12 agosto 2021 10:03

Il capo dell’esercito israeliano Aviv Kochavi è una delle personalità con maggior potere decisionale in Israele. La sua carriera sembra uscita da una rivista dell’esercito: indossa un berretto rosso da paracadutista e stivali marroni, tiene eloquenti discorsi di etica con una voce autoritaria e somiglia a una stella del cinema nata per interpretare James Bond. È vegetariano dai tempi delle scuole superiori, sua sorella e suo fratello sono degli eruditi, e certamente lo è anche lui.

Kochavi è il viso presentabile d’Israele, quel genere di persone che gli israeliani sono felici di amare. È uno della vecchia Eretz Israel, il sale della terra, uno dei suoi figli migliori e così via. Ha presentato un progetto strategico per le forze armate spalmato su più anni, non odia e non sbraita: è un comandante e un galantuomo. Ha creato la divisione dell’esercito israeliano dedicata all’innovazione tecnologica, perfino una rete formata da più unità che comunicano tra loro, e ha promosso un documento programmatico per essere all’altezza delle sfide che il paese deve affrontare.

L’avevo incontrato anni fa per un’intervista ufficiosa e mi ha dato la chiara impressione di essere un ufficiale pensante, il prossimo Ehud Barak. Oggi si prevede che diventi anche il prossimo Benny Gantz, l’attuale ministro della difesa. In altri termini, un uomo di grandi promesse. Kochavi, dopo tutto, era nato con un destino di grandezza.

Figlio dell’esercito
Sono stato piuttosto felice della sua nomina come capo di stato maggiore. Forse era finalmente arrivata una persona che avrebbe cambiato la rotta di questa nave pesante, arrogante e da tempo in stato marcescente. Dopo i suoi due anni e mezzo da capo di stato maggiore, si può dire che Kochavi sia a capo di un’esercito che non ha imparato niente e non ha dimenticato nulla.

I giudizi militari vanno lasciati ai commentatori, i quali in ogni caso dicono di ogni ufficiale che si tratta di uno “stimato ufficiale”. Ma in due aree, collegate tra loro, Kochavi non sembra diverso dai suoi predecessori, e forse persino peggiore.

Guida un esercito avido a cui non interessa nessuno stato, nessuna emergenza sociale, nessun ospedale in rovina, nessuna pandemia in pieno corso. Esistono solo l’esercito, il bilancio per la sicurezza e delle pensioni scandalose: tutto il resto può andare all’inferno.

Il disprezzo per i bisogni del paese è il nucleo essenziale del modo di pensare dell’esercito che Kochavi, la grande promessa, non ha minimamente toccato

È vero, la società e i mezzi d’informazione, che hanno costruito questo idolo, mentono quando dicono che se l’esercito venisse colpito, lo stato verrebbe distrutto dalla sera alla mattina. È vero, i vari governi d’Israele hanno alimentato la menzogna che si possono ridurre tutti i bilanci tranne uno. Non c’è limite al denaro che viene riversato nell’esercito. Chi avrebbe il coraggio di danneggiare la sicurezza? E chi servirebbe mai nell’esercito senza una pensione principesca?

Questo disprezzo per i bisogni del paese non si limita alle sue richieste di denaro. È il nucleo essenziale del modo di pensare dell’esercito che Kochavi, la grande promessa, non ha minimamente toccato.

Questo modo di pensare anima inoltre l’esercito nel compiere le sue missioni. Così come non esistono né stato né altre necessità di bilancio, non esistono Libano, Siria né Iran. L’esercito israeliano può fare di loro ciò che desidera. Non esiste diritto internazionale né comunità internazionale, non esiste un popolo palestinese, e quest’ultimo non ha alcun diritto. È lo stesso arrogante spirito visto nelle discussioni sul bilancio, e non c’è modo di fermarlo.

Nessuna parola sulle vittime
Tutti questi elementi sono apparsi più chiari che mai con le recenti e rinnovate incursioni dell’esercito israeliano nei territori occupati. Venerdì 6 agosto i soldati hanno ucciso un altro manifestante palestinese nel villaggio di Beita. Non passa un venerdì senza che un palestinese sia ucciso a colpi di arma da fuoco dall’esercito.

Quando ero a Beita la scorsa settimana, la gente era ancora in lutto per l’ultima vittima, l’idraulico del paese che era andato a riparare una valvola rotta, prima che l’esercito israeliano lo uccidesse, sequestrandone il corpo, che ancora non è stato restituito.

Adesso Beita piange il padre di cinque bambini che venerdì scorso aveva protestato contro il furto di terreno del suo villaggio da parte dell’avamposto illegale di Evyatar. Alcuni giorni prima i paracadutisti di Kochavi avevano ucciso un ragazzo adolescente a Nabi Saleh, e i suoi compagni hanno ucciso un ragazzo a Beit Ummar.

Kochavi non ha detto una parola a proposito di tutto questo. Almeno il suo predecessore, Gadi Eisenkot, prendeva ogni tanto le distanze dalle azioni dei suoi soldati: “Non è necessario svuotare un caricatore su una ragazza che ha delle forbici in mano”, aveva detto. Il suo successore non dice neanche questo.

Dal punto di vista di Kochavi, i soldati possono svuotare quanti caricatori vogliono su quanti palestinesi vogliono. Che uccidano un adolescente e un idraulico, un manifestante e un pastore, lui non ha niente da dire al riguardo. Un comandante dell’esercito che non ha nulla da dire su queste metodiche uccisioni contribuisce ancor di più al degrado dell’esercito.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano Haaretz.

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