12 gennaio 2018 11:55

Mai nella storia del dopoguerra e dell’Alleanza atlantica gli Stati Uniti e l’Europa erano stati così lontani, nello specifico sul caso dell’Iran. Già in passato la Francia si era comportata da cavaliere solitario, e più recentemente la Francia e la Germania avevano tentato di impedire a George W. Bush di lanciarsi nella sua avventura irachena. All’epoca la Nato si era spaccata, ma il Regno Unito e i paesi dell’Europa centrale erano rimasti al fianco di Washington. Oggi, invece, gli Stati Uniti sono soli.

In piena Brexit, il Regno Unito ha scelto di schierarsi con la Germania, la Francia e la diplomazia dell’Unione europea, ovvero con i 27 dell’Unione che si oppongono alla scelta della Casa Bianca di cancellare il compromesso sul nucleare raggiunto con l’Iran.

È un dibattito serio, perché Donald Trump ritiene che l’accordo, per cui si era tanto adoperato il suo predecessore, sia il peggiore mai firmato dagli Stati Uniti e dunque sia importante annullarlo.

Due visioni opposte
Come il mondo sunnita, alle prese con la proiezione dell’Iran sciita nel cuore del Medio Oriente, e come Israele, costretto a vivere sotto la minaccia dei missili che Teheran ha fornito ai suoi protetti libanesi di Hezbollah, il presidente americano pensa che gli iraniani abbiano interrotto la loro marcia verso l’atomica senza però abbandonare l’ambizione di dominio regionale, e che cancellare le sanzioni li aiuti soltanto a finanziare i loro progetti bellicosi.

Gli europei, invece, sottolineano che in caso di cancellazione del compromesso del 2015 bisognerebbe rassegnarsi a vedere l’Iran dotarsi della bomba (accelerando una corsa all’arma nucleare in tutta la regione) o in alternativa bombardare le strutture iraniane, senza alcuna certezza di successo e con il rischio di rappresaglie di Teheran sui paesi del Golfo e di un blocco dello stretto di Ormuz, attraverso il quale transita un terzo del commercio petrolifero internazionale.

Gli europei sono poco inclini a rischiare un simile aumento della tensione tanto più che gli iraniani stanno rispettando i patti e l’accordo ha rafforzato l’ala più moderata del regime. Sono due visioni diametralmente opposte.

I britannici e l’Ue, tra l’altro, non si accontentano di esprimere le loro rimostranze. Ventiquattr’ore prima della decisione di Trump in merito alle sanzioni (prevista per il 13 gennaio) hanno infatti ricevuto nella capitale belga il ministro degli esteri iraniano, sottolineando la necessità di rispettare il compromesso, ma ribadendo al contempo la loro richiesta di un cambiamento di atteggiamento di Teheran nella regione per poter aprire un “dialogo” con l’Europa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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