“Non sarò interrotta! Non tollererò l’interruzione di un cittadino che viene qui e non sa ascoltare la voce di una donna eletta democraticamente!”. È l’8 marzo 2018 all’assemblea municipale di Rio de Janeiro. Marielle Franco, consigliera comunale, esponente del Partito socialismo e libertà (Psol) e militante femminista di primo piano, pronuncia un discorso sul ruolo politico delle donne. Insiste sulla parola “eletta” (eleita in portoghese) scandendo le sillabe. Un anno e mezzo dopo la destituzione della presidente Dilma Rousseff (Partito dei lavoratori) e mentre gli attacchi contro la democrazia brasiliana si moltiplicano, Franco riafferma la sua legittimità davanti all’assemblea. Sorridente, con lo sguardo fiero, si rivolge a un uomo che, in fondo alla sala, manifesta il suo disaccordo: “Ci sono ancora uomini che si rivolgono alle donne nere parlando dei loro corpi come se fossimo all’epoca della schiavitù. Ma caro mio, quei tempi sono finiti! Siamo in un processo democratico, e ormai dovrai avere a che fare con donne nere, trans, lesbiche, ovunque”.
Sei giorni dopo questo discorso, il 14 marzo 2018 verso le 21.30, Marielle Franco, 38 anni, è uccisa per le strade di Rio de Janeiro. Il suo corpo e quello del suo autista, Anderson Gomes, sono ritrovati crivellati di colpi in macchina. Nei giorni successivi, in Brasile e in tutto il mondo, un’ondata di mobilitazioni travolge i centri delle città. Un movimento che non si è indebolito. Oggi la lotta per ottenere verità e giustizia per Marielle Franco continua a coinvolgere gran parte del movimento sociale brasiliano; il suo nome è diventato un simbolo per tutte e tutti coloro che cercano di resistere al governo di Jair Bolsonaro, presidente del Brasile dal 1 gennaio 2019, e alla sua politica suprematista.
Effetto opposto
Impegnata nella difesa dei più vulnerabili, Franco aveva messo al centro del suo mandato l’azione in favore delle favelas, la lotta per la giustizia sociale, la denuncia delle violenze di stato, razziali e di genere, così come la difesa dei diritti lgbt. Al consiglio comunale aveva presentato un progetto di legge che obbligava la città a raccogliere i dati sulle violenze contro le donne. Inoltre denunciava regolarmente le violenze della polizia e gli omicidi commessi dalla polizia militare nei quartieri poveri.
Se l’omicidio aveva l’obiettivo d’instaurare la paura e la paralisi, ha avuto l’effetto opposto: oggi Marielle Franco ispira una generazione di donne nere che hanno deciso, seguendo il suo esempio, di occupare gli spazi istituzionali e politici che finora gli erano negati. “Con la morte di Marielle ci siamo rese conto che, anche se eravamo state elette, potevamo essere uccise, e questo è stato uno shock”, riflette Carolina Iara, studente nera eletta a novembre del 2020 nel consiglio comunale di São Paulo. Iara, che si definisce travestita, è intersessuale, sieropositiva e fa parte del mandato collettivo (una forma di esercizio di incarico elettivo legislativo nel quale il rappresentante s’impegna a condividere il potere con un gruppo di cittadini) Bancada feminista, il gruppo femminista in parlamento. La incontriamo all’assemblea municipale, è seduta nella tribuna circondata dalle altre esponenti del mandato collettivo. È letteralmente attorniata dai fondatori della città, rappresentati negli immensi quadri appesi alle pareti, sui quali non figurano né neri né donne. “Dobbiamo mobilitarci, occupare lo spazio istituzionale ed essere noi stesse le protagoniste di questo movimento. Ucciderne una forse è possibile, ma migliaia no”.
