08 luglio 2020 15:56

In Etiopia almeno cinquanta persone sono rimaste uccise nella prima giornata di disordini scatenati dall’omicidio, il 29 giugno ad Addis Abeba, del noto musicista e attivista oromo Hachalu Hundessa. Una settimana dopo i morti erano saliti a 239, secondo il bilancio pubblicato dalla polizia l’8 luglio. Mentre internet era oscurato, le forze di sicurezza hanno arrestato giornalisti ed esponenti politici di primo piano della comunità oromo.

Il 30 giugno migliaia di persone sono scese in piazza vicino all’ospedale St. Paul di Addis Abeba, dov’era in corso l’autopsia sul musicista. All’uscita dall’ospedale, il veicolo che trasportava la sua bara è stato accompagnato da una folla di giovani, tra cui pochi indossavano le mascherine protettive. Questa è solo una dimostrazione dell’effetto che il cantante di 34 anni aveva su milioni di suoi ammiratori. Le immagini del corteo funebre improvvisato sono state trasmesse dal vivo dal canale locale Oromia media network (Omn). Poco dopo la polizia ha messo a soqquadro gli uffici dell’emittente e arrestato alcuni collaboratori. “La polizia ha circondato i giornalisti e ha devastato i locali della nostra sede di Addis Abeba”, ha dichiarato Kitaba Megersa, del consiglio d’amministrazione di Omn. “Alcuni dipendenti sono riusciti a sfuggire alla polizia, ma altri sono stati arrestati nel corso della perquisizione o all’esterno, mentre seguivano le manifestazioni di cordoglio”.

Tra gli arrestati ci sono Jawar Mohammed, uno dei fondatori di Omn, e Bekele Gerba, esponenti del partito Congresso federalista oromo. Gli arresti hanno provocato grande costernazione in tutto il paese, perché sono i due leader più influenti all’interno dell’opposizione. Il governo ha inoltre bloccato l’accesso a internet in tutto il paese, per cercare di contenere le proteste e per bloccare il flusso d’informazioni. “Nessuno è al di sopra della legge”, ha dichiarato il commissario di polizia Endeshaw Tassew. “Il gruppo di detenuti guidato da Jawar Mohammed aveva cercato di far seppellire il corpo ad Addis Abeba, contro la volontà della famiglia. Un poliziotto è stato ucciso da una persona dell’entourage di Jawar nel corso di una violenta colluttazione”.

Endeshaw ha dichiarato che sono state confiscate delle armi alle guardie del corpo di Jawar, e che 35 persone sono state arrestate. Non ha dato spiegazioni per l’irruzione negli uffici di Omn. La sera del 30 giugno ad Addis Abeba sono stati avvertiti i primi colpi di arma da fuoco, oltre che tre esplosioni. La polizia sostiene di aver arrestato molte persone sospettate di aver partecipato all’omicidio di Hachalu.

Condanne internazionali
La responsabile di Human rights watch per il Corno d’Africa, Laetitia Bader, ha dichiarato: “Le autorità etiopi dovrebbero cercare di dare una risposta alle proteste scoppiate ad Addis Abeba e in altre città e villaggi dopo l’uccisione del famoso cantante oromo Hachalu Hundessa. Dovrebbero intervenire urgentemente per ridurre le tensioni e fare in modo che le forze di sicurezza non peggiorino una situazione già molto tesa. Il governo dovrebbe ordinare agli agenti di evitare il più possibile il ricorso alla forza e di non effettuare arresti arbitrari, per esempio di manifestanti, come è successo in passato”.

Il blocco di internet e la chiusura di Omn sono stati condannati dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), un’ong che promuove la libertà di stampa nel mondo. “Il persistere di vecchie abitudini tra le autorità etiopi, come il ricorso alla censura per rispondere alle crisi, quando i cittadini sentono più fortemente il bisogno di informazioni e resoconti puntuali, è una profonda delusione”, ha detto il rappresentante del Cpj per l’Africa subsahariana Muthoki Mumo. “Le autorità devono mettere fine al blocco di internet, liberare i reporter di Oromia media network arrestati per aver fatto il loro lavoro, e garantire che tutti i giornalisti possano coprire le proteste senza temere per la loro incolumità o per la loro libertà”.

Hachalu si convinse che la sua missione era dare voce alle sofferenze degli oromo attraverso la musica

Hachalu Hundessa, che aveva solo 34 anni quando è stato ucciso, era una personalità molto forte, nota per la sua schiettezza e per aver usato la musica in difesa dei diritti degli oromo. Formano il gruppo etnico più numeroso del paese, ma per buona parte della storia recente dell’Etiopia hanno subìto la repressione sistematica del governo centrale. Negli anni duemila le autorità hanno fatto incarcerare migliaia di oromo, compreso Hachalu.

