23 gennaio 2015 08:38

Secondo molti economisti la mossa della Banca centrale europea è troppo timida, ma resta il fatto che confermando nella giornata di giovedì che acquisterà i titoli di stato con un budget di 60 miliardi al mese dal marzo 2015 al settembre 2016, la Bce ha manifestato chiaramente la voglia di rompere con le politiche economiche seguite finora dall’Unione.

La prova più evidente di questo cambiamento è che Angela Merkel, ispiratrice delle politiche di rigore, non l’ha presa bene, diversamente dai rappresentanti della sinistra, compresi Jean-Luc Mélenchon e Alexis Tsipras, leader della sinistra radicale greca che potrebbe vincere le elezioni di domenica. L’esultanza della sinistra è condivisa dai mercati e anche da buona parte della destra. La Bce è elogiata da una buona maggioranza della politica perché ha deciso, in virtù dell’indipendenza che le garantiscono i trattati e il suo statuto, di controbilanciare le politiche di tagli alle spese e di riduzione del debito con un’iniezione di denaro fresco destinata a favorire il rilancio delle economie europee.

Forse non sarà sufficiente e senza dubbio sarebbe stato meglio mettere sul tavolo una quantità maggiore di denaro, ma l’importante è che la svolta tanto attesa sia arrivata, che la Bce abbia chiesto ai governi e alla Commissione di seguire il suo esempio favorendo gli investimenti e che Bruxelles l’abbia addirittura preceduta annunciando un mese fa un piano di investimenti paneuropei da oltre 300 miliardi, ormai in fase di elaborazione.

Il buon senso sembra trionfare e da questa vicenda possiamo trarre una conclusione fondamentale. Contrariamente a ciò che pensano in molti, l’unità europea non è un progetto liberista. Così come non possiamo associare un paese alle politiche condotte dal suo governo, allo stesso modo non possiamo né dobbiamo associare l’Unione europea alle politiche sostenute dalla maggioranza che la guida in un determinato momento storico.

Oggi questa maggioranza è marcatamente liberalconservatrice, ma negli anni novanta è stata chiaramente socialdemocratica. L’alternanza dipende solo dagli elettori, e le maggioranze (come sta accadendo in questo periodo) possono anche subire un’evoluzione nelle scelte, esattamente come un governo nazionale. Davanti al pericolo della deflazione alimentato dalle politiche d’austerità molti conservatori e liberali hanno cominciato a convincersi della necessità di un rilancio. A completare l’opera è arrivato un altro pericolo, quello del divorzio tra gli europei e l’Europa. E così Angela Merkel ha dovuto accontentarsi di ricordare (a ragione) che non bisogna abbandonare il risanamento dei conti pubblici. Le cose stanno cambiando, e non solo in Europa. La stagione liberista sembra volgere al termine.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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