Nera, bisessuale, madre e proveniente da una favela, Franco incarnava diverse identità oppresse del Brasile. Molte sono le donne che, ancora oggi, si riconoscono in lei: non solo quelle che prendono il suo testimone impegnandosi nella politica istituzionale, ma anche “la donna che vende le frittelle per strada”, sottolinea sua sorella, Anielle Franco. L’uccisione della giovane consigliera comunale s’inserisce in una realtà strutturale e storica del Brasile in cui un giovane nero, uomo o donna, muore ogni ventitré minuti, secondo i dati dell’Onu. Una violenza che si è aggravata con l’arrivo al potere del presidente di estrema destra Jair Bolsonaro. Secondo il barometro annuale 2019 della Coalizione solidarietà Brasile – che raggruppa associazioni di solidarietà internazionale – su seimila persone uccise dalla polizia, quasi l’80 per cento sono nere. Gli omicidi per transfobia sono aumentati di quasi il 50 per cento nel primo trimestre del 2020. E quasi il 70 per cento delle vittime delle violenze di genere sono donne nere. La morte di Franco ricorda anche il “passato irrisolto del Brasile, un paese forgiato nella più grande violenza, come quella del genocidio dei popoli autoctoni, della schiavitù, delle dittature e dei colpi di stato”, sottolineava la scorsa primavera su Twitter la vedova di Marielle Franco, Mônica Benício, eletta nel comune di Rio.
Nella capitale economica brasiliana Paula Nunes, anche lei esponente della Bancada feminista, ricorda la mobilitazione in piazza delle donne nere del Psol all’indomani della morte di Franco: “Abbiamo fatto un patto: ci siamo promesse che Marielle era un seme di cui noi saremmo stati i frutti. Volendo metterla a tacere, hanno risvegliato migliaia di altre voci in tutto il paese”. Per la militante afrofemminista questo è stato anche un momento di rottura: “Dopo aver lottato a lungo nei movimenti sociali, ho capito che anch’io dovevo ricoprire dei ruoli istituzionali, cosa che ci è stata sempre negata. La morte di Marielle è stato questo: l’hanno uccisa per impedirle di fare il suo lavoro”. Prima deputata nera e trans al mondo, Erica Malunguinho è stata eletta all’assemblea legislativa dello stato di São Paulo il 7 ottobre 2018. Artista, militante impegnata nel movimento nero, si distingue in questa istituzione molto bianca ed eteronormata. Il suo studio è accanto a quello di ferventi sostenitori di Bolsonaro, sulle cui porte è affisso il motto del partito presidenziale Alleanza per il Brasile: “Dio, patria, famiglia”. Malunguinho non si fa intimidire, ci riceve davanti a tutti, al centro dell’assemblea vuota, seduta su una poltrona di cuoio. “Non hanno ucciso solo Marielle, hanno anche cercato di distruggere una lotta politica. In quanto militanti nere in questo processo storico abbiamo la responsabilità di dare una continuità a questa lotta. C’è un cambiamento: alle ultime elezioni molte donne trans sono state elette in Brasile”, afferma.
Radici nella comunità
Alle elezioni municipali del novembre 2020, 3.521 donne nere hanno ottenuto un seggio, cioè il 22 per cento in più rispetto al precedente scrutinio, quattro anni prima. E anche se rappresentano solo il 6 per cento di tutte le persone elette, beneficiano spesso del sostegno popolare e hanno ottenuto percentuali molto alte. A Recife, Porto Alegre, Rio de Janeiro, Vitória o Belém le candidate nere sono state tra quelle che hanno ricevuto il maggior numero di voti. Nel sud del paese, nella città di São Paulo, Erika Hilton, nera e trans, è la candidata che ha avuto il maggior numero di voti al primo turno delle elezioni municipali del 15 novembre 2020. Secondo l’Antra (Associazione nazionale dei travestiti e transessuali), nel 2020 il numero di consigliere trans – trenta in tutto il paese – è aumentato del 275 per cento.
E mentre per la prima volta delle donne nere siedono nei consigli comunali, altre sono diventate prefette e altre ancora prendono la guida di gruppi parlamentari. In particolare nel Psol, con Talíria Petrone all’assemblea nazionale e Renata Souza all’assemblea legislativa dello stato di Rio de Janeiro. Mentre il governo brasiliano si ostina a minimizzare la pandemia di covid-19 ed è impantanato in una gestione catastrofica della crisi sanitaria, queste nuove deputate impongono un rapporto di forze politico, su scala locale e statale, in particolare per quanto riguarda le decisioni di sanità pubblica e le sfide legate alla vaccinazione. Sono anche molto impegnate nel sostegno alle famiglie che soffrono la fame, in una fase di impoverimento delle classi popolari.
