15 maggio 2022 08:48

Quando è cominciata la pandemia di covid-19, diversi istituti di ricerca in tutto il mondo hanno avviato degli studi e hanno chiesto alle persone di condividere i dati dei loro dispositivi elettronici da polso usati per monitorare la propria attività fisica e il proprio stato di salute (fitness tracker). Sulla maggior parte dei dispositivi, sono sufficienti pochi clic per aderire ai programmi di ricerca, per questo molte persone hanno partecipato con entusiasmo. Lo studio principale, il progetto Corona data donation del Robert Koch institute, in Germania, ha coinvolto più di cinquecentomila volontari, mentre oltre trentamila si sono iscritti a Detect, una ricerca condotta dallo Scripps research institute della California.

Per la sorveglianza delle malattie, il biomarcatore più utile è quello della febbre, un chiaro segno di infezione in corso. Ma la maggior parte dei dispositivi elettronici indossabili non misura la temperatura corporea, perché è difficile effettuare delle letture accurate. Quindi sono stati usati parametri (o metriche) che i fitness tracker misurano abitualmente, come la frequenza cardiaca, il sonno e il livello di attività. La frequenza cardiaca a riposo, misurata quando le persone sono ferme, può variare molto da persona a persona, oscillando tra i 50 e i 100 battiti al minuto, ma il valore di ogni persona di solito è costante. Tuttavia, se il corpo sta combattendo contro un’infezione, la frequenza cardiaca sale, spesso in modo drastico. Con il covid-19, i dati dei dispositivi indossabili hanno mostrato che questo aumento avveniva quattro giorni prima che le persone percepissero i primi sintomi. Secondo una stima, il 63 per cento dei casi di covid potrebbe essere rilevato in anticipo rispetto all’insorgere dei sintomi analizzando i cambiamenti della frequenza cardiaca a riposo.

Prima del covid, un gruppo di studiosi dello Scripps research institute, guidato da Jennifer Radin, aveva dimostrato che negli Stati Uniti le variazioni settimanali nella percentuale di persone che presentano anomalie nella frequenza cardiaca – sia a riposo sia durante un’attività (parametri misurati attraverso dispositivi indossabili) – sono allineate con i sintomi tipici dell’influenza misurati dai sistemi di sorveglianza ufficiali. Questi sistemi tengono traccia delle epidemie influenzali monitorando gli accessi dei pazienti con questi sintomi agli studi dei medici di base. Poiché le persone di solito si rivolgono al proprio medico tra i tre e gli otto giorni successivi alla comparsa dei sintomi, quando questi dati vengono raccolti l’epidemia si trova di solito in una fase più avanzata ed è verosimile che siano necessarie misure diverse per arginarla. Per questo è necessario raccogliere informazioni approfondite in modo più tempestivo.

Gli algoritmi
Detto questo, anche i dati che provengono dai dispositivi portatili presentano delle stranezze. Un giorno gli scienziati del Koch institute hanno notato un picco improvviso nel sistema di misurazione, basato sul conteggio dei passi e sulla frequenza cardiaca, che stavano sviluppando come parametro per la febbre. Gli studiosi hanno poi scoperto che Apple aveva modificato l’algoritmo per il calcolo della frequenza cardiaca a riposo sui suoi dispositivi. Questi aggiornamenti software hanno dato del filo da torcere ai ricercatori, perché i loro dati provengono da più di dieci tipi di dispositivi. E poi vanno colmate anche diverse lacune. Gli Apple watch di solito vengono messi in carica di notte, quindi durante il sonno non trasmettono dati. Una volta superati i problemi iniziali, però, il progetto si è rivelato un successo. “Non è accurato al 100 per cento, ma dà dei risultati piuttosto buoni”, assicura Dirk Brockmann, che guida la ricerca.

