L’Unione europea ha molti problemi in questo periodo, ma quello più insidioso probabilmente l’accompagna dalla nascita: è poco comunicativa. Dopo decenni di campagne frizzanti quanto una pozza d’olio, di simbiosi con quella mesta tinta che gli anglofoni chiamano corporate blue, finalmente le istituzioni europee stanno reagendo. Colori più accesi, video virali, social media, infografiche e musei: gli strumenti sfoderati sono tanti e vari. Ma la vera novità è che anche al di fuori delle istituzioni c’è chi sta scommettendo sul potenziale comunicativo dell’Unione.

Il progetto più interattivo è quello di Jamie Balliu e Matthieu Lietaert, uno dei due autori del documentario [The Brussels business][1]. Già all’epoca della prima, nell’aprile del 2012, Lietaert spiegava che quel documentario era solo un tassello di un progetto più ampio e duraturo, da lanciare sul web per renderlo il più interattivo possibile. Ora ci siamo: il 5 febbraio scopriremo The Brussels business online – Step inside the black box, un’app, disponibile su [Facebook][2] e sul sito di [Arte][3], che invita gli utenti a calarsi nella parte di lobbisti ed eurodeputati.

Il [principio][4] è semplice: vengono selezionati dei temi su cui il parlamento europeo dovrà esprimersi nel giro di quindici giorni. In due brevi video dei lobbisti presentano punti di vista opposti sulla questione. L’utente ha due settimane per chiedere altre informazioni, discutere, cambiare idea, poi è invitato a votare e a coinvolgere i suoi amici. Alla fine il parlamento vota: i risultati del voto reale e di quello online sono messi a confronto e gli utenti possono commentarli e scrivere ai loro eurodeputati, facendogli i complimenti o criticandoli per la loro posizione. Se avrà successo, The Brussels business online potrebbe segnare una nuova fase nei rapporti tra l’Unione e i suoi cittadini – almeno quelli più giovani. E questa, a un anno dalle prossime elezioni europee, sarebbe una bella notizia.

Altro progetto legato alla rete: [Eurobubble][5], serie web ideata da Yacine Kouhen e Charly Jourdan e finanziata grazie al crowdfunding. Sarà la prima serie dedicata esclusivamente alla “bolla europea”, la fauna che pullula dentro e intorno alle istituzioni di Bruxelles: eurodeputati vanesi, lobbisti senza scrupoli, stagisti di primo o secondo grado, funzionari dalle funzioni indefinite…

Le riprese, che hanno visto lavorare fianco a fianco attori professionisti e non, sono finite a novembre. Tra poco dovrebbe cominciare la prima stagione: episodi brevi e spiritosi, ispirati alla serie francese Bref, “ma con uno spessore diverso”, spiega Yacine, che definisce il progetto “una specie di studio sociologico”. “La bolla europea”, osserva, “è un contesto unico al mondo ed estremamente affascinante”. Niente politica quindi, ma tanti ritratti di eurobubblers alle prese con i codici e i paradossi della vita sociale nelle istituzioni europee. In attesa del primo episodio, ecco il trailer:

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Il terzo progetto sulla carta è il più entusiasmante, per il semplice fatto che abbina il nome di Lars von Trier a un budget di decine di milioni di euro. E ditemi se non si presenta bene:

Il sito Euronoir spiega che Zentropa (la società di produzione di Von Trier), in collaborazione con quattro emittenti europee, avrebbe affidato a Oliver Hirschbiegel (La caduta) la regia di una serie televisiva ambientata in una Bruxelles piena di intrighi, morti sospette e poteri occulti (con l’immancabile protagonista poliziotto). C’è anche una parte dedicata allo storyboard dello scenografo David Drachmann, tanto per stuzzicare ulteriormente la curiosità. Peccato che questo progetto non esista più. Controvoglia, una produttrice di Zentropa ha ammesso che non sono più loro a occuparsene. Al telefono mi ha anche dato – a denti così stretti che mi ci sono voluti dieci minuti per ricostruirlo – il nome del nuovo produttore: Thomas Gammeltoft, anche lui danese, direttore della società Eyeworks Fine & Mellow.

Per fortuna Gammeltoft è di natura loquace, e così ho scoperto che il partner principale, Arte, ha imposto un po’ di cambiamenti rispetto alla versione originale del progetto: non solo nuovi produttori (Ingolf Gabold e Claude Chelli, oltre a Gammeltoft), ma anche nuovi sceneggiatori (Peter Thorsboe e Mai Broström, autori di pluripremiate serie poliziesche – del successo della televisione danese ha scritto Gian-Paolo Accardo). A sentire lo scoppiettante Gammeltoft, “ci vorrà ancora tempo per sviluppare il nuovo progetto. Le cose stanno cambiando rapidamente in Europa e pensiamo che sia meglio aspettare e cercare di riflettere questi cambiamenti nella serie”. Uniche certezze per ora: sarà una serie politica, l’azione si svolgerà nel 2019 e il titolo non dovrebbe cambiare. Se non sbaglio sarebbe la prima grossa produzione ambientata nei corridoi del potere europeo dai tempi di The Commissioner con John Hurt (1998). Bruxelles appassionante quanto la Washington di West Wing? Staremo a vedere.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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