08 settembre 2020 18:15

Per la Bulgaria è stata un’estate politicamente calda: da luglio migliaia di cittadini infuriati si sono riversati nelle strade e nelle piazze di Sofia e di altre grandi città, al grido di “dimissioni” e “in prigione”.

L’attivismo civile si è riattivato fondamentalmente per due motivi. In primo luogo, perché questa mobilitazione è la prima non anticomunista dal 1989. Quell’anno, centinaia di migliaia di persone erano scese in piazza festeggiando la fine del comunismo e rivendicando la possibilità di costruire uno spazio di discussione democratico e una nuova cittadinanza postcomunista.

Il crollo dell’economia, l’iperinflazione e l’incapacità del governo socialista di gestire la crisi avevano provocato una seconda ondata di proteste nel 1997, portando al trionfo l’Unione delle forze democratiche.

La nomina di un oligarca come direttore dell’agenzia nazionale per la sicurezza era stata all’origine della terza ondata di manifestazioni nel 2013. La nomina era stata annullata subito ma le proteste contro il governo di coalizione guidato dal Partito socialista bulgaro (Bsp) si erano protratte per quasi un anno. Quella del 2020, tuttavia, è la prima protesta contro lo strapotere delle élite nello stato postcomunista.

Il secondo motivo fondamentale è che una nuova generazione di attivisti è entrata nello spazio pubblico. Chi sono questi cittadini mobilitati? Questo articolo ne tratteggia le figure a partire dalle loro rivendicazioni, convinzioni, visioni e passioni.

Velti nuovi
Come accade nella maggior parte delle proteste di massa, le manifestazioni in Bulgaria hanno varie sfaccettature. Diverse figure politiche cercano di approfittare dell’enorme energia sprigionata. Alcuni sono esponenti eletti dell’opposizione, come Hristo Ivanov, leader della coalizione liberale Bulgaria bemocratica. Altri sono autoproclamati, come lo scaltro imprenditore Vassil Bojkov (sul quale pendono molti capi d’accusa e autoesiliato a Dubai) e il pittoresco Trio veleno che si presenta come leader delle proteste.

Quest’articolo non è dedicato a loro, bensì ai volti nuovi che stanno emergendo nello spazio pubblico della protesta: giovani e giovanissimi, mobilitati, determinati, impegnati e coinvolti. Sono loro la vera novità, il nuovo capitale civile, i rappresentanti di una nuova cittadinanza che sta emergendo.

Non sono ritratti sociologicamente rappresentativi, ma danno un’immagine del paese. In primo luogo perché la classe politica e la società più in generale si accorgono per la prima volta della loro esistenza, del loro potenziale e della loro forza. Poi perché rappresentano la maggior innovazione politica e civile delle manifestazioni del 2020.

Infine perché, qualunque sarà l’esito delle proteste, la società bulgara sarà cambiata per sempre. Questi giovani manifestano a viso scoperto e dicono apertamente i loro nomi. La piattaforma Voci della protesta (creata dall’osservatorio Politica e cittadinanza) raccoglie le loro istanze, e la maggior parte delle citazioni in questo articolo proviene da lì, oltre che dai loro incontri con l’autrice, che è a sua volta una manifestante.

Trasformazione, e non semplici dimissioni
Le rivendicazioni sono di breve e lungo periodo. L’obiettivo più immediato è inequivocabile e categorico: le dimissioni del primo ministro e del procuratore generale. La retorica è carica d’emozione, e gli inviti alle dimissioni si accompagnano a parole come “vergogna”, “tribunale” e “prigione”. Giovani, ma consapevoli i manifestanti hanno elaborato una strategia degna di nota per ottenere un nuovo contratto sociale, che illustrano attraverso tre mutamenti.

“Mutamento del sistema, non semplice sostituzione”, dice Stefanie, 21 anni, studente a Londra. “Il sistema di governo dovrebbe essere radicalmente mutato”, sottolinea Yoanna, 19 anni e studente della città di Dupnitza. Gergana, 19 anni, un’altra studente di Dupnitza, protesta contro l’oligarchia. Kaloyan, 20 anni, studente di giornalismo, si batte contro le contiguità tra circoli governativi e crimine organizzato. Philip, 20 anni, studente in filosofia, sintetizza: “Contro la violazione dello stato di diritto, contro un potere autoritario, pseudodemocratico e legato alla mafia, contro la politicizzazione di tutte le sfere dell’esistenza, contro lo status quo e contro il conformismo nei confronti dello status quo, che urla semplicemente ‘sono tutti uguali’”.

Nessuna condanna senza riforma della giustizia
Anche prima di assumere l’incarico di procuratore generale, Ivan Geshev aveva scioccato l’opinione pubblica per la sua ignoranza dei princìpi fondamentali dello stato di diritto. Aveva infatti definito “estremisti” i sostenitori della separazione dei poteri. Il procuratore generale è il secondo e fondamentale obiettivo delle proteste, che chiedono una riforma costituzionale del sistema giudiziario: attualmente il procuratore generale è responsabile “solo nei confronti di Dio”, per usare le parole dello stesso Geshev. La riforma della giustizia dovrebbe precedere quella politica. Come sottolinea Ani, 23 anni, redattrice televisiva: “Non importa chi comanda se non esiste una procura generale indipendente che lavora per i diritti delle persone, e non per gli oligarchi e per la mafia”.

Occorre un’alternativa politica
Giovani e senza esperienza, i manifestanti sono politicamente lucidi e si oppongono ai tentativi politici di strumentalizzare e appropriarsi della loro energia : “Non vogliamo il Gerb (il partito Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria”). Non vogliamo il Bsp. Vogliamo cambiare! Cambiare! (Magdalena, 20 anni, studente d’arte). “Bsp, Mrf (il Movimento per i diritti e delle libertà), Bozhkov, Slavi, Maya, Tsvetanov. Non provate a salire sul carro! Non vogliamo neanche voi. Vogliamo che le proteste portino a un’alternativa” (Nikola, 17 anni, studente di scuola superiore).

I manifestanti sono cittadini ben informati, che fanno una distinzione chiara tra le istituzioni e le persone che le incarnano. Difendono per esempio l’istituzione della presidenza, ma si oppongono ai tentativi di Rumen Radev di trarre vantaggio dal malcontento popolare: “Queste proteste sono a favore della presidenza e contro chi calpesta il principio della separazione dei poteri. Ma per me Radev non è diverso dai nostri attuali governanti, e non voglio che diventiamo pedine della sua strategia politica” (Dafina).

Contro le élite
Le élite si appropriano dello stato e svuotano le istituzioni democratiche, e per calmare la rabbia, il loro unico strumento è il denaro usato nel tentativo di trasformare cittadini consapevoli in individui socialmente deboli. È così che si è articolato finora lo scontro.

L’élite è stata presa in contropiede. La protesta è politica, ma il governo la considera sociale. “Il Gerb è scioccato dal fatto che le persone non protestino per chiedere più soldi o perché abbiamo fame. Scendiamo in piazza per difendere giustizia, stato di diritto e interesse pubblico” (Dimitur, 24 anni, grafico). Alla richiesta di dimissioni:il governo risponde con aiuti sociali, come un piccolo aumento delle pensione. È la risposta, piuttosto inadeguata per una protesta animata perlopiù da giovani, dei partiti nazionalisti della coalizione di governo.

Alcuni partiti d’estrema destra (come Unione nazionale attacco) organizzano tradizionalmente delle campagne di “solidarietà ortodossa” distribuendo piccole somme. Sulla stessa falsariga il governo propone di distribuire denaro pubblico a pioggia. Distribuire denaro pubblico in giro calmerà i manifestanti o li farà arrabbiare ancora di più? Per conoscere la risposta basta scendere in piazza con loro.