Senza volere, gli algoritmi potrebbero essere più efficaci nell’individuare i focolai nelle aree ricche

Altri gruppi di ricerca hanno adottato un approccio diverso per la sorveglianza con dispositivi indossabili, sviluppando degli algoritmi che esaminano le deviazioni nei parametri di ogni individuo in base ai dati raccolti dal loro particolare dispositivo. Hanno stabilito gli standard di riferimento per i diversi biomarcatori e poi hanno monitorato i cambiamenti che potrebbero indicare qualche tipo di anomalia al livello fisiologico. Quando molti di questi cambiamenti si manifestano all’improvviso, per quanto diversi possano essere da soggetto a soggetto, è ragionevole sospettare che molte persone si stiano ammalando, e probabilmente per lo stesso motivo.

Adesso i ricercatori devono capire se gli algoritmi di sorveglianza delle malattie installati sui dispositivi indossabili potrebbero perdersi in modo sistematico ciò che accade in alcune fasce di popolazione, dice Leo Wolansky del Rockefeller foundation’s pandemic prevention institute. Per esempio, senza volere, gli algoritmi potrebbero essere più efficaci nell’individuare i focolai nelle aree ricche del mondo. Qui, infatti, è più probabile che i dispositivi indossati siano di migliore qualità e siano utilizzati a lungo. Invece, nelle aree più povere, dove è più comune che le persone soffrano di diverse patologie in concomitanza (spesso influenzando le misurazioni dei biomarcatori digitali), aumenta il rischio che l’algoritmo si perda l’insorgere di un focolaio. “Come si dice spesso in questo campo, ‘se immetti spazzatura, ottieni spazzatura’, e bisogna capire meglio se i dati che abbiamo registrato la contengano”, dice Wolansky.

Scoperte inattese, oggettività e inclusione
Gli esami medici effettuati per individuare un particolare problema, spesso restituiscono anche altri risultati, chiamati scoperte incidentali. Qualcosa di simile è successo con l’analisi di massa sulle persone condotta grazie a tutti i dati ottenuti dai dispositivi indossabili. Il team tedesco ha scoperto che nelle zone dell’ex Germania Est la frequenza cardiaca a riposo era più alta rispetto a quelle dell’ex Germania Ovest. “Non abbiamo ancora capito il motivo”, ammette Brockmann. “Sarà perché nell’ex Germania Est le donne lavorano di più? O perché cambiano le abitudini alimentari?”.

Un’altra scoperta senza spiegazione è che nel 2022 in tutte le regioni del paese le persone dormono meno rispetto al 2020, e la frequenza cardiaca a riposo della nazione è aumentata. Potrebbe essere dovuto al fatto che durante i lockdown le persone hanno acquistato peso, ma nessuno lo sa con certezza. I dati raccolti con i dispositivi indossabili sono stati “un generatore di domande”, dice Brockmann, e hanno sollevato quesiti sulla salute che altrimenti non ci saremmo mai posti.

La possibilità di esaminare moltissimi organismi mentre conducono la loro vita quotidiana sta anche cambiando la modalità con cui sono effettuati gli studi clinici per i nuovi farmaci. Secondo la società di ricerca Iqvia, nel 2020 il 10 per cento degli studi clinici in fase avanzata ha usato questo genere di dispositivi per monitorare le persone, contro il 3 per cento del 2016. Un documento della Digital Medicine Society, un’organizzazione statunitense, elenca oltre trecento esempi di biomarcatori digitali usati nelle sperimentazioni. I dati sull’attività fisica, come il conteggio dei passi, per esempio, sono usati negli studi sui farmaci per l’asma, l’artrite, l’insufficienza cardiaca, il morbo di Parkinson e la fibrosi cistica. Misurare quanto cammina una persona può fornire un quadro più oggettivo, o almeno complementare, sull’effetto che un farmaco ha su dolore e umore rispetto alla pratica standard di chiedere alle persone un’autovalutazione.

Negli Stati Uniti, tra il 2007 e il 2017, il numero di sperimentazioni che ha raccolto dati attraverso dispositivi indossabili è salito da 88 a più di 1.100

Cosa ancora più importante, i dispositivi che monitorano con discrezione i pazienti mentre vivono la loro vita hanno permesso ai ricercatori medici di osservare, per la prima volta, come i pazienti vivono una data malattia e una determinata terapia nella loro realtà quotidiana. Nessuno dorme bene nel laboratorio del sonno di un’azienda farmaceutica. Il test più usato per valutare la forma fisica e cardiovascolare è il “test del cammino in sei minuti”, che registra la distanza percorsa da una persona in questo breve lasso di tempo. Il paziente viene fatto camminare avanti e indietro per un corridoio dell’ospedale mentre un’infermiera con una cartellina annota il risultato. Questo esame è diventato più semplice con i fitness tracker, dato che alcuni modelli hanno aggiunto il test dei sei minuti tra le loro funzioni. L’Apple watch, per esempio, effettua le stime usando diversi parametri registrati in modo passivo lungo un arco di tempo più lungo, mentre l’utente si comporta in modo normale, anziché passeggiare per sei minuti. Gli studi di validazione su persone oltre i 65 anni confermano che questa stima algoritmica è molto accurata.

L’inclusione negli studi sui farmaci di misure che rispecchiano la qualità della vita dei pazienti potrebbe aiutare le persone a scegliere le terapie che meglio si adattano alle loro priorità. Al momento, i nuovi farmaci contro il cancro sono considerati un successo se prolungano la vita dei pazienti anche solo di pochi mesi. Ma a molti malati di cancro interessa di più ciò che possono fare nel tempo in cui sopravvivono alla malattia che non di allungare la propria vita di qualche mese. È probabile che sceglierebbero una terapia che promette meno giorni extra, ma una probabilità superiore di riuscire a fare quello a cui tengono di più, come prendere in braccio i nipotini. Le aziende farmaceutiche stanno cominciando a includere questi parametri tra gli obiettivi per i nuovi farmaci.

I sensori indossabili hanno anche aperto gli studi clinici a pazienti che altrimenti ne sarebbero stati esclusi, dice Andy Coravos di HumanFirst, un’organizzazione che aiuta le aziende farmaceutiche a distribuire dispositivi per monitorare chi partecipa agli studi da casa. Coravos porta come esempio quello della distrofia muscolare di Duchenne, che causa una degenerazione progressiva dei muscoli. I dati primari usati nello sviluppo dei farmaci per questa malattia sono ricavati dal test dei sei minuti e da quello dei gradini, che serve a valutare la mobilità del paziente quando sale e scende per la rampa di scale. Ma il 60 per cento dei malati di distrofia muscolare di Duchenne è già in sedia a rotelle, di conseguenza non è possibile stabilire se le terapie sviluppate sulla scorta di questi dati siano efficaci anche per loro. Invece, un bracciale che traccia il movimento della parte superiore del corpo permette di includerli nelle sperimentazioni.

Anche gli studi accademici sugli interventi non farmacologici, come i nudge comportamentali per aumentare l’attività fisica (stimoli che possono influenzare il comportamento di qualcuno senza ridurne la capacità di scelta), stanno usando sempre più i dati dei fitness tracker anziché chiedere ai partecipanti di tenere un diario o compilare un questionario. Da un’analisi delle sperimentazioni cliniche registrate negli Stati Uniti è emerso che tra il 2007 e il 2017 il numero di quelle che usavano dispositivi indossabili è passato da 88 a più di 1.100. La maggior parte di queste sperimentazioni non è stata effettuata da aziende farmaceutiche, ma da gruppi di ricerca come quello guidato da Euan Ashley all’università di Stanford specializzato in medicina di precisione.

Nel 2019, il gruppo di Ashley è stato tra i primi a condurre una sperimentazione completamente digitale durante la quale i partecipanti non hanno mai incontrato di persona i ricercatori. Fino a poco tempo fa, racconta, per reclutare i volontari bisognava affiggere dei manifesti con il numero di telefono da chiamare stampato su bigliettini a strappo. Chi voleva iscriversi al programma doveva poi recarsi in ospedale e leggere insieme a un’infermiera diciassette pagine di liberatoria. “Se riuscivi a trovare duecento persone nel giro di qualche mese, potevi ritenerti abbastanza soddisfatto”, dice.

