Se le peggiori paure dell’Europa dovessero realizzarsi e il conflitto in Ucraina dovesse estendersi ad altri paesi confinanti con la Russia, la Finlandia sarà sicuramente preparata. I finlandesi, infatti, posseggono scorte strategiche per sei mesi di tutti i principali carburanti e cereali, mentre le case farmaceutiche hanno l’obbligo di mantenere una riserva sufficiente per un periodo compreso tra i tre e i dieci mesi di tutti i farmaci importati.

Inoltre il paese può contare su solide difese civili: tutti i palazzi di una certa grandezza hanno all’interno un rifugio antiaereo. Il resto della popolazione può sfruttare i parcheggi sotterranei, le piste di pattinaggio e le piscine, facilmente convertibili in centri per l’accoglienza degli sfollati. Anche i combattenti non mancano. Quasi un terzo della popolazione adulta del paese è riservista, dunque la Finlandia può mobilitare uno degli eserciti più grandi in Europa in proporzione alle sue dimensioni.

“Dalla fine della seconda guerra mondiale abbiamo preparato la nostra società, e siamo stati addestrati ad affrontare questo tipo di situazione”, spiega Tytti Tuppurainen, ministra degli affari europei. Dopo aver trascorso ottant’anni all’ombra dell’Unione Sovietica e poi della Russia, la minaccia di una guerra in Europa “non ci ha colto di sorpresa”, precisa Tuppurainen.

La strategia improvvisata della “difesa totale” che ha caratterizzato la risposta dell’Ucraina all’invasione russa, con commercianti e novelli sposi che hanno preso le armi, ha affascinato il resto del mondo. La Finlandia, però, ha un approccio diverso: la sua strategia di “sicurezza completa” mostra che un paese può creare in anticipo sistemi di difesa solidi che coinvolgano l’intera società, preparandosi non solo a un’ipotetica invasione ma anche a disastri naturali, attacchi informatici su ampia scala e pandemie.

Non si tratta solo di preparazione militare. Il sistema finlandese comprende anche quello che Charly Salonius-Pasternak, esperto di sicurezza dell’Istituto finlandese per gli affari internazionali, descrive come “il compito noioso e poco accattivante” di garantire che le leggi e le regole siano rispettate anche durante un’emergenza. La Finlandia ha creato reti informali tra le élite politiche, imprenditoriali e delle ong per prepararsi al peggio. Il paese cerca costantemente di studiare i propri punti di debolezza per rafforzarli e creare un sistema il più resiliente possibile prima che scoppi una crisi.

La guerra in Ucraina ha mostrato fino a che punto la Finlandia sia esposta a un attacco, con i suoi 1.340 chilometri di confine con la Russia. Oggi i leader finlandesi discutono della prospettiva di aderire alla Nato, mentre i governi del resto dell’Europa valutano il livello della loro cooperazione in materia di difesa e sicurezza. Per la prima volta nella storia, la maggioranza dei finlandesi (che sono 5,5 milioni) è favorevole a entrare nella Nato. Ma la Finlandia deve comunque preoccuparsi di migliorare la propria strategia nazionale.

“Considerando la nostra posizione geostrategica, l’estensione del territorio e la scarsa densità di popolazione abbiamo bisogno di essere perfettamente organizzati per difendere il paese. Ci prepariamo regolarmente in molti ambiti per far sì che tutti sappiano cosa fare, dal processo decisionale politico alle banche, dalla chiesa all’industria fino ai mezzi d’informazione”, spiega Janne Kuusela, direttore generale del dipartimento delle politiche difensive del ministero della difesa. “Il risultato è che, quando serve, la società è pronta a entrare in modalità di ‘crisi’”.

