Le elezioni dell’11 settembre hanno rappresentato la svolta più netta nella storia recente della Svezia. I socialdemocratici hanno perso il governo e per la prima volta i Democratici svedesi (Sd, estrema destra) hanno ottenuto un reale potere politico. Il paese dove sono cresciuta ormai è solo un ricordo. È stato distrutto da una coalizione formata da conservatori senza spina dorsale e liberali opportunisti e dominata da estremisti di destra. E i socialdemocratici, che hanno ideato e costruito lo stato sociale svedese, non hanno idea di come cambiare questo stato di cose.

L’Sd non fa parte del nuovo governo guidato dal leader dei Moderati Ulf Kristersson, ma avrà un’influenza decisiva sulle scelte del governo, che dipende dal suo appoggio esterno. È una prospettiva allarmante. L’Sd è stato fondato negli anni ottanta da dei neonazisti e i suoi attuali dirigenti, compreso il leader Jimmie Åkesson, sono entrati a farne parte negli anni novanta, nella sua fase più estremista. Alle ultime elezioni è diventato il secondo partito del paese. Ma se si ritrova in questa posizione di forza non è perché ha guadagnato molti elettori, ma perché i partiti di centrodestra, che finora si erano impegnati a tenerlo lontano dal potere, hanno cambiato idea.

Il programma della coalizione di governo dimostra chiaramente che è l’Sd a dominare la politica svedese. Il ministero dell’ambiente è stato abolito e le sue competenze sono state assegnate a quello dell’impresa e dell’innovazione. Per abbassare i prezzi il governo vuole ridurre la percentuale di biocarburante da aggiungere ai combustibili, il che renderebbe impossibile rispettare l’obiettivo di ridurre le emissioni dei mezzi di trasporto del 70 per cento entro il 2030.

Il programma prevede inoltre una drastica riduzione del numero di richiedenti asilo da accogliere, l’abolizione del sistema di permessi di soggiorno permanenti e un piano per “incoraggiare” chi “non si è integrato” ad andarsene. Propone anche requisiti più rigidi per ottenere la cittadinanza svedese e limiti al diritto al ricongiungimento familiare. Gli aiuti internazionali saranno tagliati, e le persone che non parlano svedese potrebbero non avere più diritto a un interprete quando si rivolgono al sistema sanitario. C’è anche una clausola minacciosa che parla di espellere gli immigrati per “scarsa moralità”, una proposta che suona fascista e darebbe alla politica la possibilità di stabilire come devono comportarsi gli svedesi che non hanno gli occhi azzurri.

Paradiso per ricchi

Negli ultimi decenni la Svezia ha attraversato grandi cambiamenti demografici dovuti all’arrivo dei rifugiati, che hanno favorito l’Sd. Sia i conservatori sia i socialdemocratici hanno accettato l’idea che l’origine etnica, e non la classe sociale o il fallimento delle politiche d’integrazione, sia il principale motivo dell’aumento delle violenze legate alle bande criminali e di altri problemi. Questa miope attenzione per il crimine e l’immigrazione ha oscurato altri cambiamenti importanti nella società svedese.

In quello che era uno dei paesi più equi al mondo, la disuguaglianza è cresciuta a una velocità allarmante. Le tasse sull’eredità, sulle donazioni e sugli immobili sono state eliminate, in parte da governi socialdemocratici. Le imposte sul capitale sono più basse che nel Regno Unito o negli Stati Uniti. La Svezia è un paradiso fiscale per i ricchi, paragonabile al Lussemburgo.

Mentre la parte del patrimonio nazionale posseduta dai miliardari è raddoppiata dal 2016, quella della metà più povera della popolazione è crollata. Le privatizzazioni neoliberiste sono arrivate alle radici della società svedese. Il sistema dell’istruzione è stato deregolamentato al punto che non è più sottoposto al controllo democratico. I socialdemocratici hanno abolito il sistema scolastico statale negli anni novanta, affidando gli istituti alle amministrazioni locali e autorizzandone la privatizzazione.

Il risultato è che oggi grandi aziende controllano gran parte del “mercato” svedese dell’istruzione, realizzando enormi profitti grazie alla riduzione del numero di insegnanti. Il sistema scolastico era uno dei pilastri delle politiche per l’uguaglianza, mentre ora favorisce la segregazione.

L’attività delle lobby è poco regolamentata, e questo favorisce la corruzione nella zona grigia tra la politica e le aziende dei servizi pubblici. Non è un caso che il valore di queste ultime sia aumentato dopo la nomina della nuova ministra dell’istruzione Lotta Edholm, che viene dal consiglio d’amministrazione di una delle grandi aziende scolastiche e in precedenza lavorava in una società di lobbying.

Gli stessi errori

La Svezia è più divisa e segregata di quanto si pensi all’estero, e soffre di una grave carenza d’investimenti nei servizi sociali e nell’assistenza agli anziani, per non parlare dell’edilizia popolare. Le spaventose differenze di reddito minano la fiducia e la coesione sociale.

I socialdemocratici hanno governato il paese negli ultimi otto anni, ma da una posizione di debolezza in parlamento e senza un programma progressista. L’unica prospettiva di cambiamento è stata offerta dall’Sd, che ha fatto leva sia sul razzismo sia sulle giustificate preoccupazioni per l’arretramento so­ciale.

Come il resto d’Europa, la Svezia ha di fronte un inverno difficile. L’inflazione è alle stelle e la povertà aumenta. Queste condizioni dovrebbero favorire le idee della sinistra, perché il liberismo di mercato non ha una risposta alle sfide di oggi, come la crisi economica e climatica e le conseguenze della guerra in Ucraina. Ma i socialdemocratici sembrano destinati a ripetere gli errori fatti in campagna elettorale: accettare la limitazione dei diritti degli immigrati e la repressione sostenute dall’estrema destra, invece di formulare un’alternativa progressista.

A livello internazionale la Svezia è spesso celebrata come un modello di socialdemocrazia, aperta e progressista. Ma ormai da tempo la verità è molto più cupa e complessa. Ora le cose stanno per peggiorare ulteriormente. Il nuovo governo trasformerà profondamente il paese, rendendolo più repressivo e autoritario. Il futuro è ancora incerto, ma è già chiaro che l’anacronistica idea dell’eccezione svedese è stata distrutta. ◆ gac

Karin Pettersson è responsabile della sezione cultura del quotidiano progressista svedese Aftonbladet.

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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati