30 giugno 2016 15:10

Nonostante avessero detto che un voto per la Brexit non “avrebbe avuto alcun impatto materiale sugli affari”, le azioni dell’International airlines group (Iag), l’azienda madre di British Airways, hanno perso un terzo del loro valore dal 24 giugno. Le azioni di EasyJet, la compagnia aerea low cost con sede a Londra che dipende in larga misura dai cieli aperti in Europa, hanno subito un crollo simile. Perfino compagnie aeree nel cuore stesso del progetto europeo sono in sofferenza: Lufthansa, la compagnia di bandiera tedesca, vale oggi il 17 per cento meno rispetto a prima del referendum.

Gli operatori di borsa sembrano convinti del fatto che il divorzio del Regno Unito dall’Europa sia una cattiva notizia per l’intero settore per svariate ragioni: dalle fosche previsioni economiche all’instabilità della valuta, dalle nuove restrizioni sugli spostamenti alla prospettiva di una disintegrazione completa dell’Unione europea.

La loro preoccupazione è comprensibile. A partire dagli anni novanta, la struttura liberalizzata dell’aviazione europea ha portato molti vantaggi alle compagnie aeree e ai passeggeri, incentivando la concorrenza, abbassando i prezzi e creando una nuova domanda. Potrà sembrare un cliché, ma la deregolamentazione dei cieli ha davvero determinato la democratizzazione del viaggio per gli europei.

Bottino dilapidato

Nessuno che prenoti un viaggio di sola andata da Londra a Budapest allo stesso prezzo di un pranzo da asporto (almeno prima che si aggiungano le tasse) può fare a meno di meravigliarsi dell’efficienza del mercato aereo del continente. I benefici sociali che si accompagnano a questa libertà di movimento sono profondi: vacanze a prezzi accessibili, opportunità economiche per le imprese e legami familiari arricchiti. Perciò è lecito preoccuparsi se molti esperti del settore, come il capo degli economisti di Ascend Flightglobal, Peter Morris, temono che il bottino sia stato dilapidato da chi ha votato a favore della Brexit. Morris scrive:

In un imminente divorzio [tra Gran Bretagna e Ue], naturalmente non ci troveremo più nel regno del senso comune, e non potremo dare per scontata la permanenza della stessa struttura. Tutto può accadere, dai visti di viaggio al ritorno ai negoziati bilaterali. Di una cosa siamo sicuri: le cose non andranno più così bene per le compagnie aeree con sede nel Regno Unito e per i suoi viaggiatori.

Secondo le previsioni dell’International air transport association (Iata), la principale associazione di categoria del settore, il numero dei passeggeri aerei britannici potrebbe calare del 3-5 per cento entro il 2020. Secondo le sue previsioni, le imprese britanniche freneranno sui viaggi d’affari e le famiglie britanniche rimanderanno le vacanze in previsione dell’imminente tempesta economica. Il deprezzamento della sterlina, che renderà i viaggi all’estero molto più dispendiosi, aggraverà i danni (è improbabile che le perdite siano bilanciate dal concomitante aumento di turisti in un Regno Unito a prezzi scontati; attualmente i britannici coprono i due terzi del traffico negli aeroporti nazionali).

Nel lungo periodo, molto dipenderà dai negoziati per determinare i nuovi rapporti del paese con l’Unione europea. In questo caso, come nel più ampio dibattito economico e politico, le previsioni appartengono più al regno dell’arte che della scienza, offuscate da variabili sconosciute e pregiudizi politici radicati. Secondo lo scenario meno doloroso, il Regno Unito resterebbe nel mercato interno del trasporto aereo, che offre alle compagnie aeree un accesso illimitato agli aeroporti europei.

Mettere a rischio in questo modo i benefici dimostrati della liberalizzazione sembra irrazionale

Questo potrebbe in effetti rendere l’aviazione immune alla Brexit. Tuttavia, il percorso più probabile verso questo obiettivo, ossia l’ingresso nello spazio aereo comune europeo (Ecaa), deve andare di pari passo con un’adesione più ampia al Sea (Spazio economico europeo). In entrambi i casi, iscriversi al club significa delegare parte del processo decisionale a Bruxelles. Per l’Ecaa, le leggi sull’aviazione britannica dovrebbero adeguarsi agli standard europei in ambiti come le norme di sicurezza, gli obiettivi ambientali e le norme sulla concorrenza. Chi ha votato per la Brexit potrebbe considerarlo come il primo accenno del rinfocolarsi di un rapporto con Bruxelles.

Londra non può imporsi con la forza nel mercato interno del trasporto aereo, dunque dovrà ricavarsi un accordo di cooperazione o un tradizionale trattato bilaterale. Questo concederebbe al Regno Unito un controllo maggiore sulle politiche, ma la contropartita potrebbe essere un accesso ridotto al mercato aereo. I viaggi tra Regno Unito ed Europa potrebbero diventare più difficili e costosi.

Mettere a rischio in questo modo i benefici dimostrati della liberalizzazione sembra irrazionale. Per mantenerli, però, occorrerà vedere quale sarà il tono e la correttezza delle procedure di divorzio con Bruxelles, nell’ambito delle quali l’aviazione sarà solo una delle note dolenti. Inoltre, il Regno Unito non arriverà al tavolo dei negoziati a mani vuote. Londra è la capitale finanziaria d’Europa (almeno per il momento) e la più popolare tra le mete turistiche del continente. Inoltre, Heathrow è il più grande snodo aeroportuale del continente.

Acredine e pragmatismo

Qualsiasi cosa possa danneggiare la domanda da Londra verso l’estero diminuirà in uguale misura la sua capacità ricettiva. Un afflusso ridotto si traduce in tariffe aeree più alte per tutti. Tenuto conto del fatto che gli europei continueranno di sicuro a visitare e a fare affari con il Regno Unito, danneggiare sul piano internazionale l’aviazione britannica sarebbe un autogol per Bruxelles. Come riassume Ernest Arvai, analista di Air Insight:

Non pensiamo che Londra possa diventare una destinazione che nessuno vuole visitare… L’aeroporto londinese di Heathrow non perderà traffico e avrà comunque bisogno di una terza pista per il previsto aumento di traffico. Londra resterà un importante centro economico, nonché il collegamento naturale tra l’America settentrionale anglofona e l’Europa da un punto di vista economico. La statura del Regno Unito nel mondo non dipende dalla sua appartenenza all’Unione europea…L’aviazione se la caverà, grazie.

Mentre assistiamo al prevalere dell’acredine su entrambe le sponde della Manica, si spera che questo pragmatismo possa davvero trionfare.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo di M. R. è uscito sul blog Gulliver del settimanale britannico The Economist.

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