Eredità del passato
Questa è in buona parte l’eredità della guerra contro l’Unione Sovietica del 1939-1940, che in un certo senso somigliò all’invasione dell’Ucraina. I finlandesi contrastarono i russi nella brutale “guerra d’inverno”, ma persero ampie porzioni del territorio nazionale, tra cui la città più cosmopolita del paese, Vyborg, e diverse importanti aree industriali. Durante la ricostruzione, i finlandesi promisero a loro stessi che non sarebbe più successo niente di simile. “Abbiamo avuto molte esperienze sconvolgenti nel corso della storia. Non le abbiamo dimenticate, sono nel nostro dna. Per questo siamo stati molto attenti a conservare la nostra resilienza”, spiega il presidente Sauli Niinistö, sottolineando che secondo i sondaggi circa tre quarti dei finlandesi sono disposti a combattere, di gran lunga la percentuale più alta in Europa. La Finlandia può contare su 280mila soldati, per un totale di 900mila riservisti addestrati. Anche dopo la fine della guerra fredda il paese ha mantenuto l’obbligo di leva per tutti i diplomati maschi, diversamente da molti altri paesi europei. Helsinki ha tenuto alte le spese militari anche quando negli anni novanta e duemila molti altri le hanno ridotte .

I dettagliati piani finlandesi di risposta a un’invasione comprendono il dispiegamento di aerei da guerra in aree remote, il posizionamento di mine lungo le più importanti rotte commerciali e la preparazione delle difese di terra, con la possibilità di far saltare in aria i ponti. Jarmo Lindberg, ex capo delle forze armate, sottolinea che la capitale “somiglia a un formaggio svizzero” con decine di chilometri di tunnel. “Alcune aree ricordano i film di James Bond”. Tutte le sedi delle forze armate sono situate all’interno di rilievi sotto “trenta-quaranta metri di granito”, aggiunge Lindberg. Se i servizi segreti militari dovessero rilevare un attacco in corso, l’esercito sarebbe immediatamente attivato, e nei limiti del possibile i civili trasferiti dalle aree a rischio. È un meccanismo che non ricalca assolutamente quello che è successo in Ucraina. Kuusela sottolinea che la strategia finlandese si basa sulla volontà dei cittadini di difendere il paese, recentemente nominato il più felice del mondo per il quinto anno di fila. “Essere finlandesi significa accettare un patto”, spiega Kuusela. “Siamo primi al mondo nella classifica della felicità, ma l’altra faccia della medaglia è che dobbiamo essere preparati a difendere questa felicità. Abbiamo rischiato il tracollo durante la seconda guerra mondiale e l’esperienza ci ha rafforzati”.

I finlandesi sanno che tutto questo potrebbe non bastare. Così hanno lavorato duramente per costruire un sistema di risposta alle crisi. “Cerchiamo di assicurarci che la nostra società sia forte e possa affrontare tempi difficili”, spiega Niinistö. “Essere pronti e preparati fa parte della mentalità finlandese”. Questo sistema prevede anche la partecipazione delle grandi aziende, con un ruolo di primo piano nella gestione delle crisi. Salonius-Pasternak considera un vantaggio la possibilità di chiedere, in qualsiasi momento, alle principali aziende di affrontare una crisi nazionale, perché in questo modo “l’economia di mercato è sfruttata per avere una società ben preparata”. Ogni settore cruciale – telecomunicazioni, agroalimentare, energia – organizza incontri annuali in cui si affrontano i problemi che potrebbero presentarsi in caso di emergenza.

Se le nostre difese fallissero, non avremmo commercio né welfare né crescita economica. Questo è chiaro a tutti

“L’idea di fondo è: se un’azienda o un settore viene colpito, come si può risolvere il problema? Per esempio, come sfamare la nazione o mantenere la fornitura di carta igienica se il traffico marittimo fosse bloccato nel mar Baltico?”, spiega Salonius-Pasternak. Le aziende “capiscono qual è il ruolo che devono svolgere”, garantisce Kuusela. “I manager hanno esperienza nell’esercito. Se le nostre difese fallissero, non avremmo commercio né welfare né crescita economica. Questo è chiaro a tutti”. L’Agenzia nazionale per le forniture d’emergenza (Nesa) coordina questa rete di aziende, ma le responsabilità dell’organizzazione non si esauriscono qui. La Nesa può contare su risorse per un valore di 2,5 miliardi di euro, sotto forma di scorte strategiche (sufficienti per sei mesi) di cereali come grano e avena, ma anche di diversi tipi di carburante come benzina e gasolio, insieme a una serie di non meglio precisati “asset strategici” di cui fa parte il controllo parziale della rete elettrica nazionale. Janne Känkänen, amministratore delegato della Nesa, sottolinea che l’agenzia riscuote un piccolo tributo da tutte le vendite di combustibili fossili ed elettricità in Finlandia, e questo le concede “un buon margine di manovra per rispondere a diversi tipi di crisi in tempi brevi”.

La Nesa può acquistare rapidamente prodotti fondamentali, ma può anche sorvegliare diversi settori e, per esempio, chiedere se nella stagione in corso gli agricoltori finlandesi produrranno abbastanza cerali. Da dicembre del 2021 l’agenzia monitora “con particolare attenzione” la situazione in Ucraina, mentre in precedenza si concentrava soprattutto sulla pandemia di covid-19. Attraverso una rete di aziende di ogni settore, la Nesa può “sviluppare e consolidare la propria preparazione”, assicurando che il flusso d’informazioni su quello che succede e sui potenziali problemi scorra senza intoppi in entrambi i sensi, spiega Känkänen. “In tempi di crisi, abbiamo un sistema già collaudato e non dobbiamo costruirlo da zero”. L’invasione russa dell’Ucraina produrrà senz’altro un dibattito per migliorare la preparazione e potenzialmente aumentare le scorte, sostiene Känkänen.

Per assicurarsi che i vertici dell’establishment finlandese comprendano qual è la posta in gioco, sono invitati a partecipare a dei corsi di difesa nazionali. Quattro volte l’anno decine di leader politici, manager di grandi aziende e rappresentanti della chiesa, dei mezzi d’informazione e delle ong s’incontrano per un programma intensivo di lezioni tenute da alti ufficiali dell’esercito e funzionari del governo, oltre a una serie di simulazioni di crisi. Tuppurainen ha partecipato nel 2014, mentre imprenditori come Jorma Ollila, ex capo della Nokia, e Mika Ihamuotila, presidente dell’azienda di abbigliamento Marimekko, hanno seguito il corso subito dopo le rispettive nomine. Secondo Salonius-Pasternak è un’esperienza “illuminante” che permette a imprenditori e politici d’invertirsi i ruoli, immaginando scenari come il seguente: “Il livello del mar Baltico s’innalza, dobbiamo chiudere le centrali nucleari, oppure c’è una pandemia”. Spiega Salonius-Pasternak: “C’è una soluzione a questi problemi? Naturalmente no. Ma il punto è conoscere le persone e immaginare quali difficoltà potrebbero presentarsi in un’azienda o nel governo in caso di crisi”. Un totale di diecimila persone ha partecipato a questi corsi negli ultimi sessant’anni. La maggior parte continua a incontrarsi regolarmente per discutere di questi problemi. Altre 60mila persone hanno preso parte a corsi di difesa regionali. Secondo Salonius-Pasternak questi corsi sono l’elemento della strategia finlandese che più facilmente potrebbe essere adottato da altri paesi.

Leggi a prova di crisi
Un aspetto più noioso ma altrettanto essenziale del sistema di preparazione riguarda il modo in cui le autorità finlandesi, dopo l’annessione illegale della Crimea da parte della Russia (2014), hanno analizzato l’intero corpo normativo del paese per garantire che fosse solido e non ci fossero falle. I funzionari ricordano ancora il lavoro sfiancante per assicurarsi che le leggi fossero adatte alle situazioni di crisi, per esempio permettendo alle aziende di uno stesso settore di dialogare nel contesto di un’emergenza nazionale senza essere accusate di operare come un cartello. “A volte è semplice, basta verificare che in ogni legge ci sia una clausola che contiene una frase come ‘questa normativa può essere sospesa in tempo di crisi’, spiega un funzionario.