I suoi primi passi, nella città di Ambo, erano stati simili a quelli di qualsiasi altro bambino. Ma a 17 anni Hachalu finì in carcere perché sospettato di coltivare legami con il Fronte di liberazione oromo, un partito politico fuorilegge. Dopo aver trascorso cinque anni dietro le sbarre, un giudice stabilì che doveva essere scarcerato per mancanza di prove. Ma Hachalu non ricevette alcun risarcimento per gli anni passati ingiustamente in prigione.

Mentre si trovava in carcere insieme centinaia di altri giovani uomini che, come lui, si trovavano lì per accuse infondate, Hachalu si convinse che la sua missione era dare voce alle sofferenze degli oromo attraverso la musica.

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La sua hit del 2015 Maalan Jira (Che esistenza è la mia) è un condensato della sua visione del mondo, e rimarrà il principale lascito della sua eredità. Per chi non conosce la lingua oromo, la canzone è percepita come un ritmo orecchiabile, melodioso e vibrante. Ma chi comprende le parole può apprezzare le grandi qualità di Hachalu come autore di testi. Dietro al motivo allegro c’è un lamento per le ingiustizie storiche patite dagli agricoltori oromo per oltre mezzo secolo. L’urbanizzazione di buona parte dell’Etiopia nel corso del novecento ha reso le comunità agricole oromo delle vittime, spingendole sempre più lontano da Addis Abeba.

Il singolo fu pubblicato poco dopo l’annuncio di un nuovo piano regolatore per la capitale, il cui territorio si sarebbe espanso a scapito delle aree circostanti. Il piano non prevedeva risarcimenti per chi viveva in quelle aree. La questione era così sentita che nel novembre di quell’anno si scatenò un’ondata di proteste. Gli oromo scesero in piazza in città e villaggi per chiedere il ritiro del progetto, cantando insieme a Hachalu durante le proteste, galvanizzati dai suoi testi e dalle sue melodie, che li toccavano in profondità.

Le proteste infiammarono il resto dell’Etiopia, soprattutto la regione di Amhara. Mentre il paese era fermo in uno stallo, era sempre più evidente che lo status quo non avrebbe resistito. Queste pressioni politiche, in ultima istanza, hanno favorito l’ascesa al potere del primo ministro Abiy Ahmed, un oromo, anche se fa parte del partito al potere e non dell’opposizione. Abiy ha commentato la morte di Hachalu in un tweet, scrivendo che l’Etiopia ha “perso una vita preziosa”.

Nel 2017 Hachalu pubblicò la canzone Jirra (Siamo qui), decisamente più allegra. Il cantante celebra le conquiste ottenute dagli oromo e rende omaggio ai sacrifici compiuti per ottenere questi risultati. Come ha detto Awol K. Allo, docente etiope della Keele university nel Regno Unito, Jirra “incarnava un ottimismo collettivo da poco raggiunto, il sentimento che la cultura oromo non fosse più in pericolo, e la sensazione che la società oromo sperimentasse finalmente una solida ascesa”.

In quella che è stata forse la sua esibizione più audace, un concerto di beneficenza alla Millennium Hall di Addis Abeba nel 2017, Hachalu lanciò un appello agli oromo affinché “salissero sui loro cavalli e marciassero su Addis Abeba”. Questo fu interpretato come un invito a rovesciare il governo e il collegamento dal vivo sulla tv nazionale venne immediatamente interrotto.

Successivamente Hachalu chiarì il senso del suo messaggio a un canale televisivo locale, Ltv. Dichiarò che gli oromo a cavallo, che combatterono e respinsero le forze coloniali italiane nella battaglia di Adua, “non hanno motivo di non attaccare il palazzo presidenziale, se commette atrocità contro gli innocenti”. I suoi commenti colpirono come un’onda d’urto la società etiope, da tempo abituata alla censura.

Pochi mesi dopo c’è stato il rimpasto governativo. I vertici della tv di stato sono stati licenziati, e Abiy Ahmed è diventato primo ministro. Hachalu era al settimo cielo.

Il cantante lascia una moglie e tre figli. Oggi è sepolto a Ambo, la sua città natale.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Quest’articolo è uscito su The Continent, una pubblicazione del gruppo sudafricano Mail & Guardian. È stato modificato per aggiornare il bilancio delle vittime.

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