Durante una manifestazione contro la corruzione a Sofia, il 13 luglio 2020. (Nikolay Doychinov, Afp)

Far sentire la propria voce, non fuggire
“Voglio vivere e lavorare in Bulgaria”– lo slogan preferito di Gergana (Dupnitza) e Stefanie (Londra) – riassume il credo di questa nuova generazione. Molti di loro studiano all’estero, organizzano e partecipano a proteste in varie capitali d’Europa o in città bulgare durante le vacanze. Possono decidere – e decidono – dove studiare e lavorare, ma scelgono di far sentire la loro voce, non di fuggire.

A una fuga personale preferiscono una trasformazione politica: “Restate in Bulgaria, il paese ha bisogno di cambiamento e sviluppo” (Yoanna). “Voglio vivere in Bulgaria, non in un sistema pieno di menzogne e saccheggi” (Ani). “Non perdete la speranza, c’è un grande potenziale in questo slancio… La Bulgaria ha tutto il potenziale necessario a diventare un paese europeo davvero democratico, dobbiamo solo superare gli ostacoli che abbiamo di fronte e poi potremo finalmente vivere tutti a casa”, prevede ottimisticamente Stefanie, 21 anni, che vive ancora nel Regno Unito.

Il voto elettronico è una richiesta piuttosto sorprendente – ma in realtà logica – dei manifestanti, determinati a partecipare alla politica nazionale indipendentemente dal loro luogo di residenza. Secondo loro l’uso di tecnologie elettroniche nell’amministrazione, garantisce trasparenza e assunzione di responsabilità: “Voglio il voto elettronico per permettere a più persone di partecipare, e per evitare quanto possibile che le persone comprino voti a favore del Gerb” (Magdalena).

Questi bulgari europei impegnati sono una grandissima risorsa. Se una Bulgaria riformata riuscirà un giorno a convincerli a rimanere o a tornare nel loro paese, sarà un segnale promettente del fatto che lo stato si è liberato da mafia e corruzione, ed è tornato ai suoi cittadini e a una qualche forma di meritocrazia.

Creativi contro radicalizzati
“Lasciamo che i millennial vadano alle proteste e vediamo che succede: sono estremamente creativi” (Ani). Effettivamente, performance, arte, umorismo rendono più belle le proteste, trasformandole in un evento festoso: manifestanti che impersonano il primo ministro e il procuratore generale come prigionieri in gabbia, circondati da un “muratore”, un’ “infermiera” e altre figure del popolo; la statua di Sofia che regge un cartello con scritto “dimissioni”, parte dell’iniziativa di arte di strada #Resignation; ingegneri informatici che creano un modellino del “palazzo” del leader politico che ha scatenato le proteste. “Siamo creativi e pensanti” (Magdalena). Questa è una delle facce della protesta. L’altra è costituita dai manifestanti più radicalizzati: persone che si accampano nelle piazze, bloccano incroci e autostrade, e intralciano il traffico.

I radicali sono più arrabbiati, oltre che più visibili politicamente e a loro agio con i mezzi d’informazione. I creativi sono più allegri, artistici e ottimisti. Fatto interessante, si tratta spesso delle stesse persone, ma in due diversi contesti e con due diverse modalità di protesta.

I radicali sono criticati perché disturbano la vita quotidiana di numerosi cittadini. I creativi perché dirottano le proteste lontano dai loro obiettivi politici “seri”.

Per me, l’estetizzazione delle proteste è un fatto positivo, un modo di creare una cittadinanza creativa. Grazie a Luc Boltanski ed Ed Chiapelo sappiamo che dopo il 1968 la critica politica ha imboccato due strade: una sociale, che mira a trasformare le relazioni di potere, e una artistica, che mira a trasformare gli individui sul terreno dell’autenticità e della creatività. Questi giovani manifestanti condividono il progetto utopico di unire la trasformazione politica alla cittadinanza creativa.