La Finlandia non pensa solo a un’invasione, ma anche ad altre forme di attacco, che siano locali, come l’avvelenamento di una fonte d’acqua o la neutralizzazione di una centrale energetica, o nazionali, come gli attacchi informatici. Di recente si è posta particolare attenzione alle “minacce ibride”, azioni offensive ambigue, che non raggiungono il livello di un’aggressione militare vera e propria. Teija Tiilikainen, direttrice del Centro europeo di eccellenza per la risposta alle minacce ibride, con sede a Helsinki, spiega che la Finlandia ha bisogno di essere più “proattiva” nell’identificare in anticipo i propri punti deboli. Nel 2015, per esempio, le autorità finlandesi sono state colte di sorpresa quando i russi hanno lasciato superare il confine a migranti senza documenti. “Il fatto che la Russia abbia scatenato una guerra contro un paese vicino di dimensioni inferiori può solo rafforzare la comprensione delle nostre vulnerabilità. La consapevolezza pubblica dei rischi e delle minacce è estremamente elevata”, sottolinea Tiilikainen.

Secondo Niinistö la Finlandia ora deve ricalibrare i propri sforzi. “In questi decenni di pace, con un sistema assistenziale efficace, la vita è stata più facile che in passato. Le preoccupazioni sembravano lontane. Per questo oggi dobbiamo ascoltare i campanelli d’allarme e migliorare”.

Prima dello scoppio della guerra in Europa, le difese della Finlandia sono state messe alla prova dalla pandemia di covid-19. In generale il paese ne è uscito bene, ma secondo gli esperti ci sono spazi di miglioramento. Il principale problema è stato mettere in atto e informare tutti delle decisioni prese in modo efficace dal governo. Ci sono state difficoltà, per esempio, nel sottoporre ai test i passeggeri in arrivo negli aeroporti. Il governo aveva preso una decisione, ma in un secondo momento ha scoperto che bisognava interpellare ben 21 enti per applicarla. “Dobbiamo snellire il nostro sistema per la gestione delle crisi”, spiega Petri Toivonen, segretario generale della commissione per la sicurezza finlandese. “Non vogliamo un sistema efficace contro il covid-19, ma non contro un attacco militare”.

Un rischio ricorrente è che le autorità tendono a modificare i sistemi in base all’ultima crisi, ma Toivonen sottolinea che la forza dell’approccio finlandese è la capacità di prepararsi a un “cigno nero”, o un evento inaspettato, grazie all’attenzione verso la protezione delle “funzioni vitali” della società. Secondo Salonius-Pasternak un altro problema è che la strategia a volte ignora l’opinione pubblica, partendo dal presupposto che la popolazione non vada disturbata se il sistema funziona. “Tutti dovrebbero avere un’idea generale di cosa fare in caso di calamità. È una cosa facile, e molto utile nelle prime 72 o 96 ore di crisi. Abbiamo visto che in questa fase ci sono delle lacune, a cui bisogna rimediare”.

Non c’è dubbio che i finlandesi siano preoccupati dall’invasione dell’Ucraina, un altro paese confinante con la Russia che non fa parte della Nato. Helsinki ha sempre cercato di mantenere buone relazioni con Mosca, in ragione del lungo confine tra i due paesi, ma ora quella speranza è stata spazzata via. Durante la guerra fredda la posizione geografica della Finlandia ha costretto le autorità alla neutralità per placare l’Unione sovietica, ma dopo l’ingresso nell’Unione europea nel 1995 e il progressivo avvicinamento alla Nato degli ultimi decenni, a Helsinki cresce la sensazione che un’ingresso nell’alleanza militare rafforzerebbe lo status della Finlandia come paese indipendente e vicino all’occidente.

Allo stesso tempo molti credono che la guerra in Ucraina dimostri la bontà dell’approccio mantenuto dalla Finlandia in tutti questi anni. “L’idea, semplice, è che la Finlandia meriti di essere difesa. Dunque ognuno ha questa responsabilità, dall’amministratore delegato all’insegnante”, sottolinea Salonius-Pasternak. Secondo l’esperto di sicurezza, la guerra in Ucraina ha dimostrato che “la volontà di agire è importante. Se abbinata alla presenza di solide reti in un piccolo paese e a una preparazione adeguata, il risultato è un sistema potente”.

Il dibattito sull’Ucraina e la Nato cambierà molte cose nel paese. Ma non il fatto che la Finlandia è e resterà la vicina della Russia. “Alcuni sostengono che abbiamo combattuto 32 guerre con i russi, altri ritengono siano 42”, ricorda Lindberg. “Io so solo che la Russia sarà sempre lì, e noi saremo sempre pronti”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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