Il fantasy è stato il mio primo amore, e anche oggi, ogni volta che torno a quel genere, mi travolge l’euforia di quelle prime letture. L’esordio dello scrittore canadese Scott Alexander Howard è convincente. Ambientato in una valle, il romanzo vede la sedicenne Odile prepararsi all’apprendistato in un mondo ripiegato sul presente, in cui l’obiettivo di tutti sembra essere preservare l’esistenza della comunità senza deviarla dal corso del suo destino. In particolare è lo scopo del Consiglio che governa le visite dall’est e verso l’ovest, rispettivamente venti anni avanti e indietro rispetto al tempo in cui vive la protagonista. In entrambe le direzioni si replica una valle identica alla sua, due decenni nel futuro o nel passato, all’infinito. La morte di una persona amata è l’unico motivo per cui è ammesso sconfinare. La visita di una versione invecchiata dei genitori di Edme, compagno di scuola e primo amore di Odile, fa vacillare il presente, e s’insinua nella vita un sospetto dal futuro, ovvero che Edme stia per morire. Howard costruisce un mondo fantastico che sembra eterno, in cui fato e libero arbitrio mantengono un ordine precario. Soprattutto, il suo è un romanzo sullo scorrere inevitabile del tempo e sulla capacità umana di reagire in maniera viva e feroce a ciò che, scorrendo, può far sbiadire. L’ottima traduzione è di Veronica La Peccerella: che bello leggerlo sulla copertina. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1566 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati