24 aprile 2018 16:36

Secondo l’articolo 253 del codice di procedura penale, i corpi di reato sono “le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo”. È a partire da questa definizione che si sviluppa Corpi di reato. Un’archeologia visiva dei fenomeni mafiosi nell’Italia contemporanea, il progetto artistico di Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco e Fabio Severo.

I tre fotografi hanno percorso l’Italia alla ricerca dei segni e degli oggetti che, dietro un’apparente normalità, rivelano il passaggio e l’attività di organizzazioni mafiose. Opere d’arte danneggiate dall’esplosione di ordigni, lettere minatorie, i resti dell’automobile su cui viaggiava Giovanni Falcone insieme alla moglie e alla sua scorta durante la strage di Capaci.

Attraverso una ricostruzione accurata, l’indagine offre una prospettiva sulle mafie lontana dalle immagini di cronaca, capace di creare un archivio visivo nuovo del fenomeno. La mostra, curata da Matteo Balduzzi, sarà inaugurata al museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo il 24 aprile a andrà avanti fino al 10 giugno 2018.

I giocatori di carte, Galleria degli Uffizi, Firenze, 2010. I giocatori di carte è un dipinto del pittore italiano seicentesco Bartolomeo Manfredi. Nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993 l’opera è stata gravemente danneggiata dall’esplosione di 277 chili di tritolo nascosti in un furgone parcheggiato in via dei Georgofili, sotto una delle torri del museo. L’attentato agli Uffizi, che ha causato cinque morti e 38 feriti, è uno dei più drammatici eventi della “stagione stragista” dei primi anni novanta, quando Cosa nostra ha colpito diverse figure simbolo dell’antimafia e il patrimonio artistico e culturale nazionale con l’obiettivo di minare la credibilità e la forza delle istituzioni e costringere il governo a una trattativa. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Boa constrictor, Pignataro Maggiore, Caserta, 2015. Esemplare di boa constrictor di 18 anni, usato per un’intimidazione di stampo mafioso. È stato ritrovato nel 2014 a Villa Literno sul sedile posteriore di un’automobile, con il finestrino sfondato. Il proprietario, che ha chiesto di rimanere anonimo, da tempo subiva minacce di camorra. Il serpente è stato affidato a Dog’s town, una struttura a Pignataro Maggiore che si occupa di animali sottoposti a sequestro giudiziario. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Veduta di Corleone, Palermo, 2012. Roccaforte del clan dei corleonesi, artefice negli anni ottanta e novanta della più sanguinosa offensiva mafiosa contro lo stato italiano. In un’audizione del dicembre del 1992, così il pentito Leonardo Messina descrive l’ascesa dei corleonesi: “Loro si sono impadroniti di questo sistema perché sono arrivati in alcuni posti un po’ a gomitate. Quando sono arrivati al potere piano piano hanno ucciso tutti. Il problema di questi uomini è che hanno fatto uccidere tutti, magari da noi stessi: chi ha ucciso il fratello, chi il cognato, chi il cugino, perché pensava di prenderne il posto. Invece, pian piano quelli si sono impadroniti del sistema. Le strutture ci sono sempre ma al potere ci sono uomini loro, che nessuno ha votato”. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Accesso al bunker di via Ariella, Platì, Reggio Calabria, 2015. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Vista di Bardonecchia, Torino, 2014. Nel 1995 Bardonecchia è diventato il primo comune del nord Italia commissariato per infiltrazione mafiosa, dopo la scoperta del coinvolgimento del boss della ‘ndrangheta Rocco Lo Presti nella costruzione del complesso edilizio Campo Smith, un residence per vacanze invernali. Nato in provincia di Reggio Calabria, Lo Presti era stato trasferito a Bardonecchia nel 1963 sotto regime di soggiorno obbligato per affiliazione mafiosa. Per circa quarant’anni Lo Presti ha ampliato la presenza dei clan calabresi nella regione, infiltrandosi nell’autotrasporto, nella ristorazione, nell’edilizia e nella fornitura di manodopera. Nel 1972 viene raggiunto dal boss calabrese Francesco Mazzaferro: insieme hanno continuato a espandere l’influenza dei clan utilizzando il riciclaggio di denaro, l’usura e l’intimidazione. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Circolo Arci “Falcone e Borsellino”, Paderno Dugnano, Milano, 2012. Qui il 31 ottobre 2009 i ventidue capi delle ‘ndrine lombarde si sono riuniti per eleggere Pasquale Zappia a loro nuovo rappresentante. La riunione è stata filmata dalla polizia nel corso delle operazioni dell’indagine che ha portato al maxi-processo “Infinito”. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Fiat Croma, Roma, 2012. L’auto in cui Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo hanno perso la vita il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci, insieme ai tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. La vettura è conservata presso la Scuola di polizia penitenziaria di Roma. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Vista del quartiere Scampia, Napoli, 2013. Le Vele sono un complesso di abitazioni costruite tra il 1962 e il 1975 nel quartiere Scampia di Napoli. L’utopia della città radiosa è diventata un centro di attività illegali controllato dai clan. Il punto d’osservazione, suggerito dalle forze dell’ordine, è un appartamento all’ultimo piano del Lotto G di via Labriola: luogo già considerato base operativa delle attività criminali del clan dei Vannella Grassi. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Lettera minatoria, Lazzaro, Reggio Calabria, 2012. Filippo Cogliandro è lo chef del ristorante L’accademia, sul lungomare di Lazzaro. Nel 2008 ha denunciato le richieste estorsive del clan calabrese dei Barreca, contribuendo all’arresto di due esponenti della famiglia mafiosa. “Cornuto guarda che i porci campano poco”, recita una delle tante lettere minatorie recapitate a Cogliandro nel suo ristorante. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)
Foce dei Regi Lagni, Castel Volturno, Caserta, 2012. I Regi Lagni sono un fitto reticolo di canali artificiali che si estende su una superficie di oltre mille chilometri quadrati tra le province di Napoli, Caserta, Benevento e Avellino. Pensati nel seicento dai Borboni come sistema di canalizzazione delle acque piovane e sorgive, sono poi diventati un sito di sversamento di sostanze tossiche, alimentato dalla connivenza tra camorra e amministrazione pubblica. (Tommaso Bonaventura, Alessandro Imbriaco, Fabio Severo)

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