Ora che le condanne di Lula sono state annullate e l’ex presidente è nuovamente eleggibile, l’orizzonte politico potrebbe aprirsi di nuovo a sinistra e diventare più favorevole a queste nuove elette. Tuttavia anche se la diversificazione della rappresentanza politica progredisce in modo significativo, rimane minoritaria a livello nazionale. “In Brasile non c’è ancora un vero cambiamento della rappresentanza, ma le cose vanno in quella direzione”, spiega Renata Souza, deputata dello stato di Rio de Janeiro, che lavora sotto lo sguardo della sua amica: le pareti del suo ufficio sono coperte di ritratti di Marielle Franco.
Per la sociologa brasiliana Ana Carolina Lourenço, queste nuove deputate s’inseriscono nel movimento delle donne nere che si è formato in Brasile negli anni ottanta e dal quale sono emerse intellettuali come Lélia Gonzalez, Sueli Carneiro e Beatriz Nascimento, che oggi sono dei punti di riferimento per la nuova generazione. Il movimento può essere capito solo se si considera il passato coloniale e schiavista del paese. “Questa storia spiega senza dubbio il modo in cui le donne nere brasiliane fanno politica: a partire dalle loro comunità e radicate nelle rivendicazioni dei più oppressi”, nota la sociologa. Uno degli ostacoli che queste deputate devono affrontare resta la cultura maggioritaria del loro schieramento politico – la sinistra – e la sua difficoltà a riconoscere la pertinenza delle categorie politiche di razza e genere. “Sono le donne nere a portare sulle spalle il resto della società, la sinistra deve capire il ruolo fondamentale che hanno il razzismo e il maschilismo nella riproduzione del modello neoliberista”, osserva Renata Souza. Per la deputata prendere in considerazione questa realtà “è la condizione indispensabile per avviare un cambiamento radicale della società”.
Erica Malunguinho si arrabbia quando la considerano di sinistra: “Credo che quello che qui oggi è definito come sinistra sia un’emanazione dello schieramento progressista occidentale proveniente dall’Europa. Nei dibattiti il prisma principale continua a essere quello della classe sociale, mentre in Brasile la classe è una conseguenza della distinzione razziale. Si potrà parlare di sinistra brasiliana solo quando si penserà al colore della pelle e al genere come elementi fondamentali. Se si vuole mettere fine alla povertà, se si pensa a una rivoluzione, allora bisogna parlare dell’appartenenza razziale perché la popolazione povera in Brasile ha un colore: è nera”.
Anche se l’omicidio di Franco ha favorito l’arrivo di una generazione di donne nere nelle istituzioni politiche, la violenza a cui sono esposte è sempre presente. Dalla loro elezione nel 2020, le nuove consigliere sono continuamente minacciate di morte sui social network o per posta. Nel novembre 2020 la polizia ha rivelato di aver sventato un attentato contro la consigliera Talíria Petrone, amica intima di Franco. Più di recente, nel gennaio 2021, dei colpi di pistola sono stati sparati davanti alle case di due consigliere municipali trans di São Paulo appena elette, Carolina Iara e Samara Sosthenes, per intimidirle.
Queste minacce non hanno impedito a Iara e Sosthenes di fare il loro lavoro, ma hanno avuto conseguenze significative sulla loro vita quotidiana. Benny Briolly, consigliera a Niterói, una città vicino a Rio, è tra le politiche minacciate di morte. Subito dopo la sua elezione, ha ricevuto diverse minacce tra cui questa email: “Ti ucciderò nello stesso modo in cui il mio gruppo ha ucciso Marielle”. Come altre, Briolly ha dovuto lasciare il suo appartamento, si sposta in una macchina blindata e non esce più senza guardia del corpo. Sulla porta del suo ufficio al comune di Niterói è affissa la targa “Rua Marielle Franco”, diventata il simbolo della lotta per la memoria della deputata uccisa. Pochi metri più in là un’altra porta, un altro consigliere municipale, un’altra atmosfera: messaggi di sostegno al presidente Bolsonaro e alla dittatura militare del passato. Le divisioni sono evidenti e la tensione cova. A proposito delle intimidazioni ricevute, Samara Sosthenes, nera, trans, esponente del Psol e rappresentante del mandato collettivo Quilombo Periférico al comune di São Paulo, dice: “Sapevo che mi sarei esposta a delle violenze accettando di far parte del mandato collettivo, ma non mi aspettavo che sarebbero arrivate così presto e in modo così brutale”.
