05 settembre 2023 14:56

Nelle prime settimane del 2022 le agenzie di intelligence statunitense e britanniche osservavano la Russia ammassare truppe sul confine con l’Ucraina. Sapevano dell’invasione pianificata da Vladimir Putin, avevano ottenuto i piani. Ma Putin sarebbe andato fino in fondo? Secondo il generale Tim Hodgetts, responsabile medico delle forze armate britanniche, un indizio delle sue intenzioni era che sul confine della Russia con l’Ucraina si stavano muovendo anche gli ospedali da campo.

Era un dato significativo, ma non definitivo. Già in passato la Russia aveva impiegato degli ospedali da campo in esercitazioni. Più preoccupanti erano le raccolte di sangue promosse tra gli studenti universitari di tutto il paese. Gli eritrociti resistono solo sei settimane se non congelati e i donatori possono essere sottoposti al prelievo solo una volta ogni tre mesi.

Ancora più preoccupante era ciò che accadeva negli ospedali da campo. I chirurghi russi si esercitavano operando animali di grandi dimensioni anestetizzati. “Gli indicatori e gli allarmi medici sono un fattore predittivo di una guerra”, conclude il generale Hodgetts. Questa è una lezione cruciale appresa dal contesto ucraino in caso di conflitti futuri.

Un cambiamento epocale
La guerra in Ucraina è la più imponente in Europa dopo il 1945. Lo scontro tra Russia e Ucraina è di una portata e un’intensità mai viste dagli eserciti occidentali dai tempi della guerra di Corea negli anni cinquanta. Le vittime militari hanno oscurato il numero di decessi riportati nel corso delle recenti campagne statunitensi ed europee. Gli Stati Uniti hanno perso più di settemila soldati in Afghanistan e in Iraq tra il 2001 e il 2019. Secondo alcuni documenti riservati statunitensi, che sono stati fatti trapelare, l’Ucraina ne ha persi più del doppio in un solo anno, e la Russia sette volte tanto. Questa esperienza sicuramente cambierà la medicina militare.

In Afghanistan e in Iraq l’esercito statunitense e i suoi alleati hanno compiuto straordinari progressi nel campo delle cure mediche in tempo di guerra. Poiché la maggior parte dei decessi avveniva prima che i soldati raggiungessero un ospedale, sono stati ottenuti molti risultati trasportandoli in elicottero e prestandogli soccorso nella “ora d’oro”, un lasso di tempo in cui le possibilità di sopravvivenza sono molto più alte. Soldati che un tempo sarebbero morti se la sono cavata.

L’attuale controffensiva, che costringe le truppe ucraine ad attraversare campi minati tra attacchi di droni e di artiglieria, sta intensificando il carico sui reparti medici

Il rapporto tra quelli feriti e quelli uccisi, che si aggirava sui tre a uno o quattro a uno in Vietnam, dove le cure erano meno efficaci, è schizzato a dieci a uno. In Ucraina, secondo quanto dichiarato da persone a conoscenza di documenti riservati, il dato è tornato a livelli paragonabili al Vietnam. Nelle guerre successive al 2001 la percentuale di soldati statunitensi uccisi o feriti non ha superato il 2 per cento, mentre per l’Ucraina questa percentuale si attesta tra il 5 e il 10 per cento. Una ricerca condotta nel 2022 dal centro studi britannico Royal united services institute suggerisce che il 40 per cento dei militari ucraini feriti abbia riportato infortuni permanenti.

Per certi versi questi dati riflettono i limiti delle cure mediche su entrambi i fronti. L’esercito russo considera la fanteria come carne da macello. I soldati feriti sono stati rimandati al fronte con gravi danni provocati da frammenti di proiettile o problemi cardiaci. Tanisha Fazal dell’università del Minnesota, esperta di cure mediche in contesti di guerra, ha raccontato lo sgomento provato guardando un video di un ufficiale russo che usava un obsoleto laccio emostatico di gomma, simile a quelli usati dagli Stati Uniti in Afghanistan all’inizio degli anni 2000.

A corto di personale e di attrezzature
Dal canto suo, l’Ucraina sta cercando di lasciarsi alle spalle un approccio alle cure mediche di stampo sovietico. Prima del 2017, afferma Maria Nazarova, istruttrice delle forze armate del paese, l’Ucraina non aveva quadri professionali di medici di guerra. Nel 2022 ne aveva addestrati 650, una goccia nell’oceano per un esercito formato in teoria da milioni di persone. Oggi il centro di formazione, a corto di istruttori e attrezzature, prepara meno di 300 persone al mese da inviare sul campo di battaglia dopo appena quattro settimane di formazione.

L’attuale controffensiva, che costringe le truppe ucraine ad attraversare campi minati tra attacchi di droni e di artiglieria, sta intensificando il carico sui reparti medici. “Non vedevo un simile incremento di richieste di lacci emostatici da giugno dell’anno scorso”, dice Evgen Vorobiov, avvocato di Kiev che fa il volontario in sei diverse brigate, aggiungendo che altrettanto richiesti sono i cerotti per pneumotorace e gli ecografi.

Le carenze sono provocate da problemi strutturali. La fornitura di equipaggiamenti militari alle unità sulla linea del fronte è ancora oggi insufficiente e non omogenea, afferma Vorobiov. I medici più anziani passano il tempo a riempire documenti per richiedere forniture che arrivano in modo casuale e in quantità ridotte. Ci sono spesso tensioni tra le unità al fronte e il comando medico centrale dello stato maggiore, convinto che il suo compito sia gestire gli ospedali piuttosto che supportare le cure mediche al fronte. Non fornisce kit vitali, come gli ecografi e i dispositivi per accesso intraosseo, necessari per inoculare fluidi nel caso di pazienti a cui non è possibile trovare le vene, un problema che, come spiega Nazarova, è molto comune con i soldati in stato di shock. Oltre il 90 per cento delle forniture per la medicina da combattimento è acquistato da volontari, prosegue.

Questo braccio di ferro burocratico ha anche conseguenze più gravi. Negli anni duemila l’esercito statunitense ha capito che fare trasfusioni di sangue “intero” ai soldati feriti anziché iniettare singole componenti come il plasma contribuiva a salvare vite. L’estate scorsa il ministro della salute ucraino ha legalizzato la pratica. Il comando medico, in un guizzo di burocrazia, si è intromesso per vietarla. Tuttavia molte brigate ucraine “di vedute moderne” continuano a praticarla ugualmente, racconta Nazarova, ricorrendo a contatti personali con centri per la donazione del sangue. Questo determina livelli disomogenei di cure tra le forze armate.

Nuovi paradigmi
Gli eserciti occidentali godrebbero di vantaggi più grandi in caso di una guerra su vasta scala, compresa la disponibilità di personale più preparato e meglio equipaggiato. I medici statunitensi ed europei ammettono però che un grande conflitto rappresenterebbe un grosso shock per un settore sanitario abituato da decenni a campagne di controinsurrezione lanciate contro avversari privi di artiglieria, missili e droni.

Facciamo l’esempio degli elicotteri, fondamentali per il trasporto dei feriti. Tra il 2001 e il 2009 solo 70 elicotteri statunitensi sono stati abbattuti in Afghanistan e in Iraq. La Russia in 17 mesi ne ha persi 90. “La consapevolezza che la prossima guerra sarà probabilmente molto diversa sotto il profilo della superiorità aerea ha cambiato molti paradigmi all’interno degli eserciti di Stati Uniti e Nato”, afferma John Holcomb, docente presso l’università dell’Alabama e direttore dell’Institute of surgical research dell’esercito statunitense. Ci sarà un “prolungamento delle cure sul posto” fuori degli ospedali. “Gli esiti clinici saranno meno positivi”, avverte il generale Hodgetts.

Immagazzinare sangue non è come accumulare munizioni. Se fresco resiste poche settimane (e se congelato qualche mese), non anni

A cambiare saranno anche le tipologie di ferite. Circa il 79 per cento delle vittime statunitensi nelle guerre successive agli attacchi dell’11 settembre 2001 è stato provocato dallo scoppio di ordigni esplosivi improvvisati (Ied). Secondo quanto si legge in un saggio pubblicato nel Journal of the American College of Surgeons, più del 70 per cento delle vittime ucraine è stato provocato da fuochi di sbarramento di artiglieria e missili. Questi eventi hanno la tendenza a colpire un numero più alto di soldati alla volta, provocando “politraumi”, ossia danni a diverse parti e organi del corpo.

Scorte e trasporti
Curare questo genere di ferite rappresenterà un onere enorme per gli eserciti europei. Prendiamo in considerazione il sangue. È un “bene strategico” per l’alleanza, come scrive Ronald Ti, esperto di logistica medica in ambito militare presso il King’s College di Londra. Un sistema sanitario militare che non ne dispone rischia un “crollo generalizzato del morale”, avverte. Il dottor Ti fa l’esempio dell’Estonia: la sua principale scorta di sangue in tempo di pace potrebbe andare esaurita in un solo giorno di guerra (assumendo un tasso di utilizzo basato sugli standard della Nato).

Immagazzinare sangue però non è come immagazzinare munizioni. Se fresco resiste poche settimane (e se congelato qualche mese), non anni. Per scioglierlo ci vuole tempo. Inoltre, osserva il generale Hodgetts, le donazioni del sangue nel Regno Unito scendono spesso a livelli sufficienti ad appena una settimana di autonomia. La guerra sta contribuendo a risolvere alcune intricate questioni legali nella Nato riguardo l’interoperabilità dei prodotti e dei farmaci di origine ematica. E il Regno Unito sta investendo per produrre il suo plasma liofilizzato, dopo aver fatto finora affidamento sulle scarse forniture di una produzione francese e tedesca che potrebbe essere travolta in tempo di guerra.

Un altro problema riguarda lo spostamento di decine di migliaia di soldati feriti. L’11 luglio i leader della Nato hanno approvato i primi piani generali di difesa dell’alleanza elaborati dopo la guerra fredda. Tra questi ci sono piani specifici per il trasporto di masse di feriti in tutta Europa e per la distribuzione delle vittime tra i diversi alleati, una questione di cui la Nato per anni si è rifiutata di occuparsi. Gli ufficiali medici della Nato, a volte assieme al responsabile medico dell’esercito ucraino, si sono incontrati spesso per mettere alla prova il funzionamento di queste procedure in tempo di guerra. Fino al 60 per cento delle vittime ucraine è stato trasportato in treno.

Un tempo i medici preferivano che gli ospedali fossero ben visibili in una zona di guerra. La lezione appresa dall’Ucraina, dove la Russia ha colpito strutture segnalate da enormi croci rosse sul tetto, è che potrebbe essere meglio camuffarle. L’Organizzazione mondiale della sanità ritiene che nel conflitto si siano verificati circa novecento attacchi contro strutture sanitarie. I medici stanno valutando in che modo rafforzare, camuffare o sparpagliare le loro strutture. Tuttavia, ospedali da campo leggeri e agili offriranno inevitabilmente cure mediche più limitate. Un’altra sfida sempre più rilevante è far sì che le emissioni elettroniche delle attrezzature mediche non attirino le bombe nemiche.

La guerra ha inoltre riportato in agenda la questione delle armi nucleari. Lo scorso autunno i leader occidentali temevano che la Russia si stesse preparando a usare armi nucleari tattiche. Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno avvertito il Cremlino che se avesse compiuto un simile passo avrebbe subìto gravi conseguenze militari, e il pericolo è diminuito. Durante la guerra fredda la Nato aveva piani per combattere in un campo di battaglia nucleare. Questi piani sono stati messi da parte negli anni novanta. Molti ufficiali adesso temono che gli Stati Uniti e i loro alleati siano impreparati dal punto di vista medico a un conflitto atomico. Servirebbero per esempio enormi quantitativi di kit per le ustioni.

Infine, la guerra in Ucraina dimostra in che modo la tecnologia stia cambiando la medicina militare. Una ricerca pubblicata nel febbraio 2021 dal colonnello Joseph Maddry e dai suoi colleghi all’Institute of surgical research dell’esercito statunitense ha preso in esame le cartelle cliniche di 1.267 pazienti trasportati con ferite da trauma. Nella metà dei casi non avevano ricevuto interventi salvavita lungo il tragitto, la ricerca osserva che sarebbe stato possibile trasportarli in modo sicuro con un drone.

L’Ucraina sta testando questa teoria. Ha già usato grandi droni cargo, in grado di trasportare 180 chili fino a 70 chilometri, per evacuare soldati feriti, diventando così il primo paese a condurre simili operazioni di evacuazione robotica. “Con i progressi tecnologici”, scrivono il colonnello Maddry e i suoi coautori, “i droni con robot a bordo potrebbero somministrare medicine, prodotti ematici e ossigeno, praticare la gestione delle vie aree e addirittura effettuare interventi chirurgici”, anche se, osserva il dottor Fazal, i droni sono soggetti agli stessi rischi degli elicotteri.

La sfida è imparare da questi esperimenti e più in generale dall’esperienza della guerra in Ucraina. Per farlo è necessario trasformare gli aneddoti in dati. Gli Stati Uniti si sono offerti di aiutare l’Ucraina a costruire una “anagrafe dei traumi” simile a quella usata in Afghanistan e in Iraq, un database che tenga traccia delle ferite riportate dai pazienti, delle cure ricevute e del processo di guarigione. Di queste analisi beneficeranno non solo gli eserciti alleati, ma anche il pubblico più generale. Holcomb ha detto di essere riuscito a ridurre del 30 per cento il numero di decessi provocati da trauma presso il suo ospedale all’università dell’Alabama, mettendo in atto le competenze acquisite nell’esercito. Il dolore dell’Ucraina determinerà dei progressi in campo medico.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

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