25 febbraio 2022 16:59

I prezzi del gas e dell’elettricità sono destinati a restare “alti e volatili” almeno fino al 2023. È quanto sostiene uno studio della Commissione europea che uscirà a marzo, scrive Euractiv. Dal documento emerge “un’immagine fosca di un mercato destinato anche in futuro ad alimentare l’inflazione, penalizzando le famiglie e le aziende”. E la crisi ucraina contribuirà a peggiorare queste previsioni, dopo che il 21 febbraio la Russia ha deciso di autorizzare l’invio delle truppe nel Donbass, i territori separatisti filorussi nell’est dell’Ucraina, e di riconoscerne l’indipendenza. E soprattutto dopo che il 24 febbraio le truppe del Cremlino hanno dato il via all’invasione del paese. Gli Stati Uniti, l’Unione europea e altri paesi occidentali hanno subito annunciato le prime sanzioni economiche contro il Cremlino. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha sospeso il processo di autorizzazione del gasdotto Nord Stream 2, che collega la Russia alla Germania.

Le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina si annunciano devastanti dal punto di vista umanitario, ma si parla anche di effetti non trascurabili per l’economia globale. Bisogna considerare i danni alle forniture di gas e petrolio, in particolare quelle destinate a gran parte dell’Unione europea (in primis all’Italia e alla Germania), che nel corso degli anni si è resa fortemente dipendente dal gas russo e già adesso sta sperimentando cospicui aumenti dei prezzi dell’energia.

La dipendenza energetica resta l’arma più potente nelle mani del Cremlino

Non va dimenticato che la Russia e l’Ucraina sono due grandi produttori di grano, fornitori indispensabili per l’Africa, l’Europa e il Medio Oriente. La Russia è inoltre tra i principali esportatori mondiali di palladio, un metallo fondamentale per la fabbricazione di moltissimi prodotti, tra cui le automobili, gli smartphone e anche l’amalgama per le otturazioni dentali. Grazie all’abbondanza di gas, infine, il Cremlino controlla attività che consumano molta energia, come la produzione dell’alluminio e quella dei fertilizzanti.

Se i paesi occidentali dovessero decidere sanzioni più pesanti e davvero in grado di danneggiare il regime russo, e se a sua volta Mosca reagisse tagliando le forniture di gas e di altri prodotti, alla lunga chi uscirebbe vincitore dal braccio di ferro? Come spiega il settimanale tedesco Die Zeit, i paesi dell’Unione europea e il Regno Unito sono importanti per gli oligarchi russi, che investono lì le loro ricchezze per ottenere quello che manca al loro paese: una moneta forte e la stabilità, insomma “una sorta di assicurazione sulla vita”.

Certo, la dipendenza energetica resta l’arma più potente nelle mani del Cremlino. A questo bisogna aggiungere che i russi hanno accumulato “riserve valutarie in grado di coprire dieci mesi di importazioni”. C’è però un motivo che non deve indurre a dare per scontata una maggiore resistenza del Cremlino, conclude Die Zeit: “La Russia non è il gigante economico che vuol far credere agli altri. Se si escludono le materie prime, resta un paese enorme che ha la forza economica della Spagna e un pil pro capite simile a quello della Bulgaria”.

Lo scontro tra la Russia e l’occidente sull’Ucraina, osserva il Wall Street Journal, nasce intorno “alle regole che governano l’economia globale” più che sulle alleanze militari di Kiev e le installazioni missilistiche. Tutto d’altronde è cominciato quando, nel 2013, l’Ucraina era sul punto di firmare un accordo con l’Unione europea, con la prospettiva di integrarsi con l’occidente, un mondo in cui è “la libera economia a decidere dove vanno le merci, i servizi, il capitale e la conoscenza, non sono i governi, l’ideologia o i gruppi di potere”.

Quest’idea è inaccettabile per un regime autocratico come quello russo, che considera una minaccia per la sua stessa esistenza il fatto che i suoi vicini non abbiano alcuna intenzione di rientrare nella sfera d’influenza di Mosca come ai tempi dell’Unione Sovietica, preferendo la Nato e l’Unione europea. Il timore più grande del Cremlino non è la vicinanza delle truppe occidentali, ma di quel “senso liberale della vita” incarnato dall’Europa (come scrisse Alberto Savinio alla voce Europa della sua Nuova enciclopedia, un testo che in queste ore sarebbe bene rileggere). “La Russia”, conclude il quotidiano statunitense, “sa che può competere militarmente con la Nato, ma anche che non è in grado di farlo con il fascino culturale, sociale ed economico dell’Europa”.

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