14 maggio 2020 17:23

Tra gli eleganti saloni dell’hotel JW Marriot di Bogotá e le zone deserte di La Guajira è stata orchestrata una rocambolesca operazione militare che avrebbe dovuto irrompere in Venezuela e spazzare via il regime di Nicolás Maduro.

I protagonisti, il generale venezuelano Clíver Alcalá (accusato di essere un narcotrafficante) e l’ex militare decorato delle forze speciali statunitensi Jordan Goudreau, hanno compiuto un azzardo internazionale imbarcandosi in un’avventura improvvisata e donchisciottesca con tratti che ricordano i film di Rambo.

La vicenda è stata dettagliatamente ricostruita da un’inchiesta del giornalista di Associated Press (Ap) Joshua Goodman che ha scatenato una polemica internazionale, soprattutto perché ha coinvolto il governo colombiano.

Fallimento inevitabile
Il piano faceva affidamento su 300 soldati venezuelani, in gran parte disertori dell’esercito di Maduro che si sono rifugiati in Colombia all’inizio dell’anno scorso. I militari avrebbero organizzato un convoglio pesantemente armato per attraversare le frontiera ed entrare a Caracas in meno di quattro giorni. Secondo i piani, nella capitale venezuelana le truppe di Maduro, ormai con il morale a terra, avrebbero dovuto ribellarsi contro il presidente aggregandosi alla missione liberatoria. I rivoltosi avrebbero contato sull’appoggio degli Stati Uniti, con un attacco aereo contro la fortezza di Maduro. Questo era il piano. I cospiratori sono riusciti a reclutare molti uomini, addestrandoli e armandoli. Tuttavia l’obiettivo era totalmente insensato, e il fallimento inevitabile.

L’ex guardia del corpo di Trump si è tirata indietro a causa delle idee sconclusionate di Goudreau

L’idea è balenata per la prima volta nella mente di Goudreau nel febbraio del 2019, quando lavorava nel servizio d’ordine del concerto Venezuela Aid Live, organizzato dalla Colombia alla frontiera tra i due paesi. L’ex soldato aveva pensato di chiedere aiuto al governo statunitense per rovesciare Maduro. Secondo l’Ap, Goudreau in passato ha combattuto al servizio delle forze speciali degli Stati Uniti, ricevendo per tre volte la stella di bronzo per il coraggio mostrato nelle operazioni in Afghanistan e in Iraq. Alcuni commilitoni l’hanno descritto come un leader molto intelligente e preparato.

Dopo il congedo Goudreau è diventato un mercenario, e due anni fa ha creato l’azienda di sicurezza privata Silvercorp, offrendo i suoi servizi in decine di paesi. È grazie a questa attività che l’ex militare è arrivato alla frontiera tra Colombia e Venezuela, dove ha cominciato a fantasticare sugli affari che avrebbe potuto fare dopo la caduta di Maduro. Goudreau ha cercato di accaparrarsi contratti e conquistare alleati, con una determinazione che alcuni partecipanti al suo progetto hanno definito “delirante”.

Il piano
Nell’aprile 2019 era emersa una spinta di ribellione nei ranghi dell’esercito venezuelano. Decine di soldati che si erano allineati all’autoproclamato presidente Juan Guaidó hanno scatenato una serie di rivolte che non hanno mai preso lo slancio sperato e sono state puntualmente soppresse. Da quel momento i militari oppositori del regime hanno lasciato il paese, e molti sono stati accolti dalla Colombia.

Alcuni ex militari si sono ritrovati nell’hotel JW Marriot di Bogotá insieme a leader politici di opposizione e altri venezuelani che avevano deciso di partire a causa della crisi politica. L’Ap descrive i partecipanti agli incontri come “un mix tra disertori dell’esercito accusati di narcotraffico, finanzieri dal passato torbido ed ex funzionari di Maduro che aspiravano al perdono del presidente”. È in questo contesto che si è presentato Goudreau con la sua idea di un golpe militare.

Il presidente venezuelano Nicolás Maduro in una conferenza stampa a Caracas, 6 maggio 2020. (Miraflores Palace/Reuters/Contrasto)

Alla ricerca di alleati e finanziatori, Goudreau ha contattato Keith Schiller, ex guardia del corpo di Donald Trump. I due hanno incontrato un rappresentante di Guaidó a Miami, ma alla fine Schiller si è tirato fuori dal progetto a causa delle idee sconclusionate di Goudreau. In quella fase Goudreau aveva conosciuto anche Lester Toledo, un venezuelano che coordinava la consegna di aiuti umanitari come emissario di Guaidó.

Toledo è stato l’anello di congiunzione tra Goudreau e l’altro protagonista dell’operazione: il generale ex chavista Clíver Alcalá, un ufficiale che aveva finito per contrapporsi a Maduro e che oggi si trova in un carcere degli Stati Uniti in attesa di un processo per traffico di droga, accusato di far parte del Cartello dei soli. Quando è stato contattato da Goudreau, Alcalá condivideva con l’ex militare statunitense un’ossessione per l’idea di far cadere Maduro e liberare il Venezuela.

Goudreau, Alcalá e Toledo hanno messo a punto il loro piano nell’hotel JW Marriot di Bogotá, dove il generale venezuelano si è presentato come leader dei disertori e ha riferito che molti soldati si trovavano in tre strutture clandestine della Guajira. Ricevuta questa informazione, il mercenario Goudreau si è offerto di addestrarli e ha calcolato che con 1,5 milioni di dollari avrebbe potuto armarli e finanziare un attacco contro Maduro. L’ex militare americano, inoltre, ha sostenuto di essere in contatto con il governo degli Stati Uniti e di averne richiesto l’appoggio ufficiale.

Le parole di Alcalá hanno coinciso con la comparsa del suo nome nell’elenco degli individui più ricercati dal governo degli Stati Uniti

Tuttavia la maggior parte dei partecipanti alle riunioni, compresi i rappresentanti di Guaidó, non si fidava di Alcalá, a causa del suo passato chavista e del suo coinvolgimento nel narcotraffico. La stessa sfiducia riguardava il piano suicida di Goudreau e i suoi presunti contatti con il governo di Trump. Per questo motivo, secondo l’Ap, in molti si sono allontanati rapidamente dal progetto e dai suoi protagonisti. Ma Alcalá e Goudreau sono comunque andati avanti per la loro strada.

Nel frattempo i militari esiliati soffrivano la fame nei poverissimi accampamenti di La Guajira, dove mancavano cibo e acqua potabile, tanto che erano stati costretti a regalare i cani da guardia per evitare che morissero. Durante l’addestramento utilizzavano manici di scopa come armi. Secondo l’Ap le condizioni precarie dell’addestramento sono state evidenziate da un ex Seal statunitense che ha cercato di formare quell’esercito improvvisato. A un certo punto Goudreau ha presentato un documento con i dettagli del piano: per portare a termine il golpe sarebbero serviti 320 fucili, un lanciarazzi anticarro, imbarcazioni militari, visori notturni e un milione di dollari.

I leader della rivolta hanno cercato di ottenere finanziamenti da imprenditori statunitensi. Uno dei partecipanti ha provato a coinvolgere diversi amici milionari promettendo che una volta portato a termine l’attacco avrebbero ricevuto un trattamento speciale nelle appetibili contrattazioni per la formazione di un nuovo governo in Venezuela.

Il fallimento e gli arresti
Il progetto ha cominciato a sgretolarsi un paio di mesi fa. A marzo uno dei cospiratori è stato catturato sul versante venezuelano della frontiera. Il 23 marzo, su una strada tra Barranquilla e Santa Marta, la polizia colombiana ha intercettato un arsenale composto da 26 fucili, munizioni e visori notturni apparentemente di proprietà dei rivoltosi. Il valore del materiale è stato stimato in 150mila dollari. Ancora non è chiaro come sia stato finanziato l’acquisto.

