La bomba esplosa il pomeriggio del 13 novembre in viale İstiklal, a Istanbul, ha causato la morte di sei persone. Altre 81 sono state ferite, alcune in modo grave. Il ministro dell’interno Süleyman Soylu ha annunciato l’arresto di una donna che, dopo essere rimasta seduta su una panchina nel luogo in cui poi è avvenuta l’esplosione, avrebbe depositato un pacchetto e si sarebbe allontanata rapidamente. La donna, una cittadina siriana chiamata Ahlam Albashir, avrebbe agito per conto del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e delle Unità di protezione popolare (Ypg) e sarebbe entrata in Turchia attraverso la regione di Afrin. Soylu ha accusato gli Stati Uniti di essere responsabili dell’attacco a causa del loro sostegno alle Ypg in Siria.

Pochi minuti dopo l’esplosione i social network sono stati invasi dalle immagini dell’attentato, che mostravano i movimenti circospetti di una donna che lascia un pacchetto sulla panchina poco prima dell’esplosione, i corpi senza vita e i feriti coperti di sangue. Il governo ha reagito ordinando un oscuramento dell’informazione senza precedenti in Turchia: i server dei social network sono stati bloccati e la rete internet è stata rallentata. Chi ne aveva la possibilità ha seguito gli sviluppi attraverso le fonti straniere.

Sono anni ormai che non cerco più di capire il movente degli attacchi terroristici. I criminali che uccidono innocenti alle fermate degli autobus, nei mercati, alle manifestazioni pacifiche, agli eventi sportivi, nelle scuole e nei luoghi di culto sostengono sempre di avere delle ragioni. Nessuna è valida. Ma vorrei fare una domanda: qual è stata la prima cosa che vi è venuta in mente quando avete saputo dell’attacco, oltre alla rabbia e alla paura? Intendo, oltre a chiedervi chi fosse il responsabile? Qualcuno avrà pensato subito a organizzazioni come il Pkk, Al Qaeda e il gruppo Stato islamico (Is), che in passato hanno compiuto atti di terrorismo simili a questo. L’attacco del 19 marzo 2016, sempre in viale İstiklal, era opera dell’Is. Cinque persone compreso il kamikaze persero la vita. A parte la questione del responsabile, la prima cosa che sarà venuta in mente alla maggior parte di voi è la paura di una nuova ondata di attentati in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari che si svolgeranno a giugno del 2023.

La tregua infranta

Quello che è successo prima delle elezioni del 2015, in particolare quelle del 1 novembre, è ancora fresco nella memoria. Durante i negoziati di pace con il Pkk, avviati dal presidente Recep Tayyip Erdoğan quando era primo ministro, sembrava che gli spargimenti di sangue fossero finiti. Alle elezioni del 7 giugno 2015 il partito di Erdoğan, l’Akp, perse la maggioranza in parlamento, il partito filocurdo Hdp entrò in parlamento per la prima volta e Devlet Bahçeli, leader del partito ultranazionalista Mhp, chiese di ripetere le elezioni. Già prima dell’11 luglio, quando fu annunciata la fine dei colloqui con il Pkk, era chiaro in che direzione andavano le cose: l’intensificarsi degli attacchi terroristici era accompagnata da misure sempre più rigide di lotta al terrorismo.

Il 10 ottobre 2015 alla stazione di Ankara l’Is realizzò l’attentato più sanguinoso della storia turca. In questo clima, alla ripetizione delle elezioni il primo novembre 2015 l’Akp riconquistò la maggioranza parlamentare. Fu allora che Erdoğan cominciò a collaborare con l’Mhp per passare al sistema presidenziale, che ha sottratto i governi alla prova del voto di fiducia in parlamento. Gli attacchi del Pkk e dell’Is sono continuati fino al 15 luglio 2016, la notte del tentato colpo di stato da parte dei seguaci di Fetullah Gülen. Il referendum del 2017 sul passaggio al sistema presidenziale e le elezioni politiche del 2018 si sono svolte nel clima di tensione creato dal tentato colpo di stato. Alle elezioni amministrative del 2019 invece, quando quelle minacce erano state scongiurate e l’economia era diventata il problema principale, l’Akp ha perso diverse città importanti, tra cui Istanbul e Ankara.

Si parla spesso dell’equilibrio tra sicurezza e libertà, ma nel mezzo c’è la situazione economica. Più le persone si sentono al sicuro, più le preoccupazioni per il sostentamento e la libertà assumono importanza: sono le leggi della natura e della società. Quando le preoccupazioni per la sicurezza e la sussistenza diminuiscono, acquistano importanza le richieste di diritti e libertà. Ma quando le preoccupazioni per la sicurezza aumentano, le richieste per i diritti e le libertà sono le prime a essere messe da parte. Se crescono ulteriormente, anche il problema della sussistenza passa in secondo piano.

Oggi per gran parte degli elettori le priorità sono i problemi economici e le richieste di giustizia indipendente, diritto all’istruzione e libertà di espressione. Trascinare nuovamente l’elettorato nella paura per la sicurezza è nell’interesse di chi vuole portare avanti l’erosione dello stato di diritto laico e sociale e la democrazia pluralista in Turchia. Dopo aver annunciato che nel paese era rimasto solo un pugno di terroristi, il ministro dell’interno ha affermato che una donna vestita quasi come una guerrigliera ha potuto realizzare un attentato sanguinoso nel cuore di Istanbul, dove centinaia di poliziotti sono continuamente in servizio. Il compito del governo non è diffondere la paura del terrorismo nel cuore dei cittadini, ma fare in modo che la campagna elettorale non sia dominata dalle preoccupazioni per la sicurezza, e che i cittadini possano fare le loro scelte in libertà e tranquillità. Ora purtroppo a queste preoccupazioni bisogna aggiungere quella che prima e durante le elezioni il governo possa limitare la libertà d’informazione. ◆ ga

Murat Yetkin è stato direttore del quotidiano turco Hürriyet fino al 2018, quandoil giornale è stato acquistato da un imprenditore vicino al presidente Recep Tayyip Erdoğan. In seguito ha fondato il blog Yetkin Report.

Da sapere
Nessuna rivendicazione

◆ Finora nessuna organizzazione ha rivendicato l’attentato del 13 novembre 2022 a Istanbul.
Il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e le Unità di protezione popolare (Ypg), indicate dal ministero dell’interno come i colpevoli, hanno negato qualunque coinvolgimento. Il ministero della giustizia ha reso noto di aver arrestato cinquanta persone, tra cui la presunta autrice dell’attentato. La donna, chiamata Ahlam Albashir, avrebbe ammesso di essere stata addestrata in Siria da militanti curdi. Bbc


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Questo articolo è uscito sul numero 1487 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati