06 aprile 2017 09:49

Appena è arrivata la notizia il dibattito è ripartito immediatamente. Dopo l’attentato alla metropolitana di San Pietroburgo diverse personalità francesi hanno fatto presente che in base al buon senso bisognerebbe riavvicinarsi a Putin perché la Russia è vittima dello stesso avversario che combatte la Francia e l’Europa.

Sembra una reazione ineccepibile, perché il nemico del mio nemico è mio amico. Senonché, agli occhi di Putin tutti gli islamisti sono terroristi, mentre la verità è molto diversa.

Fin dalla nascita dell’islam politico, in Egitto alla fine degli anni venti, questo movimento si è considerevolmente diversificato. Gli islamisti tunisini di Ennahda hanno ormai accettato la democrazia al punto da governare il paese in coalizione con il centro laico assicurando la stabilità nazionale. Dopo essersi convertiti alle elezioni, all’Europa e alle libertà, gli islamisti turchi si sono ormai compattati dietro un presidente, Recep Tayyip Erdoğan, che non sta cercando di creare una teocrazia quanto piuttosto una classica dittatura guidata da un autocrate paranoico.

Un errore di valutazione
Gli islamisti marocchini governano la monarchia accettando la preminenza del palazzo reale. Da tempo la teocrazia iraniana ha rinunciato al terrorismo, tanto che figura tra gli alleati della Russia. Perfino il gruppo Stato islamico non ha come obiettivo fondamentale una missione religiosa ma politica, perché la creazione dello Stato islamico mirava all’instaurazione, a cavallo tra Siria e Iraq, di un nuovo stato sunnita che potesse superare le frontiere coloniali.

La riduzione dell’islamismo agli attentati terroristici è un errore che ostacola la lotta contro il terrorismo jihadista. È un’assimilazione controproducente di tutto l’islam a un fanatismo sanguinario, che ha come conseguenza il discredito di qualsiasi movimento di protesta in terre musulmane, anche il più giustificabile.

Sarebbe sbagliato adottare l’approccio del presidente russo nei confronti dell’islamismo

Per Bashar al Assad tutti quelli che si oppongono al suo regime – laici, umanisti e democratici compresi – sono terroristi. L’analisi russa della crisi siriana si basa sulla stessa volontà di garantire la sopravvivenza di questo regime la cui barbarie non ha nulla da invidiare a quella dell’Is. Questa unità di vedute tra Damasco e Mosca è stata nuovamente confermata il 5 aprile dalle reazioni russe all’ultimo attacco chimico contro i ribelli siriani. Inoltre, Putin sta usando la stessa arma contro i ceceni, tra i quali non c’era nemmeno un islamista o un jihadista prima che Mosca stroncasse l’indipendentismo ceceno con la brutalità che tutti conosciamo.

Collaborare con la Russia nella lotta contro il terrorismo è indispensabile, ma sarebbe sbagliato adottare l’approccio del presidente russo nei confronti dell’islamismo.

Questo è il primo problema. È una questione concreta, perché si tratta di sapere contro chi lottare e a beneficio di chi. Il secondo problema è che, obiettivo o meno del jihadismo, Putin non può essere nostro amico.

Stati cuscinetto
La sua volontà di stabilire un protettorato sui paesi usciti dall’orbita di Mosca dopo il crollo dell’impero sovietico è un fattore di destabilizzazione del continente europeo. Lo vediamo in Ucraina dopo averlo visto in Georgia. L’ingerenza dei servizi segreti russi nelle presidenziali americane e il modo in cui la candidatura di Trump è stata favorita da Mosca mostrano che Putin vuole indebolire le grandi democrazie (e la democrazia stessa) perché ostacolano il suo revanscismo e avrebbero, secondo il presidente, umiliato la Russia. L’appoggio del Cremlino alle estreme destre europee tradisce infine la volontà di Putin di far crollare l’Unione, a cui preferirebbe una disunione davanti alla quale il paese più esteso del mondo avrebbe vita più facile.

Jihadismo o meno, Putin è un avversario da non sottovalutare. Questo significa che dovremmo ostracizzarlo?

Naturalmente nessuno avanza questa proposta. I leader francesi e tedeschi sono in contatto permanente con il presidente russo, soprattutto dopo l’annessione della Crimea. Non bisogna tagliare i ponti ma continuare a costruirli, anche se finora questo approccio non ha portato grandi risultati.

Senza dubbio bisognerebbe anche mostrarsi più coraggiosi nella ricerca di un compromesso continentale proponendo alla Russia la creazione di un cuscinetto di paesi neutri in cambio di una rinuncia a qualsiasi ingerenza militare o politica nelle ex repubbliche sovietiche. Dobbiamo dialogare con Putin, ma senza pensare ingenuamente che sia un amico o un alleato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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