignità di ogni donna”.

La geografia dei reati
Percentuale per regione dei femminicidi, transcidi e lesbicidi, su un totale di 116 casi, 2024 (non una di meno)

L’opposizione di centrosinistra, pur appoggiando la legge in parlamento, ha criticato il governo accusandolo di concentrarsi unicamente sull’aspetto penale del problema, ignorando le cause profonde come i fattori economici e culturali.

Di recente in Italia si è intensificato anche il dibattito sull’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole per prevenire la violenza di genere. Per il momento il governo sta valutando la possibilità di vietare questo tipo di insegnamento nelle scuole primarie e prevede di richiedere il consenso esplicito dei genitori per qualsiasi lezione che affronti questi argomenti nelle scuole secondarie. La coalizione conservatrice ritiene che in questo modo sia possibile proteggere i minori da quello che definisce un “attivismo ideologico”. L’opposizione considera “medievale”questo modo di ragionare.

“L’Italia è uno dei sette paesi europei dove non è ancora obbligatoria l’educazione sessuale e affettiva in tutti i cicli scolastici. Noi vorremmo renderla obbligatoria”, ha dichiarato la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, aggiungendo che “la repressione non basta senza la prevenzione, che può iniziare solo a scuola”.

Politiche di prevenzione

La legge ha immediatamente innescato un dibattito tra giuristi, magistrati, avvocati, movimenti femministi e associazioni che si occupano di lotta alla violenza sulle donne. La questione è complessa. I settori più critici sollevano due questioni principali: da un lato ritengono che il disegno di legge approvato sia superfluo, dall’altro ne mettono in dubbio l’efficacia. Alcuni esperti avvertono che considerare il femminicidio come reato autonomo non garantisce una riduzione reale di questi delitti, mentre c’è chi sottolinea il rischio che si riduca a un gesto simbolico e che si cerchi di risolvere solo attraverso il diritto penale (concentrato sulla sanzione) un problema con radici profonde, culturali e sociali. Per questo molti chiedono politiche di prevenzione che tengano conto dell’insieme di comportamenti sociali, politici e istituzionali che giustificano o favoriscono la violenza maschile contro le donne.

Chi sostiene la legge invece ritiene che il reato di femminicidio consentirà agli organismi pubblici di agire con più precisione ed efficacia, contribuendo a evidenziare la dimensione strutturale della violenza di genere e permettendo di innescare cambiamenti sociali, culturali e istituzionali per superare i numerosi fattori che ancora favoriscono la violenza contro le donne. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1643 di Internazionale, a pagina 39. Compra questo numero | Abbonati