18 marzo 2021 14:37

Qualunque sia la vera causa, la morte di John Magufuli, presidente della Tanzania, non sarà inserita nelle statistiche nazionali sul covid-19. Questo non dipende dai risultati dei tamponi a cui potrebbe essere stato sottoposto nei quasi venti giorni trascorsi dal 27 febbraio, quando è stato visto in pubblico per l’ultima volta. Il motivo è che fino alla morte Magufuli ha negato l’esistenza nel suo paese della malattia che ha colpito duramente la popolazione e perfino il governo. Molti sono convinti che abbia causato anche la sua morte. Il decesso di Magufuli, 61 anni, per “problemi cardiaci” è stato annunciato il 17 marzo.

Ufficialmente la Tanzania, con una popolazione di quasi sessanta milioni di persone, ha avuto solo 509 casi di covid-19 e di cui 21 letali. O, quantomeno, era così undici mesi fa, quando le autorità hanno smesso di pubblicare i dati. Magufuli aveva dichiarato che non si fidava delle statistiche, e trovava sospetto che al laboratorio nazionale dove si effettuavano i test sul covid-19 i risultati erano sempre “positivi, positivi, positivi”.

Invece di incoraggiare i tanzaniani a indossare le mascherine e a rispettare le distanze, Magufuli sosteneva che Dio aveva liberato la Tanzania dal virus. Quando i paesi vicini hanno cominciato a somministrare i vaccini, lui ha ordinato di non farlo perché dubitava della loro efficacia.

Imperturbabile
Niente sembrava turbarlo, neanche il bilancio dei morti sempre più alto: suore e preti cattolici, un ex governatore della banca centrale e il vicepresidente di Zanzibar, l’arcipelago semiautonomo. A febbraio Magufuli ha ordinato al convalescente ministro delle finanze Philip Mpango di lasciare il letto d’ospedale per partecipare a una conferenza stampa. Tra i respiri affannosi Mpango ha dichiarato di essere in ottima salute. Alcuni giorni dopo Magufuli è scomparso dalla scena pubblica. I leader dell’opposizione hanno detto che era stato trasferito in segreto in Kenya per ricevere cure mediche. Ora a sostituirlo sarà la vicepresidente Samia Suluhu Hassan, di Zanzibar.

Magufuli sarà probabilmente ricordato per il suo negazionismo del covid-19, ma la storia lo giudicherà severamente anche per i danni inflitti all’acerba democrazia tanzaniana.

Anche se il paese è governato dal 1977 dallo stesso partito, il Chama cha mapinduzi (Ccm), dal 1994 ha organizzato elezioni multipartitiche e da allora è andato nella direzione dell’apertura economica e politica. Alla vigilia delle presidenziali del 2015, lo scontro interno alle principali fazioni del Ccm sulla scelta del candidato ha portato il partito a scegliere un outsider, che non era il preferito di nessuno: Magufuli, per l’appunto. Molti all’interno del partito pensavano che il “bulldozer” (questo il suo soprannome) fosse poco intelligente e manipolabile. “Una specie di Forrest Gump”, disse una volta un suo collaboratore.

Ma dopo aver vinto le elezioni, ha dato prova di un autoritarismo inflessibile. Un leader dell’opposizione è stato ucciso a Dodoma, la capitale. Attivisti e giornalisti hanno cominciato a scomparire, mentre sulle spiagge di Coco Beach a Dar es Salaam, la capitale economica del paese, arrivavano a riva dei cadaveri. Nelle elezioni del 2020 Magufuli diceva di aver ottenuto l’84 per cento dei voti, un risultato ben superiore al 58 per cento ottenuto nel 2015. Ma i partiti dell’opposizione hanno respinto i dati e denunciato brogli. Il Ccm ha ottenuto abbastanza seggi in parlamento da far approvare una riforma che abolisce il limite di mandati presidenziali e gli avrebbe permesso di restare presidente fin dopo il 2025. Molti tanzaniani temevano che sarebbe accaduto. Senza di lui la Tanzania ha la possibilità di restaurare la sua democrazia. E di sconfiggere il virus.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sull’Economist con il titolo “John Magufuli, Tanzania’s covid-denying president, dies aged 61”.

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