Scienza

Proteggere i ponti

Monitorare lo stato di salute dei ponti grazie alle persone che li attraversano: il metodo, basato sulla raccolta dei dati del gps e dell’accelerometro presenti sugli smartphone, è stato sperimentato negli Stati Uniti e in Italia. I ricercatori hanno analizzato le informazioni relative a un centinaio di attraversamenti del Golden gate bridge a San Francisco, in California, oltre a quelle raccolte dai conducenti di Uber, e di 250 attraversamenti di un viadotto a Ciampino, vicino a Roma. È emerso, scrive Communications Engineering, che i telefoni acquisivano informazioni utili sulle vibrazioni dei ponti, paragonabili a quelle ottenute dai sensori fissi, che però sono decisamente più costosi. Reti di crowd­sourcing comprese nei piani di manutenzione potrebbero quindi aiutare a diagnosticare problemi strutturali e a prevedere rischi di crollo, prolungando la vita dei ponti fino a quindici anni.

Un nuovo studio conferma che la psilocibina, una sostanza psicoattiva che in natura si trova in alcuni funghi, potrebbe essere utile nel trattamento della depressione. La ricerca, promossa da un’azienda che produce psilocibina sintetica, ha sperimentato la sostanza su più di duecento adulti che avevano provato inutilmente altri trattamenti. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: il primo ha ricevuto sotto supervisione medica una dose da 25 milligrammi, il secondo una da dieci e il terzo una dose da un milligrammo. I volontari hanno ricevuto anche un supporto psicologico nei giorni successivi al trattamento. Dopo tre settimane nel gruppo con la dose più alta è stato osservato un netto miglioramento dei sintomi, che però non era stabile nel tempo, contrariamente a quanto emerso in altri studi. Alcuni medici hanno inoltre sollevato dubbi sull’uso della psilocibina di sintesi, mettendo in discussione l’opportunità di brevettare una sostanza presente in natura. Inoltre, alcuni pazienti hanno manifestato propositi autolesivi o suicidari durante l’assunzione della sostanza, ma potrebbero essere legati alla depressione e non al trattamento. ◆

Quasi invincibile

La zanzara Anopheles stephensi, prevalente in Asia meridionale, potrebbe essere responsabile degli ultimi focolai di malaria in Africa orientale. A Dire Daua, in Etiopia, i casi della malattia sono passati da 205 a 2.400 nel giro di due anni. La maggior parte delle persone infettate vive in aree in cui la zanzara è presente, scrive Nature. La specie, resistente a molti insetticidi, si riproduce nei depositi d’acqua, in particolare barili e pozzi, diffusi in molte località africane. Inoltre, predilige gli ambienti esterni a quelli interni, rendendo inefficace l’uso delle zanzariere.

Venti milioni di vittime

Bilancio delle vittime del covid-19 nel mondo (Fonte: The Economist)

Secondo una stima dell’Economist, il covid-19 avrebbe causato finora la morte di 19,8 milioni di persone nel mondo. La cifra ufficiale di 6,6 milioni di vittime è considerata infatti molto più bassa di quella reale, anche per la mancanza di dati in alcuni paesi, soprattutto quelli a basso reddito. Il modello per stimare le vittime della pandemia messo a punto dalla rivista britannica è basato sulle cosiddette morti in eccesso: la differenza tra le persone decedute per qualsiasi ragione in una determinata regione tra gennaio 2020 e ottobre 2022 e il dato previsto se non ci fosse stata la pandemia. Secondo l’Economist, c’è il 95 per cento di probabilità che il dato reale sia compreso tra 16,3 e 28,3 milioni di vittime.

Fusione di popolazioni

L’analisi del dna ha permesso di ricostruire alcuni aspetti della popolazione del Madagascar. Come si pensava, i primi abitanti erano di origine asiatica: poche centinaia d’individui senza contatti con l’esterno. Poi circa mille anni fa arrivarono sull’isola piccoli gruppi provenienti dall’Africa continentale. L’esplosione demografica seguita alla fusione delle due popolazioni ha causato trasformazioni ambientali e la scomparsa di alcune specie di vertebrati, scrive Current Biology.

International Gemini Ob./NoirLab/Nsf/Aura

Astronomia Analizzando i dati della sonda Gaia è stato scoperto il buco nero più vicino alla Terra (nel disegno). Il corpo celeste, chiamato Gaia bh1, si trova a 1.560 anni luce dal nostro pianeta e ha una massa pari a circa dieci volte quella solare. È legato a una stella simile al nostro Sole. Probabilmente ci sono buchi neri più vicini, ma difficili da osservare, scrive Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Salute Secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal, il virus del vaiolo delle scimmie può essere trasmesso già quattro giorni prima di manifestare i sintomi della malattia. Circa la metà dei casi registrati quest’anno nel Regno Unito sarebbe legata a questo meccanismo. Conoscere la dinamica della diffusione del virus può essere utile a contenere l’infezione, che appare in calo.

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1486 - 11 novembre 2022
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