Dopo il ritrovamento, Alcalá ha parlato ai microfoni di La W dichiarando che le armi appartenevano “al popolo venezuelano” e parlando dell’operazione militare in programma. Le parole di Alcalá hanno coinciso con la comparsa del suo nome nell’elenco degli individui più ricercati dal governo degli Stati Uniti, accanto a Maduro e ad altri pezzi grossi del regime. La ricompensa per la sua cattura era di dieci milioni di dollari.

Dopo aver manifestato le sue intenzioni golpiste, Alcalá si è consegnato alla giustizia ed è stato trasferito in aereo a New York, dove si trova attualmente in attesa del processo per narcotraffico. Il generale spera di ottenere benefici in cambio di una testimonianza contro Maduro. Uscito di scena uno dei leader del golpe, il piano è stato accantonato, e i disertori hanno abbandonato gli accampamenti. Il governo venezuelano ha dichiarato di essere sempre stato a conoscenza della cospirazione, anche grazie al resoconto di alcuni infiltrati.

Il concerto Venezuela Aid Live, organizzato dalla Colombia alla frontiera con il Venezuela, 22 febbraio 2019. (Luis Robayo, Afp)

Ciononostante, a quanto pare, Goudreau non ha rinunciato alle sue intenzioni bellicose. Dopo la rivelazione del piano, il governo venezuelano ha annunciato di aver sventato un’incursione per attaccare Maduro, denominata operazione Gedeón. Secondo fonti ufficiali di Caracas, l’attacco si è verificato in due fasi tra domenica e lunedì, con due sbarchi armati: uno sulle coste della Guajira e l’altro ad Aragua. Entrambi gli attacchi sono stati rapidamente sbaragliati dalle forze venezuelane, con un bilancio di otto morti e tredici persone catturate.

Tra gli arrestati ci sono due cittadini statunitensi legati a Silvercorp, l’azienda di Goudreau. L’ex militare statunitense ha dichiarato di aver partecipato all’operazione e che diversamente da quanto sostenuto del governo di Maduro non ha mai ricevuto alcun appoggio da parte della Colombia o degli Stati Uniti. Il governo colombiano ha diffuso un comunicato in cui afferma di non aver ricoperto alcun ruolo nella vicenda.

Tra gli statunitensi catturati c’è Luke Alexander Denman, ex soldato delle forze speciali di 34 anni contattato da Goudreau per partecipare all’assalto fallito. Denman ha dichiarato di aver soggiornato insieme a quasi settanta uomini a Riohacha. Il suo compito era conquistare un aeroporto e da lì inviare Maduro negli Stati Uniti. Durante l’interrogatorio da parte delle autorità venezuelane, Denman ha rivelato che la sua missione sarebbe stata quella di “assumere il controllo dell’aeroporto, creare la nostra forza di sicurezza e comunicare con la torre di controllo per far atterrare gli aerei, tra cui quello che doveva trasportare Maduro negli Stati Uniti dopo la cattura”. Inoltre l’ex soldato ha dichiarato di aver visionato un contratto riguardante l’intera operazione, firmato da Goudreau e Guaidó. L’altro ex militare statunitense arrestato è Airan Seth, ex berretto verde che viveva in Germania ed è in possesso di una licenza di pilota di aerei privati. Ai due erano stati offerti rispettivamente 50mila e centomila dollari per far parte dell’operazione.

Prima di essere trasferito negli Stati Uniti, il generale Alcalá aveva rilasciato dichiarazioni simili, confermando di aver firmato un contratto con alcuni emissari di Guaidó e con lo stratega politico J. J. Rendón, consulente dell’autoproclamato presidente venezuelano. Il 7 maggio, mentre lo scandalo cresceva a dismisura, Rendón ha rilasciato un’intervista a La W in cui cercava di prendere le distanze dalla vicenda che lo aveva ormai travolto insieme al suo capo. “I ragazzi che stavano lì fanno parte di una serie di gruppi autonomi che non sono legati al governo di Juan Guaidó”, ha dichiarato Rendón, ammettendo che Goudreau gli aveva illustrato il suo piano ma garantendo di averlo ignorato insieme a Guaidó.

