21 marzo 2020 15:40

Il Covid-19 sta avendo serie conseguenze anche sul mondo della musica. Le inevitabili misure restrittive approvate dai governi per contenere la pandemia stanno portando alla cancellazione di concerti ed eventi in tutto il mondo e stanno mettendo in dubbio le poche certezze dell’industria discografica, che stava cominciando a risollevarsi da anni di crisi.

Il 18 marzo il festival britannico di Glastonbury, in programma dal 24 al 28 giugno nel Somerset, è stato cancellato. La stessa sorte è toccata al South by Southwest di Austin, nel Texas, che si sarebbe dovuto tenere a marzo, e al Jazz & Heritage Festival di New Orleans, rinviato in autunno, così come all’Eurovision, dove avrebbe dovuto cantare il vincitore di Sanremo, Diodato. Non è escluso che altri eventi europei, a partire dal Primavera sound di Barcellona, saranno presto costretti ad alzare bandiera bianca. Anche i locali stanno pagando il prezzo dell’emergenza sanitaria. Nel Regno Unito, per esempio, hanno chiuso momentaneamente club storici come il Fabric e il Ministry of Sound.

Anche le vendite dei dischi si sono fermate: in molti paesi, a partire dall’Italia, i negozi sono chiusi. Amazon ha deciso di sospendere lo stoccaggio di nuovi cd e vinili, concentrandosi sui beni di prima necessità. Il sito Bandcamp, portale dedicato ai musicisti indipendenti, il 20 marzo per ventiquattr’ore non ha incassato niente dai download e ha messo tutto il ricavato “nelle tasche degli artisti”. E proprio su Bandcamp è in programma anche l’iniziativa Distance will not divide us, una raccolta di inediti realizzata da alcuni artisti della scena elettronica italiana (da Populous a Clap! Clap!) che raccoglierà fondi per l’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani.

La strategia dell’industria della musica dal vivo, per il momento, è quella di rinviare i concerti, quando è possibile, senza cancellarli. Per questo il festival californiano Coachella è stato spostato a ottobre. Ma i prossimi mesi si preannunciano comunque difficili. Visto che ormai i guadagni per gli artisti arrivano dai tour e non dai dischi, l’industria discografica, a partire dalla multinazionale della musica dal vivo Live Nation, corre grossi rischi.

All’aspetto finanziario va aggiunto quello sanitario, ancora più importante: in questo momento le persone devono restare a casa e l’industria musicale va rimodellata sulle nuove abitudini collettive. C’è però uno strumento che è venuto in soccorso agli artisti e al pubblico: lo streaming in diretta.

Un concerto in salotto
L’Italia, il primo paese occidentale a dover fronteggiare la pandemia di Covid-19, è stata la prima a sperimentare l’uso dello streaming in diretta per abbattere i confini tra musicisti e fan. Molti artisti hanno cominciato a fare concerti dal loro salotto di casa. La prima è stata Francesca Michielin, che ha presentato su internet il suo disco Feat. Poi è arrivato Jovanotti con il Jova house party, un appuntamento quotidiano di quattro ore su Instagram nel quale il cantante ha coinvolto vari ospiti, da Fiorello all’atleta paralimpica Bebe Vio. In seguito Lorenzo è stato imitato da altri musicisti italiani: Brunori Sas, Teresa De Sio, Benny Benassi, Gianni Morandi, Diodato e i Coma_Cose.

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Altre iniziative sono nate anche per raccogliere fondi da devolvere agli ospedali. Il direttore del sito Rockol, Franco Zanetti, ha ideato #iosuonodacasa, un progetto che mette insieme tutti i concerti casalinghi dei musicisti italiani e tiene un calendario aggiornato degli show (consultabile qui). L’iniziativa prevede anche una raccolta fondi per aumentare i posti letto in rianimazione dell’ospedale Niguarda di Milano.

