All’apice della pandemia di covid-19 alcuni paesi dell’Unione europea, tra cui la Germania, erano pronti a tutto pur di ottenere mascherine e vaccini, anche a danno dei loro vicini. Ora che in tutto il continente scarseggiano alcuni farmaci, la tentazione dell’ognun per sé è tornata. La Germania si è detta pronta a pagare di più alcuni medicinali per evitare che le aziende li vendano altrove a un prezzo più alto. Un discorso simile è stato fatto dalla Grecia, che ha deciso di bloccare l’esportazione di alcuni prodotti. Anche la Romania ha fatto sapere che potrebbe vietare l’esportazione di certi farmaci generici.

La Commissione europea e l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) hanno cominciato a occuparsi della questione, ma la sanità è un tema di competenza nazionale e questo limita le possibilità d’intervento delle istituzioni comunitarie. “Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione”, ha assicurato la commissaria per la salute Stella Kyriakides.

Ora è possibile commercializzare farmaci anche se i foglietti illustrativi non sono tradotti nella lingua del paese in cui sono venduti, così da ridurre i vincoli sulle confezioni (che prima della guerra erano fatte per lo più in Ucraina). Inoltre si potrà autorizzare un medicinale che possiede gli stessi principi attivi di uno mancante, vendere pillole sfuse o sostituire prodotti da assumere per via orale con delle supposte. L’Ema vuole anche autorizzare rapidamente gli stabilimenti ad aumentare la produzione di antibiotici.

“Se necessario l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera, l’organo di crisi creato durante la pandemia) potrà comprare farmaci per conto degli stati” e creare riserve strategiche, ha aggiunto Kyriakides. Ma finché il problema sarà strutturale, sul lungo periodo queste misure non saranno sufficienti. “In Europa negli ultimi vent’anni le carenze di medicinali si sono moltiplicate per venti”, osserva l’eurodeputata francese Nathalie Colin-Oesterlé, del Partito popolare europeo.

Oggi quasi l’80 per cento dei princìpi attivi e il 40 per cento dei farmaci è prodotto fuori dall’Europa. Di conseguenza l’Unione dipende dagli altri paesi, che possono decidere di interrompere le loro esportazioni.

“Bisogna dare la precedenza alla sicurezza delle forniture rispetto alla questione dei prezzi”, dice Colin-Oesterlé. Finché gli europei compreranno ai prezzi più bassi possibili per ridurre le spese del sistema sanitario, produrre generici in Europa non sarà redditizio. Ma anche per i farmaci più recenti l’Europa sta diventando un mercato sempre meno interessante. “In dieci anni nell’Unione la percentuale degli investimenti in ricerca e sviluppo è calata dal 40 al 30 per cento, mentre in Cina è cresciuta dall’1 al 10 per cento e negli Stati Uniti dal 40 al 50 per cento”, osserva l’eurodeputata.

A marzo la Commissione europea dovrebbe presentare una revisione della sua strategia sui farmaci, che dovrebbe imporre l’obbligo di dichiarare le scorte di farmaci per anticipare possibili mancanze future. Inoltre i produttori dovranno avvisare per tempo prima di ritirare un medicinale dal mercato.

La futura legislazione dovrebbe anche incentivare le aziende a distribuire i farmaci autorizzati dall’Ema in tutta l’Unione europea, pena la perdita di alcune tutele. Oggi non è sempre così. “In Romania o in Bulgaria i produttori di antitumorali non vendono tutti i loro prodotti”, dice un alto funzionario europeo.

“È necessaria anche una strategia di rilocalizzazione dell’industria farmaceutica”, osserva l’eurodeputata Véronique Trillet-Lenoir, di Renew Europe. Non è chiaro se la Commissione europea vorrà impegnarsi fin da subito in questo senso o se invece preferirà un’iniziativa più ampia sulla competitività dell’industria europea.

Riforma degli aiuti di stato, creazione di un fondo sovrano europeo: le idee sono note, ma devono ancora essere formulate con precisione. Inoltre si dovrà decidere su quali farmaci puntare, perché i 27 paesi europei non sono ancora riusciti a mettersi d’accordo su un elenco di medicinali strategici.

Secondo Trillet-Lenoir bisogna anche riformare il processo di commercializzazione. Oggi le case “devono negoziare 27 volte l’autorizzazione e i prezzi dei farmaci nei singoli paesi, in modo non coordinato e poco trasparente”. Una situazione che secondo l’eurodeputata “mette gli stati in competizione tra loro”. ◆ adr

Da sapere
Una questione di prezzi

◆ La mancanza di farmaci ha cause diverse. La pandemia di covid-19 e la guerra in Ucraina hanno peggiorato problemi già esistenti, rallentando il commercio internazionale. La grande maggioranza dei princìpi attivi è infatti realizzata in India e in Cina, mentre l’alluminio, il cartone e il vetro delle confezioni sono spesso prodotti in Ucraina.

Negli Stati Uniti, la Food and drug administration (Fda) ha dichiarato che tra le cause della carenza ci sono “problemi di qualità della produzione” e difficoltà nella filiera di approvvigionamento, “soprattutto a causa della dipendenza dalla Cina per i princìpi attivi”.

In gran parte del mondo la produzione è stata esternalizzata e si concentra in pochi paesi. All’origine di questo fenomeno, spiega Bruno Bonnemain, vicepresidente dell’Accademia nazionale di farmacia francese, c’è l’arrivo dei generici una ventina d’anni fa, che ha ridotto i margini di guadagno sui vecchi medicinali. Questo ha spinto le aziende a delocalizzare la produzione in Asia per ridurre i costi.

Secondo Bonnemain servirebbe un elenco dei farmaci essenziali e regole specifiche per questa categoria. Dovrebbe essere possibile aumentare i prezzi in modo che le aziende abbiano interesse a continuare a produrre. Sarebbe utile fissare un prezzo medio europeo per evitare che i prodotti finiscano nei paesi che garantiscono più margine, e creare delle riserve europee, da cui i paesi possano attingere in caso di necessità. Si parla di far tornare le industrie in Europa, ma non si può pensare di produrre tutto in tutti i paesi, continua Bonnemain. Bisognerebbe distribuire la produzione, e per farlo ci vorranno anni. Ma se non si interviene, i problemi non faranno che aumentare. Le Monde


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Questo articolo è uscito sul numero 1498 di Internazionale, a pagina 52. Compra questo numero | Abbonati