Il narcotrafficante e i mercenari
Ulteriori dettagli su questa disastrosa operazione mercenaria sono stati rivelati – con tanto di foto, video e testimoni – dal ministro delle comunicazioni venezuelano Jorge Rodríguez.

In una conferenza stampa convocata a Caracas alla presenza di diverse testate internazionali, Rodríguez ha rivelato che parte delle operazioni si è svolta in un terreno della Guajira di proprietà del narcotrafficante Elkin Javier López Torres, detto Doble Rueda. A sostegno delle sue dichiarazioni, Rodríguez ha riferito la testimonianza di un altro cospiratore, Víctor Alejandro Pimienta Salazar, detto Capitan Pimienta.

Pimienta è un ex componente della Guardia nacional bolivariana (Gnb) ed ex funzionario della direzione generale del controspionaggio militare (Dgcim), che avrebbe confessato di aver gestito parte dell’apporto logistico del golpe fallito. Pimienta avrebbe dichiarato che il narcotrafficante colombiano Doble Rueda, imparentato con la moglie dell’ex generale venezuelano Alcalá, avrebbe contribuito a finanziare l’avventura per rovesciare Maduro.

Pimienta ha inoltre riferito di essere arrivato a Barranquilla il 15 luglio 2019 e di aver raggiunto Bogotá poco tempo dopo per cominciare a pianificare l’operazione. “A dicembre siamo andati a Riohacha, dove ho conosciuto Alcalá. Poteva contare su gruppi addestrati dai disertori venezuelani. In quella stessa occasione abbiamo conosciuto Jordan Goudreau”, ha raccontato Pimienta alle autorità venezuelane.

Secondo Pimienta quando Alcalá si è consegnato alla giustizia statunitense è stato trasferito nell’alta Guajira grazie anche alla collaborazione di Doble Rueda. In quel momento i cospiratori sarebbero riusciti a contattare un agente della Dea che si trovava in Venezuela e che avrebbe dovuto fornire armi e veicoli per effettuare l’operazione.

Dopo la rivelazione di questa “Baia dei Porci” in salsa venezuelana, Maduro non ha risparmiato gli aggettivi per accusare il presidente colombiano Iván Duque di aver appoggiato il piano mercenario insieme a Trump. “La Dea ha contattato i capi dei cartelli dell’alta Guajira colombiana e della Guajira venezuelana, oltre a vari narcotrafficanti di altri paesi. Abbiamo le loro confessioni”, ha assicurato il capo del regime venezuelano. “È un’accusa infondata che cerca di coinvolgere il governo colombiano in una trama speculativa”, ha risposto Bogotá attraverso un comunicato del ministero degli esteri.

Da questa operazione suicida in stile Rambo è possibile trarre due conclusioni. Innanzitutto il piano dei cospiratori era talmente maldestro che un coinvolgimento del governo colombiano appare improbabile. Pensare di poter destituire Maduro – tra l’altro protetto dai servizi segreti cubani – con un paio di barche e un manipolo di mercenari mal equipaggiati rasenta il ridicolo. Tuttavia, anche se il governo colombiano non ha partecipato al tentativo di golpe, la vicenda evidenzia l’impreparazione dei servizi segreti colombiani, che non si sono accorti di un’operazione pianificata per mesi e con molte persone coinvolte. La seconda conclusione è che se davvero Guaidó ha apposto la sua firma su un contratto relativo al piano non merita di essere presidente di nessun paese, non perché aspirante golpista ma perché manifestamente incapace.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul settimanale colombiano Semana.

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