Il monitoraggio automatizzato può fare una grande differenza nei paesi poveri, dove non ci sono abbastanza specialisti

Oggi puoi scaricare l’app per iscriverti a una sperimentazione mentre sei in coda per il caffè. La prima volta che Ashley ha usato questo metodo per uno studio sull’attività fisica, in sole due settimane si sono iscritte 40mila persone e i risultati sono arrivati in pochi mesi. Ma c’è anche il rovescio della medaglia. Se iscriversi allo studio è molto facile, è altrettanto facile abbandonarlo: circa l’80 per cento dei partecipanti si è ritirata prima del termine, sebbene il programma durasse solo due settimane. Tuttavia, alla fine il gruppo che ha completato il percorso era circa dieci volte più grande degli standard per questo genere di ricerche.

I dispositivi indossabili possono cambiare il modo in cui le persone provano a stare in forma e a curarsi, il modo in cui i medici assistono i loro pazienti, e il modo in cui sono erogati gli interventi sanitari alla popolazione. L’assistenza sanitaria digitale attraverso questi dispositivi potrebbe rendere le terapie più efficienti, personalizzate ed efficaci. Negli Stati Uniti le medicina digitale è usata da molte persone che altrimenti potrebbero non avere accesso a nessun tipo di cura. L’assistenza psicologica o psichiatrica amministrata da un’intelligenza artificiale potrebbe non essere sempre valida quanto quella di un terapeuta umano, ma è molto più accessibile per chi non può permettersi di pagare un medico o per chi non ha il tempo per farlo. Lo stesso vale quando si verifica una carenza di professionisti in questo settore.

Il monitoraggio automatizzato, attivo ventiquattr’ore su ventiquattro, dei pazienti con malattie croniche (i principali utenti del sistema sanitario) può migliorare notevolmente le modalità di cura e i risultati raggiungibili. Se condotto nel modo corretto, può anche aiutare i medici a seguire un maggior numero di pazienti senza essere sovraccaricati. Questo modello può fare una grande differenza nei paesi poveri, dove non ci sono abbastanza specialisti.

Circa un terzo dei decessi al livello globale è causato da malattie cardiovascolari e più di tre quarti di queste morti avviene in paesi a basso e medio reddito. Può essere difficile immaginare che dispositivi con funzioni per il monitoraggio del cuore si diffondano nei paesi come l’India. Ma pensate agli smartphone. Nel 2021, il 54 per cento degli indiani ne possedeva uno. La società di consulenza Deloitte calcola che entro il 2026 gli utenti saranno un miliardo, e l’India diventerà il secondo produttore mondiale di smartphone. Molti paesi africani hanno saltato la fase di sviluppo di servizi personal-banking, puntando invece su sistemi di pagamento tramite telefono che ora sono usati per quasi tutto.

Ma anche in un paese sviluppato come gli Stati Uniti esiste un divario digitale: molte persone non possono permettersi l’accesso a internet o non sono in grado di usare le nuove tecnologie sanitarie. I sensori e i dispositivi indossabili sono entusiasmanti, dice Yuri Maricich della Pear therapeutics, un’azienda statunitense che sviluppa prodotti hi-tech applicati alla medicina, ma “come possiamo renderli accessibili a una mamma single del Kentucky con una vita molto complicata, o a un camionista che è sempre in viaggio e cerca di sbarcare il lunario?”. Troppo spesso ci poniamo questa domanda solo dopo avere sviluppato nuovi prodotti tecnologici destinati ai consumatori. Ignorarla con i dispositivi sanitari digitali significherebbe sprecare una grande opportunità per migliorare l’accesso alle cure per tutti.

(Traduzione di Davide Musso)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

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