Il progetto #StayON invece è organizzato da alcuni locali di musica dal vivo e festival italiani (dentro ci sono l’Off Topic a Torino, Germi a Milano, il Monk a Roma, il Cinzella di Grottaglie) e coordinato dall’associazione di categoria KeepOn Live. Si tratta di concerti, reading e altri eventi in streaming, ma la differenza in questo caso è che gli artisti suonano in diretta dalle pagine Facebook dei locali o dei festival e non dai loro profili personali. La scelta è simbolica: #StayON vuole riportare l’attenzione sugli spazi culturali e sulle persone che ci lavorano. Al progetto partecipano Lodo Guenzi dello Stato Sociale, Jeremiah Fraites dei Lumineers (che si esibirà il 23 marzo alle 19.30) e altri. A ogni diretta sarà associato un link a sostegno di campagne territoriali per raccolte fondi dedicate agli ospedali e alla protezione civile.

Il 31 marzo su Rai 1 e in streaming su altri siti si svolgerà Musica che unisce, un evento organizzato per raccogliere fondi per la Protezione civile al quale parteciperanno Diodato, Gianni Morandi, Emma Marrone, Fedez e altri nomi importanti della musica italiana.

Sono tante le iniziative simili che sono nate e stanno nascendo: per esempio #iosonomecenate, organizzata dal teatro Css di Udine e che ha avuto l’adesione del compositore Teho Teardo, dell’attore Elio Germano e di altri artisti. E tante continuano a nascere ogni giorno.

Springsteen sul divano
Anche all’estero le cose cominciano a muoversi, in particolare negli Stati Uniti, un paese che sta già sperimentando i primi effetti della pandemia. Come da noi, i più veloci ad attivarsi hanno scelto Instagram. Miley Cyrus sta usando Instagram per chiacchierare con i fan, fare ginnastica e parlare con gli amici. Se uno ha voglia di cose un po’ meno frivole può farsi un giro sul sito del Grammy Museum di Los Angeles, che ha messo online alcuni contenuti dal suo archivio digitale, a partire da un’intervista a Billie Eilish, oppure ascoltare un concerto acustico di Chris Martin dei Coldplay. Su Billboard e su Pitchfork si trova un elenco aggiornato di tutte le esibizioni. Lo stesso Pitchfork ha fatto una guida ai concerti da vedere in streaming durante il periodo di distanziamento sociale.

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Bruce Springsteen ha regalato ai suoi fan il video del concerto del 2009 all’Hard Rock Calling di Londra e li ha invitati a “praticare il distanziamento sociale” godendosi lo spettacolo sul divano. Il 16 marzo Neil Young ha lanciato una serie di concerti in streaming in diretta di fronte al camino, che saranno filmati da sua moglie, Daryl Hannah. Simile l’iniziativa lanciata dalla cantante neosoul Erykah Badu. In Spagna invece è nato il Cuarantena Fest, un evento di musica in streaming “per tempi difficili”, come recita il sito della manifestazione. E le playlist create su Spotify per passare il tempo non si contano.

Dopo l’emergenza
L’industria musicale ha già sfruttato questo strumento in passato. La diretta del Coachella trasmessa su YouTube l’anno scorso ha fatto 82 milioni di visualizzazioni. Nel 1994, agli albori di internet, i Rolling Stones trasmisero venti minuti del loro concerto a Dallas attraverso un servizio chiamato M-Bone. Lo streaming in diretta non è mai servito a rimpiazzare i concerti ma più che altro ad allargare la base dei fan o a coinvolgerli di più. Nei prossimi mesi, vista la situazione, sembra lo strumento tecnologico più comodo per tenere viva la comunità, anche se non sarà semplice per i musicisti guadagnarci.

Cosa succederà una volta finita l’emergenza? Il ricorso allo streaming in diretta è solo una toppa oppure può diventare una soluzione a lungo termine per rimpiazzare i concerti? Ci sono già piattaforme come YouNow che permettono di fare show in rete sovvenzionati dagli ascoltatori, ma un modello di business su larga scala non è ancora stato sperimentato, quindi è ancora troppo presto per dire se l’industria musicale abbia trovato un antidoto alla crisi.

Come ha scritto Cherie Hu su Pitchfork: “I consumatori non sono abituati a pagare per i concerti visti attraverso uno schermo. I musicisti non possono vivere solo di donazioni e le applicazioni che usano il paywall non sono ancora state messe alla prova sui grandi numeri. La verità è che la maggior parte degli artisti e dei lavoratori della musica dal vivo non recupereranno i soldi persi in questi giorni grazie allo streaming, a meno che non ci siano investimenti a lungo termine su questa tecnologia”.

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