Corpi vulnerabili
Quando le chiediamo se ha paura, la consigliera dello stato di São Paulo Erica Malunguinho risponde: “Sono nata morta! L’uccisione di Marielle ha dimostrato che i nostri corpi sono sempre vulnerabili. Il Brasile vende al mondo il libertinaggio, il carnevale e l’incrocio dei popoli, ma è una pentola a pressione. Ci sono la violenza razziale e di genere, la lotta per la terra, la violenza politica. Quando si va a dormire è spaventoso dirsi ‘sono sopravvissuta’, è come una zona di guerra”.
Per Erika Campelo, copresidente dell’associazione Altri Brasili in Francia, la violenza politica è la diretta conseguenza della violenza della schiavitù e della colonizzazione: “È un processo che ha prodotto al tempo stesso Marielle e la violenza che l’ha uccisa”. E questa lunga storia, come ricorda Malunguinho, ha le sue radici fuori dal Brasile. In visita in Francia poco prima di essere eletta, Malunguinho si è resa conto che i giornalisti francesi non fanno alcun collegamento tra la storia brasiliana e la propria. “Bolsonaro è il prodotto della politica coloniale che voi avete inventato. Quello che succede da noi non è casuale, è la conseguenza di un processo di assimilazione, di precarizzazione, che ci ha lasciato in questa condizione. L’Europa e gli Stati Uniti devono capire che sono corresponsabili della miseria e della violenza nel sud del mondo. La morte di Marielle è il frutto di tutto questo”.
◆ L’inchiesta sulla morte di Marielle Franco, consigliera comunale a Rio de Janeiro e attivista per i diritti umani e delle persone lgbt uccisa nella notte tra il 14 e il 15 marzo del 2018, è ancora in corso e restano da identificare i mandanti. Nel 2019, un anno dopo l’omicidio, la polizia ha arrestato i due presunti esecutori materiali, Ronnie Lessa ed Élcio Vieira de Queiroz, ex agenti della polizia militare. In carcere entrambi hanno mantenuto il silenzio. La famiglia di Franco non ha voluto che l’inchiesta, condotta dalle autorità di Rio de Janeiro, fosse gestita a livello federale, per timore di pressioni politiche a causa dei possibili legami tra i presunti assassini e la famiglia del presidente Jair Bolsonaro. Da anni Marielle Franco, nata e cresciuta in una favela a nord di Rio de Janeiro, denunciava le violenze e gli abusi commessi dalla polizia nelle zone più povere della città. Secondo l’organizzazione Fórum brasileiro de segurança pública, nel 2020 la polizia ha ucciso 6.416 persone in tutto il Brasile, di cui 1.245 nello stato di Rio de Janeiro, uno dei più violenti del paese. Il numero dei brasiliani neri uccisi dalla polizia è tre volte superiore a quello dei bianchi.
La Déferlante, Bbc
Soprattutto, sono in molte a dirlo, bisogna ricordarsi di Marielle Franco viva, renderle omaggio senza farne una martire. “L’eredità di Marielle viene dalle sue lotte, ci dà la forza per batterci, ma è chiaro che non si deve passare per la morte per essere riconosciute”, afferma Débora Dias, 22 anni. Questa ragazza originaria di una favela è stata di recente eletta al comune di São Paulo come esponente del mandato collettivo Quilombo Periférico. Per lei il suo impegno – come quello di Franco– è il proseguimento di una battaglia cominciata molto tempo fa: quella delle donne nere per una vita dignitosa. Ai suoi occhi questo impegno politico è fondamentale per cambiare radicalmente il Brasile: “Facendo politica a partire dalle nostre esperienze, si cambia strutturalmente questo paese”.
Alla fine del suo ultimo discorso, Marielle Franco rendeva omaggio alle donne del suo ufficio: “Riteniamo che il progetto politico in cui ogni donna ne aiuta un’altra ad avere una vita migliore debba essere realizzato. Questo potrà accadere solo se le donne che occupano posizioni di potere ne accoglieranno altre e gli faranno posto. Siamo diverse ma non disperse”.
Tre anni dopo, anche se le circostanze della sua morte non sono ancora state chiarite, l’eredità politica di Franco è viva, diversa ma non dispersa. A dispetto dei suoi assassini, Marielle Franco non è stata “interrotta”. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1425 di Internazionale, a pagina 52. Compra questo numero | Abbonati