Durante questa estate di protesta sto leggendo Time shelter, il nuovo romanzo dello scrittore bulgaro Georgi Gospodinov: “All’epoca resisteva ancora un’inviolabile riserva di futuro… Un decennio dopo quella riserva era finita, avevamo toccato il fondo… Da lì, da qualche parte, è successo qualcosa al tempo, qualcosa è cambiato, ha fatto uno scatto, ha avuto un fremito, ha girato a vuoto e ha smesso di muoversi” .

I manifestanti portano il futuro in un’epoca bloccata dalle élite antiriformiste e postdemocratiche, e lo fanno principalmente in quattro modi.

  • Rifiutando radicalmente i falsi “eroi” della fallita transizione postcomunista: “Per la nostra generazione, le immagini del cittadino brontolone, dell’oligarca e del politico corrotto non sono romantiche. Ci disgustano o ci fanno ridere” (Dimitar).
  • Sostenendo una nuova generazione di cittadini critici, “più responsabili, più attenti” (Kamen, 21 anni). “Siamo l’alternativa: votiamo, protestiamo e lottiamo con tutti i mezzi democratici disponibili” (Dafina, 22 anni, studente di legge).
  • Costruendo una cultura politica dell’attivismo che costringa le élite a rispondere delle loro azioni: “Impegno civile e attivismo sociale, indipendentemente da chi è al potere! Le proteste di oggi non dovrebbero essere la fine della lotta, ma l’inizio di una società più consapevole” (Ani). “Creare un’alternativa è un processo: non sarà costruito dall’oggi al domani, e noi che siamo in piazza dobbiamo essere pronti a lavorare e lottare per essa ogni giorno, ciascuno nel proprio campo e secondo i propri valori… Finché le cose cambieranno!” (Dafina).
  • Scandendo i tempi della politica non come proseguimento dello status quo postdemocratico, ma in termini di futuro e cambiamento: “Voglio un futuro in Bulgaria” (Ani), “È tempo di cambiare!” (Bojidar).

Non è chiaro quale sarà l’esito delle proteste, perché chi detiene il potere non è disposto a cederlo. Ma le manifestazioni hanno già vinto, dal punto di vista dell’impegno civile. “Dopo le dimissioni so che ci sarà un cambiamento importante, gigantesco: i cittadini bulgari sapranno di avere una voce e il potere di cambiare”. (P. Ivanovna, 30 anni, insegnante).

I cittadini che protestano sono l’antidoto alla postdemocrazia. Le mobilitazioni civili sono il sistema immunitario della democrazia.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Da sapere
Dove nasce la protesta bulgara
  • In Bulgaria, le manifestazioni di massa contro la corruzione e i legami tra stato e criminalità sono cominciate a luglio, in seguito alle ispezioni ordinate dalla procura guidata da Ivan Geshev negli uffici di due assistenti del presidente Rumen Radev.
  • Nel 2019 il presidente aveva cercato di bloccare la nomina di Geshev e aveva criticato più volte l’inazione del governo di centro destra, guidato da tra legislature da Boyko Borissov, nel combattere la corruzione.
  • Le manifestazioni sono rimaste pacifiche fino al 2 settembre 2020, quando sono scoppiati degli scontri tra la polizia in tenuta antisommossa e gruppi di dimostranti che hanno fatto esplodere piccoli ordigni e fumogeni. Lo stesso giorno si era tenuta la prima discussione parlamentare di un progetto di riforma costituzionale presentato da Borissov.
  • I suoi oppositori, compreso il presidente Radev, lo accusano però di voler mascherare l’inefficacia del governo e della procura nella lotta anticorruzione, in un paese come la Bulgaria che figura tra i più poveri dell’Unione europea e tra quelli dove la corruzione e la criminalità sono più diffuse.

Questo articolo è uscito su openDemocracy.

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