Era cominciata male, molto male. La situazione è migliorata quando Barack Obama e Vladimir Putin si sono trovati faccia a faccia, ma sulla vicenda siriana sarà ancora necessario un grande lavoro di convergenza internazionale, come dimostrano le posizioni di partenza dei due leader davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Obama ha ricordato che soltanto la democrazia può garantire la pace e la stabilità internazionale, dunque bisogna evitare di sostenere i dittatori con il pretesto che l’alternativa sarebbe peggiore (un’implicita denuncia della posizione russa). Il presidente statunitense, pur dichiarandosi pronto a collaborare con Iran e Russia, ha definito Bashar al Assad un “tiranno” sottolineando che la pace in Siria non può essere un ritorno allo status quo anteguerra, ovvero alla dittatura di Assad.

Obama non ha avanzato proposte concrete. Putin sì, ma la sua idea è irrealizzabile

Putin, dal canto suo, non ha perso l’occasione per attaccare. “È nel mio paese, in Crimea, a Yalta, che sono state gettate la basi delle Nazioni Unite”, ha esordito, riferendosi proprio alla regione che ha appena annesso, e sottolineando che l’Onu si basa sulla legittimità e l’uguaglianza tra gli stati costituenti.

Le mosse della diplomazia

Facile immaginare il seguito: una requisitoria contro le rivoluzioni democratiche nell’ex Unione Sovietica e nel mondo arabo (che secondo lui sarebbero state manovrate dagli Stati Uniti e si sarebbero rivelate catastrofiche) e un appello a sostenere l’esercito e le istituzioni siriane che sono le uniche a opporsi al terrorismo formando una coalizione internazionale simile all’alleanza antinazista per combattere i jihadisti.

Riassumendo, Obama non ha avanzato proposte concrete. Putin l’ha fatto, ma la sua idea è totalmente irrealizzabile perché gli Stati Uniti e la Francia considerano impossibile un compromesso che passi per la conferma di Bashar al Assad e soprattutto perché i paesi sunniti rifiuterebbero di restituire il potere al dittatore che per loro è solo lo strumento dell’Iran sciita e il macellaio della popolazione sunnita.

Obama e Putin, insomma, non potevano sembrare più lontani. Eppure, dopo l’incontro a quattr’occhi, Putin ha parlato di dialogo “sorprendentemente aperto e costruttivo”, mentre gli americani hanno sottolineato quanto il presidente russo “comprenda l’importanza di un accordo”.

Gli Stati Uniti e la Russia hanno bisogno gli uni dell’altra in Siria, dunque i due presidenti coordineranno i loro sforzi contro lo Stato islamico e cercheranno insieme una soluzione alla crisi. Questa soluzione però dipende anche dall’Iran e dai paesi sunniti a cui François Hollande ha chiesto di trovare un sostituto di Assad, un uomo nuovo proveniente dal regime siriano e accettabile per tutti. Non è stato un balzo in avanti, ma la diplomazia si è comunque mossa nella giusta direzione.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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